• 4 Luglio 2024
Editoriale

Nell’agenda politica europea, non vi è un concreto obbiettivo di unificare le forze armate, ma la guerra in Ucraina, ha aperto una finestra con veri margini di riflessione sul tema della sicurezza nazionale e sovranazionale europea in relazione alla difesa armata. Sebbene, da anni, l’Unione Europea non è stata coinvolta in un conflitto, e non così in prima linea, al punto tale da rischiare non solo di allargare l’azione a livello mondiale ma altresì da compromettere seriamente il tenore economico della governance europea, sia finanziaria che energetica. Tuttavia, la richiesta di adesione dell’Ucraina all’Europa, e la susseguente aggressione Russa ha fatto emergere un quesito, ossia, quali possono essere le effettive posizioni armate degli stati membri, difronte ad un ulteriore attacco di un altro stato Europeo? Ovvero, è noto, da un punto di vista militare, che se l’Unione Europea venisse attaccata, si presenterebbe destrutturata o meglio sguarnita di una propria difesa militare in grado di intervenire all’unisono in una strategica azione bellica e in maniera totalmente autonoma.

L’Unione Europea nasce fondamentalmente come alleanza politica ed economica, funzionale ad una strategia di valorizzazione delle politiche europee, al fine di istaurare un percorso di integrazione che migliori ed implementi un volano economico per l’intero continente in termini internazionali, piuttosto che in termini di formazione di una difesa armata. Infatti, se analizziamo la risposta al quesito, essa è assolutamente immediata, l’organizzazione armata Europea, è quasi praticamente inesistente, se intendiamo riferirci ad un sistema unico di forza armata, rispondente attivamente alle decisioni del Consiglio Europeo. La mutua difesa è esplicitamente declinata ai membri della Nato, non solo per accordi istituiti da un atlantismo rinforzato e coadiuvato, dopo le grandi guerre, ma anche per necessità di coordinamento politico, frontaliero del blocco russofono.

Nell’imminente, con lo scoppio del conflitto in specie, l’Europa si trova a dover affrontare velocemente una decisione, che sembra aver subito una brusca accelerata, supportata non solo da una Europa, Nazione, ma da un Europa che deve affrontare i fantasmi sociali, ideologici e politici di una soluzione Federativa di Stato. Perché ancorata all’articolo 42.7 del trattato di Lisbona, che prevede e sancisce l’obbligo di aiutare e assistere le nazioni dell’Unione, sottoposte ad una aggressione armata, e altresì farsi carico di armarsi militarmente in maniera da far fronte autonomamente quest’obbligo.

Ergo, secondo il trattato di Lisbona, l’Europa non può prescindere da una prescrizione vincolante che di fatto impegna ogni stato membro a dare un sostegno di difesa alle nazioni attaccate, pur non scendendo individualmente in guerra. Una forma di assistenza difensiva, ma non militare, con azioni di difesa che ogni stato può liberamente porre in campo secondo una propria precipua disponibilità. L’obbligatorietà, posta sull’assistenza non sull’attacco, resta nei margini di discrezionalità dello stato partecipante alla difesa. Le azioni difensive, poste in accordo sono diverse e congiunte, esse possono vertere su missioni di disarmo, umanitarie, di soccorso, di pace, o addirittura di lotta intestina al terrorismo internazionale. Ovviamente, una previa partecipazione, prevede una cooperazione congiunta tra gli stati membri.

Detta neutralità di partecipazione nasce da una diminutio della sovranità Europea, ancora imperante rispetto alle sovranità nazionali e rispetto agli accordi degli stessi stati membri della Nato. Infatti, è bene specificare che per contro la Nato rispetto all’Europa, ha un preciso scopo bellico di difesa, essendo essa una alleanza militare, che dispone di una imponete volontà politica, supportata in particolare dall’articolo 5 della Carta Nato, volto alla difesa reciproca dei membri. Questa bilaterale difesa, tra la cooperazione degli stati Europei e gli stati membri della Nato, sembra dare una risposta esaustiva al perché la Nazione Europa non sia ancora formalmente dotata di una sua difesa armata autonoma, di un reale esercito armato. Ma siamo ormai giunti ad un capolinea inevitabile e l’esigenza di dotarsi di un esercito militare europeo non è più semplicemente un’aspettativa politica ma una vera volontà popolare, che ha ceduto il passo all’euroscetticismo, e ad un pensiero antimilitarista. Il sentimento Europeo, sempre più crescente nell’ambito sociale, crea strati di opinione pubblica che sentono sempre più forte l’esigenza di creare eserciti, volti ad una difesa che sia univoca e condivisa.

La costituzione, di una Forza Armata Europea, sembra nascere non solo da un fondamentale spinta difensiva sovranazionale ma essenzialmente da una spinta di unificazione Europea, un percorso unilaterale verso un concreto processo di formazione di un unico Stato Europeo. Un grande passo, che rappresenta il vero elemento come risposta ad un’esigenza sociale, e ad un evento sociale, quale il conflitto ucraino, che neutralizza l’imponenza Nato per dare vita ad un Europa Armata, e crea un protagonismo tutto continentale, mai finora emerso, ma solo assolutamente sopito.

L’Europa, si è sempre contraddistinta per il suo assoluto pragmatismo storico e sociale, di fatto, le sue origini, nascono sociologicamente pur sempre da eventi, che esprimevano una necessità o un’istanza comunitaria rilevante, il primo caso è stato, la prima comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), poi il fiorire del Mercato Comune Europeo(MEC) e quindi di seguito l’UE, ora la costituzione di una Forza Armata, che può precedere la formazione di un unico stato, va ad affondare ogni insignificante illazione verso un probabile nanismo politico che non si può attribuire ad un nascente stato europeo.

La prudenza verso la formazione di un’unica Forza Armata sorge da una volontà politica che ha scelto fino ad ora di operare, all’ombra dell’America, cercando di mitigare i blocchi continentali, tuttavia da quando gli equilibri sono cambiati, e il globalismo ha invertito la rotta, e le governance finanziare hanno determinato il tracollo del villaggio globale, con un default che sta trainando il sistema dollaro verso un incamminamento isolazionista, il mondo non appare più immerso in uno scenario unilaterale, pertanto è doveroso strutturare in una integrazione europea, anche il proprio sistema di difesa. La gigantesca economia Europea ha bisogno di cessioni di sovranità nazionali, per imporre una centralità statale, uniformante a livello, ordinamentale, e sovranazionale. Disponendo la formazione di una nuova potenza militare, che sarà capace di mitigare ulteriori crisi, poiché è noto che le relazioni internazionali, sono sempre basate sulla forza, non solo economica e politica ma assolutamente anche militare. Fin dal 1954 si dialoga, con periodicità del tema progettuale inerente la difesa comunitaria Europea, ma regolarmente i vari tentativi, di intesa, hanno dato luogo a progetti mai concreti se pure ambiziosi, oggi, si ci rende conto che siamo prossimi ad un innovata programmazione di difesa, necessaria, non solo per la sicurezza emergenziale, ma per costituire un rapido intervento strategico armato qualora il casus belli, lo richieda. L’ Europa deve poter essere in grado di affrontare un eventuale attacco bellico, proteggere i propri confini, senza decisioni allargate o puramente di cooperazione, l’immediatezza è l’elemento insito solo nell’unicità, coesione e condivisione di un’esclusiva Forza Armata Europea.

Ergo, non possiamo che cogliere, che il nodo è e rimane politico, infatti, il rapporto bilaterale tra l’UE e l’Alleanza nordatlantica, dovrebbe essere sottoposto ad una riduzione di partecipazione, in altri termini, pur restando la Nato il partner privilegiato, la Nazione Europea per divenire Stato, deve incamminarsi in un percorso di Autonomia Strategica, ovvero difendersi agendo autonomamente, con proprie forze, rifiutando alleanze ormai obsolete. Le dichiarazioni, degli stati membri, stanno spingendo ed esortando verso una Consiliare decisone posta in tal senso, per evitare di perdere spazi strategici nello scacchiere mondiale. La sicurezza dopo la dissoluzione dell’Urss e del patto di Varsavia, è sempre stata garantita da una protezione americana, e pur tuttavia un eventuale fuga in avanti potrebbe indebolire lo stesso Patto Atlantico a vantaggio di una rinnovata minaccia Russa, quindi la prudenza politica, non è mai troppa, restare scoperti in un passaggio simile, non è solo imprudente ma altamente rischioso. L’ ambizione di uno Stato Europeo che pone la sua centralità e il suo pilastro in una rinnovata politica di difesa, non può e non deve sguarnire l’Europa da ogni protezione o intesa conquistata in decenni di atlantismo.

Gli interessi divergenti degli stati membri frenano, oltremodo, la soluzione, ancora siamo ad un’impasse militare, incapaci di essere risolutivi e uniformanti, vero è che le priorità strategiche non consentono indecisioni, non consentono rivalità in politica estera, e internazionale, un sistema di difesa comunitaria richiede decisioni prese da un unico Stato maggiore, non da una pluralità di stati maggiori militari. Ne deriva che una risposta univoca e risolutiva sembra ancora difficile da poter dare, siamo ancora in presenza di una Europa pronta, ma frenante, un Nazione che invoca un unico Stato, ma che corre a più velocità d’intesa, e proprio l’intesa che deve essere approfondita, la cooperazione è ormai un o strumento non più strumentale ai fini difensivi, e gli analisti del settore sanno che precorrere i tempi potrebbe essere la salvezza. Ogni crisi,( krisis, dal greco equivale a scelta, nel suo significato intrinseco), determina una scelta e oggi la crisi in corso impone una scelta immediata, l’instabilità politica non deve fare da deterrente, anzi deve essere l’elemento garantista per addivenire ad una riforma che non sia una riforma qualunque, un esercito unico richiede come elemento inclusivo di uno stato unico, ed è impensabile se alcuni stati, vedono, ancora improbabile la possibilità di un esercito comune, per esempio i paesi nordici. Ancora pensiamo e auspichiamo o inneggiamo a forme di pacifismo poetico, depauperato da una vera difesa bellica, la vera pace deve essere duratura e difesa militarmente, vis pacem para bellum. Il mondo ha vissuto guerre, che per loro natura sono state strazianti e dolorose, ma nessuna pace è arrivata senza conflitti, pensare ad armare un esercito, sembra tradire il nostro sentimento di patrioti Europei, ma proprio per la nostra PATRIA EUROPEA che dobbiamo creare una Forza Armata di difesa che sia, una forza contrattuale là dove la ragione declina il senno e il buon senso. Ormai siamo difronte ad una strategia globale e ad un vero approccio integrato sia ai conflitti che alle crisi, orientati verso un concreto sviluppo della resilienza, e del rafforzamento dell’autonomia strategica, verso l’adozione di concreti strumenti di risposta rapida per la protezione dei cittadini, la pianificazione di tutto ciò ci consentirà di conseguire obbiettivi di notevole rilevanza politica estera e di sicurezza comune, la difesa armata può essere un volano internazionale, se pur partendo e promuovendo un piano di pacificazione globale.

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.