Numerose sono le grotte dedicate al San Michele e la sua figura come protettore è stata acquisita da migliaia di paesi, città, chiese, comunità e luoghi di culto nel mondo.
Il luogo riconosciuto per acclamazione di massimo culto è la grotta sul Gargano in Puglia; da monte Sant’Angelo sul Gargano il culto si diffuse in tutti i paesi cristiani e specialmente in Germania ed in Francia dove il famosissimo santuario di Mont Saint Michel trae origine da reliquie provenienti dal Gargano.
In seguito alla dominazione longobarda il culto si diffuse maggiormente, in quanto i longobardi vedevano nell’angelo guerriero un modello che rappresentava il loro modo di essere e la loro cultura barbarica, messaggero straordinario dell’Altissimo, colui che ha combattuto contro l’angelo ribelle Lucifero, dapprima accanto a questi nel comandare le milizie celesti, in seguito determinandone la caduta agli inferi; il culto micaelico, però è anteriore al Cristianesimo e la sua origine è da ricercarsi nel mondo greco e bizantino.
Sul monte Erbano nel comune di Faicchio, in provincia di Benevento, si trova una grotta adibita al culto dell’arcangelo Michele, intorno al 700 dai Longobardi, simile a quella situata nel comune di Caserta, più precisamente nel territorio di Gioia Sannitica, una grotta raggiungibile attraverso un viottolo di circa 400 metri che conduce fino al muro di cinta della cappella. Varcato il cancello, si può vedere tutta la cavità che prosegue sulla destra con una scala scavata nella roccia che si ferma davanti ad un piccolo cunicolo. All’ingresso vi è un altare, usato per le funzioni religiose dell’8 Maggio.
La tipologia dell’iconografia della grotta di San Michele è solitamente datata dagli studiosi al XII secolo; la grotta è rappresentata da diverse figure, in totale sei gli elementi figurativi, tre sono rappresentati a grandezza naturale e sono quelli presenti nella scena di ingresso, i restanti tre sono a dimensioni ridotte e posti due nell’arcosolio della edicola posta a destra dell’ingresso al complesso mentre il terzo è rappresentato dall’immagine dell’Arcangelo posta sull’altare di fronte all’ingresso.
La grotta è una delle ultime testimonianze di arte Longobarda se non l’ultima, non solo per il territorio che ricadeva nel Gastaldato di Alice ma presubilmente in tutto quello che fu la Longobardia Minor. Il tragitto è molto curato anche perché, essendo luogo di culto, spesso si organizzano delle escursioni. I monti del Matese racchiudono scrigni di tesori inestimabili sia dal punto di vista paesaggistico ma anche da quello artistico; sotto la parete rocciosa, adiacente alla cappella, sono presenti due piccoli vani in muratura, attribuiti, dalla credenza popolare, alle tombe di un bambino e di un cane. Dalla parete opposta, a destra rispetto all’entrata, si apre un’edicola affrescata e ben conservata. A questa zona si accede attraverso una scala lastricata, parzialmente scavata nella roccia. Un muro delimita la parte interna dell’ipogeo , alla quale si accede attraversando una piccola porta. Tale muro divisorio e gli stipiti dell’apertura, sono decorati da affreschi in parte ancora ben conservati.