• 21 Novembre 2024
Diario

Con l’elezione alla segreteria del partito di Elly Schlein, una giovane donna dai natali  illustri e cosmopoliti, lei stessa “cittadina del mondo”, progressista quante altre mai, il Pd ha intrapreso la strada di una mutazione genetica probabilmente senza ritorno e molto confusa. Sotto il primo aspetto non dovrebbero esserci problemi. Indietro non può tornare perché il personale che ne forma la classe dirigente non appartiene alla storia ed alla cultura del vecchio Pci-Pds-Ds, ma alla nomenklatura emergente legata al mondo dei cosiddetti “diritti civili” sui quali intende elaborare una piattaforma di opposizione non tanto alle altre forze politiche, quanto alla società italiana nel suo  complesso.

Sotto il secondo aspetto la confusione è innegabile in quanto tende a contenere tutto, anche coloro che contestavano il partito stesso fino ad uscirne, come D’Alema, Bersani, Speranza e gli altri renziani. Quale sarà il logo rapporti con la generazione Schlein? E an ora: finito il grillismo, riuscirà il nuovo Pd a legarsi al Movimento Cinque Stelle di Conte? 

La scissione, per questi ed altri motivi è dietro l’angolo. La si istrua, come l’abbiamo conosciuta non esiste più. I giochi correntizi riprenderanno con quali esiti è facile immaginale, consolidandosi da un lato il centrodestra ed aprendo praterie elettorali al centro che, per quanto non esaltante numericamente, può aggregare quella parte di sinistra moderata che la giovane segretaria vuol cancellare.

Elly Schlein diventò famosa animando il movimento contro lo stesso Pd, che abbandonò per poi farvi ritorno,   quando fondò  OccupyPd per protestare contro il “grande inciucio” cui diedero vita le correnti del partito nel 2014 bloccando la candidatura di Romano Prodi alla Presidenza della Repubblica. La sua vittoria è da considerare una vendetta contro i famosi (o “famigerati” per alcuni) 101 franchi tiratori che affossarono le ambizioni del professore bolognese.

Il progressismo è nelle sue corde. Per quanto molto riservata sulla sua vita privata, in un’intervista televisiva rilasciata qualche anno fa rivelò “di aver amato molti uomini e molte donne”. Ha una compagna che, dice, “non è un personaggio pubblico e non vuole diventarlo”. Appassionata di cinema e di musica, le sue note biografiche riportano che è una  “una cultrice del festival di Sanremo”. Immaginiamo quanto deve esserle piaciuta l’edizione di quest’anno, tutta all’insegna del politically correct e del più sconclusionato progressismo, tanto nella presentazione quando nei testi delle canzoni, nei monologhi,  nella disposizione generale della kermesse a porsi come l’avanguardia culturale (culturale?) della sinistra più pop: forse Amadeus, in coerenza con la nouvelle vague di una gauche alle vongole piuttosto che caviar, sarebbe stato il più coerente rappresentante (e dunque leader) del nuovo Pd che oggi ha le fattezze e le impronte della giovane Schlein.

La sua gioventù elvetica è stata caratterizzata da rock e proteste. La si ricorda come “un vero vulcano”. Refrattaria  alle regole borghesi aveva in sé il sacro fuoco della “rivoluzione”, non certo violenta o sovversiva, naturalmente, ma ad un capovolgimento delle regole ci pensava eccome. Ed eccola sempre attestata, anche nelle aule istituzionali che ha frequentato, insieme con una sinistra trasgressiva e pronta a dare battaglia su tutti i fronti che vengono definiti “civili”,  da quelli in favore del movimento femminista all’appoggio incondizionato al movimento LGBTQ+.

Dice di essere inclusiva, in tutto, dai rapporti con il il mondo gender a quelli con i residuati del sinistrismo di tutti i colori e le sfumature. Le piacerebbe, anche se non lo ha mai confessato, ma i suoi atteggiamenti e le sue confessioni pubbliche lo fanno capire abbastanza, di voler fare del Pd il perno intorno al quale far girare una grande partito radicale di massa. Progetto accarezzato da post-comunisti, ma a nessuno mai riuscito per pregiudizi ideologici e spaccature settarie all’interno della formazione erede del Pci.

Ricorda, la Schlein, la “profezia” di Augusto Del Noce di circa quarant’anni fa, che un tale esito esito vedeva alla fine del laicismo e della secolarizzazione sostenute dai comunisti al cui fallimento storico, lucidamente descritto in numerosi volumi, soprattutto in quelli dedicati alle parabole politiche del catto-comunismo, legava il radicalismo che oggi pratica il Pd, incurante di radici storiche e di prospettive ambiziose nel rappresentare il disagio sociale.

L’imborghesimento, al quale la nuova dirigenza del partito sembra essersi votata, non a caso incontra elettoralmente  i ceti più abbienti e, probabilmente, non è un caso che la Schlein sia un prodotto della commistione e dell’incontro tra emergenti sociali delle grandi città, soprattutto professionisti, e giovani che dei “vizi” collettivi, spacciati per diritti civili, formano il blocco sociale della nuova sinistra lasciando alla destra la  rappresentatività reale.

In una intervista al “Sole 24 Ore”, la Schlein ha di recente spiegato che  “l’attuale modello di crescita lineare è insostenibile produce più inquinamento, più riscaldamento, più disuguaglianze. Noi vogliamo essere al fianco delle imprese che investono e innovano, che creano lavoro stabile e di qualità, che rispettano l’ambiente e scommettono sull’economia circolare“. Rispettabili idee, ma dove porterebbe la crescita infelice o una decrescita felice sottesa alle parole della neo-segretaria? Per quanto concerne le politiche del lavoro,  la Schlein sostiene che   provvedere a  “liberalizzare i contratti a termine con il decreto Poletti e facilitare i licenziamenti con il Jobs act è stato un errore. Dobbiamo andare in una direzione radicalmente diversa”. Fin  quando starà all’opposizione questi sono problemi del suo partito che inevitabilmente si dividerà su di essi e su molti altri aspetti del pensiero della nuova leader. Ma all’opposizione non ci vuole proprio  stare, com’è legittimo che sia per chi combatte sul campo della politica. Il suo esordio è stato molto chiaro al riguardo. Il “Corriere della sera” lo ha riportato fedelmente. “Care tutte e cari tutti, ce l’abbiamo fatta. Sono immensamente grata perché insieme abbiamo fatto una grande rivoluzione. Anche stavolta non ci hanno visto arrivare». E ancora, allo scoccare della mezzanotte, non le ha mandate a dire. Ai suoi inneggianti supporter ha promesso: «Il popolo democratico è vivo e ha una linea chiara. Ci chiede di cambiare davvero». Dunque,  «Saremo un bel problema per il governo Meloni, organizzeremo una vera opposizione».

Ecco il problema: la “vera opposizione”. Ma finora vuol dire che vera opposizione il Pd non l’ha fatta né prima, né nei cinque mesi del  governo Meloni, per non parlare del rapporto con Draghi  che è stato di totale accondiscendenza alle politiche europee non certo aperte alle fasce più deboli.

E con chi la vorrebbe fare la “vera opposizione” la signorina Schlein? Ma con i Cinque stelle, che domanda! Infatti lei è nel partito una delle più accanite sostenitrici del reddito di cittadinanza, neanche lontanamente immaginando che i lavoratori che si sono riconosciuti fin qui nel PCI-PDS-Ds-Pd e perfino nella Margherita, non hanno mai visto  di buon occhio la misura varata da quelli che pensavano – e se ne vantavano perfino dal balcone di Palazzo Chigi – di “aver abolito la povertà”.

La vecchia sinistra post-comunista vede presumibilmente come il fumo negli occhi la segreteria Schlein, intanto perché è bigotta abbastanza da non apprezzare i furori “civili” della stessa. E poi perché teme, giustamente, di essere fagocitata dagli stessi ex-grillini. Un indizio dovrebbe far riflettere: nei gazebo chi ha decretato la vittoria della Schlein e la sconfitta di un uomo d’apparato come Bonaccini? Ma è evidente: i radical chic apertamente insensibili alle questioni del vecchio proletariato (che esiste ancora per quanto il partito radicale di massa non lo contempli), i colletti bianchi  e buona parte dei pentastellati che entrano in partita con la nuova segreteria immaginando un colpaccio da mettere a segno fin dalle europee del prossimo anno. Non sarà il velleitarismo il tallone d’Achille di Elly Schlein?

Autore

Giornalista, saggista e poeta. Ha diretto i quotidiani “Secolo d’Italia” e “L’Indipendente”. Ha pubblicato circa trenta volumi e migliaia di articoli. Ha collaborato con oltre settanta testate giornalistiche. Ha fondato e diretto la rivista di cultura politica “Percorsi”. Ha ottenuto diversi premi per la sua attività culturale. Per tre legislature è stato deputato al Parlamento, presidente del Comitato per i diritti umani e per oltre dieci anni ha fatto parte di organizzazioni parlamentari internazionali, tra le quali il Consiglio d’Europa e l’Assemblea parlamentare per l’Unione del Mediterraneo della quale ha presieduto la Commissione cultura. È stato membro del Consiglio d’amministrazione della Rai. Attualmente scrive per giornali, riviste e siti on line.