Lo sviluppo di tecnologie sempre più prossime all’intelligenza artificiale comporta rilevanti conseguenze dal punto di vista etico, siamo nell’ambito di un’economia senza misura, che in un futuro prossimo condurrà ad una dismisura favorendo la produttività a svantaggio dell’uomo. Inoltre, la crisi globale, inserita in un contesto pandemico, con reflussi manipolatori delle lobby speculatorie farmaceutiche, e relative imposizioni di governance finanziarie per la sostenibilità dell’ambiente, producono un’inflessione negativa delle dinamiche e logiche globali sempre più a vantaggio, di un sistema di profitto privo di considerazioni sociali e di politiche economiche. Siamo inseriti escatologicamente, in un io collettivo economico, senza morale, dove le ragioni dell’io individuale sfuggono al controllo umano. Viviamo in una sorta di disfunzione cognitiva collettiva senza precedenti, che mostra un futuro economico senza orizzonti, infatti la dinamica inflativa attuale, sembra sfuggire, ad ogni futuribile visione economica e ad ogni predizione economica, l’aumento dei tassi di interesse da parte della BCE, è paragonabile ad un aggiustamento meccanico, che trascende ogni logica keynesiana. Lo scenario, percepito, è disastroso, il baratro recessione, non ha eguali, propendiamo verso una sopravvivenza quotidiana, senza ancora di salvataggio o meglio senza alcuna zattera per naufraghi allo sbando, anzi i naufraghi muoiono in mare, in una sorta di clandestinità consolidata, in fuga dalle proprie patrie, in cerca di una terra promessa.
Le molte derive politiche si aggiungono alla mediocrità propagandistica di un mondo social, senza etica, senza valori sempre meno vicini ad un recupero dignitoso della nostra cultura e delle potenziali affinità e diversità europee. Tutto ciò induce ad un’impossibilità di ripristino, del vero ruolo dell’economia, essa stessa non è più in grado di predizioni sufficienti a supportare l’andamento reale del sistema, incapace di agganciarsi ad altre scienze economiche disponibili a supportarla. Questa matrix di numeri primi, sta dando luogo ad un’ èra storica, che non sarà capace di creare o trasmettere memoria, perché siamo generatori di predizioni le cui cause si accavallano con gli effetti verso processi degenerativi e moltiplicatori di crisi molteplici.
A quanto pare, solo la fede, o una profonda spiritualità collettiva può suggerire all’umanità un profondo cambiamento, visto che oggi il conflitto ucraino non è derivabile da cause dinastiche come nel passato o puramente da cause impopolari ideologicamente per gli stati coinvolti, ma semplicemente scaturente da interessi capitalistici globali, quindi, dare una spiegazione alla guerra induce ad analizzare criteri puramente soggettivi e oserei dire indipendenti dalla volontà delle sovrane nazioni europee. E allora perché tautologicamente stiamo andando incontro a condizioni future di sistema sociale sovranazionale europeo complesso? Perché si stanno modificando i reali intendimenti dei padri fondatori, che esplicitarono sì una logica fondante e pragmatica dell’Unione Europea, però si spinsero oltre sognando una grande Patria e Nazione con un possibile Stato più ampio, capiente sia economicamente che politicamente, per promuovere un nuovo impero democratico che della memoria storica e dei suoi valori ne facesse buon uso. Restare ancorati a questo presente, così assurdamente antiaristotelico ci omologa ad un pensiero politico antisociale e poco afferente ad un sogno europeo innovato e libero. L’ambientalismo diffuso sta distruggendo lo spirito di libertà dell’illuminismo, quel senso di ricerca insito nel verificare l’esistenza di una nuova dottrina del futuro. Oggi, dobbiamo riformulare l’approccio del pensiero economico, porci con un’ideologia post ideologica, innovativa che sia libera da ogni negatività e limitazione umana.
L’utopia sociale, non è reale, reale è riappropriarci della nostra identità, di una morale economica scevra da infrastrutture e derive politiche progressiste, che spingono verso un sistema senza coerenza, dove non si cerca di recuperare l’individuo sottraendolo da probabili alienazioni, dunque, il progresso e l’accumulazione presunta capitalistica deve trovare una sua sintesi, e questa sintesi si perde in una antitesi ideologica, che fugge verso un’occidentalizzazione dei paesi dell’Est o del Sud del mondo. Orbene, bisogna riconquistare anche una nuova coscienza eticamente corretta, che sia instauratrice di diritti inalienabili: la vita e la sua protezione, la libertà dell’essere umano e la sua ineluttabile ricerca di felicità. Ovviamente ciò è compito di un governo europeo che ponga come baricentro una costituzionalizzazione del suo ordinamento, trovando un compromesso tra grandi e piccoli stati, trovando un equilibrio tra una democrazia più autoritaria e sovrana perché federalista e una democrazia più liberale, e questo è possibile partendo da un’origine popolare, sociale e comunitaria. Mai prescindere da basi sociologiche, anche se queste presentano talvolta presupposti differenti, e divergenti sul principio delle pari opportunità e delle uguaglianze, presupposti necessari giuridicamente e da un punto di vista sociale.
Per un’economia eticamente corretta, anche in Europa bisogna formattare delle regole finanziarie, assolutamente essenziali al fine di evitare che la stessa politica finanziaria causi spinte speculative e crei pressioni inflazionistiche, che possono essere purtroppo di lunga durata. Ovviamente per non incorrere in misure monetarie correttive, l’Europa deve includere nella sua politica finanziaria tutti i probabili cambiamenti che derivano dall’innovazione tecnologica, o transizione digitale, comprendendo altresì le trasformazioni climatiche, e la necessaria politica di difesa, nonché un partenariato inclusivo verso i popoli di frontiera da dove si sviluppano i flussi migratori. Ignorare inoltre i cambiamenti geopolitici, induce ad un errore di sostanza e ad ulteriori probabili crisi belliche, ma ciò che più necessita riformulare è una reale ricerca di stabilità che non sia solo di bilancio ma fondata e ancorata ad una crescita economica reale, che sia un vero moltiplicatore sociale e scuoti l’economia dalla base culturale della sua comunità europea.
La governance europea deve presumibilmente godere di una credibilità di contenuti e di azione economica, possibilmente fondata sulla sua stabilità e puntare ad un acceleratore economico di qualità, che possa essere fonte di attrazione del mercato globale. Vero è che il fenomeno della globalizzazione resta pur sempre ambivalente, e vi è sempre il rischio di subire forme di sfruttamento indiretto, cioè a discapito delle economie più deboli con sicuro aumento di diseguaglianze, per esempio si può rafforzare la crescita senza una reale occupazione, con aumento del reddito pro capite. In una moderna epoca l’etica economica e la sua concreta applicazione non può moltiplicarsi da una utopia semplicemente buona, l’economia deve guardare al sociale e alle sue istanze, deve farsi carico di soluzioni vantaggiose per l’intera comunità sociale. Il vincolo, di destinazione fiduciario, deve essere l’elemento non solo di consenso, generatore di maggioranze politiche, ma anche un vincolo determinante il ripristino di valori universali, fondativi di un ethos cristiano e conservativi di una politica riformista democratica che guarda al futuro del genere umano comunitario, con l’intento di apparire comprensibile e condivisibile anche dal non cristiano. Parliamo non solo di diritti, ma di ricostruire una vera e reale attività economico sociale, per porre il cittadino europeo al centro di una simile condivisione, con una perequazione di risorse ripartita con giusta economicità nei vari livelli sociali.
L’ideologia collettivistica che ha ridimensionato il ruolo e la considerazione delle persone e del cives, parte da presupposti di individualismo assolutamente ridotti, ancor più sottraendone il campo nell’ambito economico, dove l’individuo viene spersonalizzato e mercificato, barattato per interessi di natura globale e l’ethos della solidarietà economica sfugge al controllo delle sovranità nazionali, i costi umani né sono l’esempio più diseconomico, perché in tempi di crisi, gli effetti finanziari si riverberano sui prezzi al consumo, ed ovviamente sulle classi meno ambienti, la povertà sociale diviene strumento di propaganda becera e strumentalizzazione di politiche mai necessariamente ed eticamente risolutive. La dignità umana di un popolo, parte dalla capacità di sopravvivere attraverso un lavoro non attraverso sostentamenti di comodo. La sfida etica per eccellenza, in un Europa, di grandi vedute politiche e garantire una sostenibilità non solo ambientale, ma essere generatrice di una politica del lavoro eticamente stabile. Il solo diritto non è la logica della ragione ma può divenire del fare economico partendo da una politica che conservi il sapore della cultura europea e ne tragga quella sovranità essenziale per un futuro di sfide e di possibilità.
Invertire il paradigma attuale, è compito della politica, in un’ottica di integrazione ed inclusività che ripensi il sociale e lo ristrutturi verso un benessere collettivo, privo di alienazioni, fondato su dottrine economiche universali in una sorta di attrazione spirituale della quotidianità civile.