Daniele Capezzone, ottimo giornalista e ottimo polemista, non esagera nel definire “Jihad verde” quella che hanno intrapreso i talebani dell’ecologia. E’ una politica caratterizzata da un diluvio di divieti, che assomiglia molto a una guerra contro i cittadini. Peraltro secondo il direttore editorialista di Libero si tratta di “una strategia della paura, strategia ampiamente collaudata ai tempi del Covid tra lockdown e greenpass. Insomma, la peggiore faccia dell’ambientalismo, quella rappresentata da Ultima generazione e dai messaggeri dell’apocalisse. Una dimensione allucinata e mistica che, come detto, va a discapito dei cittadini, della gente comune”. (Daniele Capezzone, Jihad verde, i talebani dell’ecologia in guerra con i cittadini, 22.2.24, Libero)
Una gabbia di divieti e restrizioni green, con particolare accanimento nei confronti degli automobilisti, “non è solo preoccupante per un sistematico e sempre più prepotente attacco alle libertà personali, ma – ancora di più, se possibile per la mentalità che svela: per un tentativo nemmeno più nascosto di dirigere le nostre vite, di orientarle secondo la visione “etica” stabilita da altri, di premiarci o punirci a seconda del nostro grado di adesione al nuovo “dogma”.
Secondo Capezzone si stanno creando “le condizioni per una sempre maggiore colpevolizzazione – giuridica e perfino morale – del cittadino comune. E, se la logica è questa, nessun divieto può ormai essere escluso, nessuna invasione delle nostre vite può essere considerata inimmaginabile: anzi, la libertà individuale diventa allegramente sacrificabile in presenza della mitica responsabilità collettiva”.
Si tratta di una vera e propria strategia della paura, che richiama alla triste stagione del Covid (tra lockdown e greenpass), quando il richiamo della paura ci ha portato a delegare e a subire. Anzi ha portato alcuni a collaborare con zelo insospettabile alla negazione della libertà propria e altrui.
Oggi questa tecnologia sociale è portata avanti proprio dell’ecofondamentalismo, il talebanismo green, “in cui l’uso della paura (moriremo tutti: e già il nome Ultima generazione scelto da uno dei gruppi più scatenati allude a un’apocalisse imminente) si accompagna a un approccio para-religioso: «Abbiamo peccato contro la Terra, la Natura si vendica, dobbiamo pentirci, dobbiamo decrescere». Di fronte a questo dogmatismo, “non c’è razionalità che tenga, non c’è argomento fattuale, non c’è nemmeno dibattito possibile. Lo stesso futuro di deindustrializzazione, la perdita quasi certa di posti di lavoro, l’impoverimento dei ceti medi sono “dettagli” rispetto all’immensità del Male che abbiamo commesso e dal quale dobbiamo emendarci”.
Queste modo di ragionare assomiglia molto a quello di una setta in questo caso green, che è diventata “religione di stato (o di superstato), nel senso che è poi la mano pubblica (di volta in volta a livello di Onu, di Ue, dei singoli stati nazionali, o di istituzioni territoriali e locali) a farsi carico di trasformarle in precetti a cui non ci si può sottrarre. Pena l’eresia, e il conseguente spettacolare – rogo”.
Intanto per Capezzone, le sceneggiate degli ecovandali sono perfettamente funzionali al disegno complessivo in atto: “servono a imporre mediaticamente una posizione estrema per giustificare e rendere “accettabili” le restrizioni (non meno estreme, ma che a quel punto parranno quasi un “compromesso”) che le autorità introdurranno in nome del green”.
A questo punto è importante sottolineare che esiste un ambientalismo che non è settario e ideologico, si può trovare nelle sponde liberalconservatrici, del compianto Roger Scruton. Qui c’è una visione, dove “l’ambiente è certamente parte dell’eredità che abbiamo ricevuto e che va riconsegnata alle nuove generazioni, ma al centro c’è comunque l’umanità e il suo benessere”. Invece con i talebani green, il fattore umano viene rilevato solo come un soggetto titolare della colpa e dunque meritevole di dolorosa espiazione. “Ogni sacrificio è dunque ammissibile, comprimendo potenzialmente senza limiti la libertà individuale. Non lo vuoi accettare? E allora stai uccidendo il pianeta”.
Infine, Capezzone termina con una esortazione agli amici del Centrodestra, avete di fronte una sfida: “davanti a simili follie, non basta invocare misure di “riduzione del danno”, quasi però riconoscendo le ragioni dei “talebani”, e chiedendo loro appena un po’ di clemenza rispetto ai tempi di attuazione degli interventi restrittivi. No: è venuto il momento – con coraggio intellettuale – di contestare le basi stesse del loro approccio illiberale, la loro pretesa di impossessarsi delle nostre case, delle nostre auto, della nostra vita. La battaglia da fare è questa”.