• 21 Novembre 2024
Editoriale

Nello stato avanzato, dell’economia globale, anche i soldi si fanno la guerra, e la fanno attraverso gli scambi commerciali, con contraccolpi di yuan sul dollaro e in particolare sull’euro, monete subordinate all’aumento dei tassi e ad una recessione scampata, a margine, ma non del tutto tecnicamente sorpassata. Nel mentre la Russia ha stime di crescita del più 2.6%, quasi il tre volte tanto i paesi europei e molto più della crescita avanzata americana, fotografia economica del World Economic Outlook di inizio 2024 Fondo monetario internazionale, questo sorpasso, nonostante gli aggiustamenti russi a economia bellica, dove i prezzi delle materie prime hanno raggiunto una tenuta costante, con un massimo all’esportazione, tuttavia questa accelerazione potrebbe essere non sostenibile nel lungo periodo, pur essendoci un’alleanza massiva verso la Cina e i Paesi asiatici, valvole di sfogo monetario.  

La vera realtà soccombente resta l’area dell’Eurozona, reclinata ad aumentare la crescita senza variabili economiche di supporto, anzi con una decrescita intergovernativa, che vede la Germania in seria recessione. Anche i mercati finanziari europei subiscono una retrocessione e contrazione, direi di tutto rispetto a vantaggio, come avviene per gli Stati Uniti, delle Cripto-valute, concepite nell’era post dollaro con valori ecosostenibili per un green avanzato. La capitalizzazione resta bancaria e poco reale e va ad indicizzare guadagni, che evidenziano una guerra dei soldi e del denaro di scambio e non già di credito poiché frenato dai tassi elevati.

La resilienza, dell’economia monetaria, e la prospiciente inversione dei tassi prevista in primavera, per ristabilire il Pil Usa, seguita da quella dell’Eurozona, con un precipuo intervento della banca centrale americana e della Bce, denotano atteggiamenti predittivi di prevenzione, che sono paventati per ovviare a condizioni di pericolo, recessivo.

Il vero nodo non è la crescita del pil che è resiliente e svantaggioso, ma l’inflazione: nel mese di dicembre, infatti, l’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti è salito del 3.4% su base annua oltre il 3.1% di novembre oltre il 3.2% atteso. È evidente che l’inflazione è troppo alta e necessita di mantenere i tassi ad un livello elevato per un periodo di tempo ancora lungo, nonostante le predittive economiche, nel settore i pareri degli economisti sono contrastanti e confondono, l’asset futuro per realizzare una crescita economica.

Tuttavia, il segnale è evidente di una crisi bellica, a stampo energetico, che nella sua postura è logorante e non sostenibile né nei mercati reali né nei mercati finanziari, dove le nicchie di posizioni sottraggono rendita ai Pil sovranazionali e nazionali, è vero altresì per l’Eurozona che nel IV trimestre configura un Pil stabile allo 0%, sinonimo di stagnazione. Pertanto, si schiva una recessione tecnica, e si registra una crescita pari a zero. Flebile ma significativa è invece la crescita del Pil italiano, più 0.2%, per il 2023, sensibile a nuove visioni riformiste e fiducioso di una comunità nazionale che vuol rinascere sotto una nuova luce economica e politica, tale da stimare una crescita pari a 0.7% per il 2024 e 1.2% per il 2025.

La velocità di crescita a livello globale, non è certo frenata, dalla belligeranza economica monetaria, dopo i postumi del covid, e dalle recenti crisi belliche in corso, che restano tuttavia, un elemento di incertezza inflattiva e recessiva, causa i prezzi energetici delle materie prime, e da una detenzione delle stesse irremovibile, relegata ad un margine di profitto russo, cinese e di qualche paese emergente, e ad una politica monetaria rivoluzionaria, improntata dai Brics, ovviando all’unilateralità del dollaro.    

La politica espansionistica italiana, strumentale al Piano Mattei, compenserà al pari del Donbass per la Russia sul piano bellico, una possibile opportunità di scambio energetico e di riduzione dei prezzi energetici, necessari all’economia reale. La lungimiranza industriale, di governo, in una visione di politica internazionale, non predatoria favorirà, la crescita della nazione Italia, e porrà un elemento di consenso consolidato per una politica non di corto raggio, per nulla ideologica e che non ripiega in una guerra dei soldi inflattiva.

L’impedimento di una maggiore accelerazione monetaria e riduzione inflattiva è dunque da attribuire ad un a passo economico delle banche centrali, purtroppo condizionato e condizionante. Infatti, le politiche restrittive delle banche centrali, avranno ancora un impatto monetario belligerante, o supposta guerra dei soldi, ed inflattivo sulle prospettive economiche e congiunturali globali.

Le aspettative dei mercati chiedo un nuovo ammorbidimento monetario, e la scure sul costo del denaro se non intrapresa con solerzia determinerà un ritardo sulla crescita, con un avanzamento economico dei Brics, sostenitori diplomatici della Russia, generando una spirale di aggressione inflattiva dei mercati da profitto, non di certo a vantaggio dell’Ucraina e dei suoi alleati, generando e rafforzando quei paesi che hanno rimodulato l’economia di mercato in economia di guerra, inoltre il rallentamento e la guerra dei soldi, sarà anche spalmata sulla domanda aggregata del mercato del lavoro.

 Sembra che in realtà tutto sta cambiando ma di fatto tutto resta uguale a se stesso e alle origini economiche e politiche che lo hanno generato: infatti la politica monetaria europea, per restare in un ambito sovranazionale europeo, ha risentito delle vicende storiche e preminentemente del dibattito teorico della metà del secolo scorso, con particolare riguardo al paradigma ordoliberale diffusosi in Germania negli anni trenta,  e a seguire dal monetarismo fino a giungere al mainstream  teorico, fino al neoliberismo e fino al  New Consensus Model o NCM.

La Scuola di Friburgo, si sviluppò in ambito neoclassico, e diete luce ad un dibattito il cui esito neoliberale, influenzò per lungo tempo le scelte di politica economica, la diversa visione dello stato tra neoliberalismo e ordoliberalismo si riflette sulla politica economica europea, e su quella monetaria in particolare, sostanziandosi  a riguardo nei trattati dell’Unione Europea, e in particolare nello statuto della Bundesbank che recepì l’influsso dell’ordoliberale, infatti per entrambe il primo obiettivo era e resta quello di controllo dell’inflazione. Dichiarandosi il perno in cui ruotano le scelte della politica economica monetaria dell’Unione Europa.

Ne derivò il ruolo dominante assunto dalla BCE, ovvero una banca centrale senza Stato centrale, per un Unione Monetaria Europea, Hayek, tra i neoclassici, fu un punto di riferimento per il neoliberalismo, egli intese spiegare, come l’inflazione da credito è causata da un eccesso degli investimenti rispetto al risparmio, generato dal fatto che le banche concedono crediti in eccesso, ovvero in misura superiore rispetto al risparmio esistente, in una sorta di sovraindebitamento bancario, non sostenibile dal mercato reale, divenendo le banche non più semplici intermediare tra risparmiatori e imprenditori, ma acceleratori della politica monetaria in termini enzimatici, non comparendo nel prodotto finale , fortemente inflazionato, a carico dei consumatori di denaro.

La libertà di emissione, monetaria, crea anche scarsa fiducia nella banca centrale, preposta al controllo della emissione monetaria. Fu però il monetarismo a influenzare fortemente le scelte europee, e l’autonomia della banca centrale, sovvertendo il punto di vista di Hayek, che voleva la banca centrale controllore esclusivo del flusso di moneta, ma in seguito sulla scia del mainstream teorico, con il prevalere di un approccio non keynesiano della politica monetaria, e più precisamente con una visione ordoliberale, la banca centrale è stata subordinata a precise regole per non compromettere la stabilità monetaria,  e con l’istituzione  di una moneta  e di una banca centrale senza stato.

Quindi un aggiustamento di rotta per una politica monetaria antinflazionistica, che oggi non si può definire monetarista, la struttura della BCE resta con una narrativa e una struttura ordoliberale, che però non riesce a far fronte alla nuova guerra dei soldi, la sua indipendenza da una statuizione libera, le conferiscono credibilità, ma con pochi margini di manovrabilità, la sua discrezionalità sull’inflazione da credito è relegata ai tassi e alla loro marginale effetto e basta.

Questa strategia deflattiva riconosciuta al sistema europeo bancario centrale, si accompagna ad un concetto di stabilità dell’eurozona espansivo, in termini di politiche monetarie interne, perché a livello globale domina il conflitto monetario scatenato dai Brics, che attualmente raccolgono una adesione di undici, paesi emergenti.

Ma poco riesce a porre rimedio ad una globalizzazione monetaria, che richiede una ripresa inflattiva da profitto, dove le minacce di ingresso al mercato restano la circolazione di scambi, non più unilaterali, ma profittevolmente liberi di ricorrere a monete virtuali e di convenienza, non in grado di sovvertire un inflazione amministrata da una crisi energetica che specula sui mercati finanziari il costo energetico  trasformandolo in un prezzo di libero mercato, come per un cambio di gestore, casalingo.

La teoria, economica, è soggiogata ormai al consenso virtuale, e alla libertà di scambi, e le banche centrali, non sono strutturate per un libero mercato, la ricerca costante dell’asset bancario per un extraprofitto di marginalità economica, non consente arginare la guerra monetaria che si sta scatenando.  il nuovo consenso di modello macroeconomico ci allontana da un sistema ordoliberale, che è fallibile, i paradigmi neoclassici necessitano di un’inversione, forse ridisegnarne i parametri potrebbe, liberarci dall’inflazione e dalle sue varie forme, e da una guerra dei soldi globale.

L’assenza in Europa di uno stato centrale rimarca sempre più un decisionismo fluido, e una politica monetaria decentrata a vantaggio dei pochi e a traino atlantista, irragionevolmente inflazionistica.

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.