Evola ha considerato Rivolta contro il mondo moderno libro imprescindibile per la comprensione del suo pensiero. È noto che questo volume, uscito in prima edizione in Italia nel 1934, ha subito, nel corso del tempo, due significative revisioni. Esse furono realizzate dall’autore attraverso tagli e aggiunte di rilievo, in occasione della seconda edizione, uscita per Bocca nel 1951 e della terza, nelle librerie per i tipi delle Edizioni Mediterranee nel 1969. In occasione dei novant’anni dalla prima uscita e a cinquant’anni dalla morte di Evola, la prima edizione di Rivolta, ormai di difficile reperibilità, torna a essere disponibile grazie alle Mediterranee, in edizione anastatica. In essa èriprodotta anche la sovraccoperta originale, disegnata da Evola e rintracciata, di recente, da Guido Andrea Pautasso. I saggi introduttivi sono di Andrea Scarabelli e Giovanni Sessa (per ordini: 06/3235433, ordinipvdizionimediterranee.net, pp. 495, euro 38,50).
Evola modificò la prima edizione per adeguarla ai lettori delle generazioni successive a quella degli anni Trenta. Nel 1951, l’edizione Bocca tornò a proporre la visione del mondo del tradizionalista ai giovani che “fecero in tempo a perdere la guerra”, nel 1969, al contrario, la terza edizione parlò alla generazione che era stata lambita dalla “contestazione”. Scarabelli intrattiene il lettore sulle traversie che Evola dovette superare per veder pubblicata la sua opera capitale. Dapprima proposta a Laterza, dopo il diniego di quest’ultimo fu inviata all’editore Bocca. Successivamente, la scheda del volume finì nella redazione di Emiliano degli Orfini, presso la casa editrice genovese fondata da Emanuele Gazzo. Per ragioni contrattuali, non se ne fece nulla. Evola, allora, pensò perfino di fareuscire il libro, nell’attesa di trovare un editore italiano, in Germania. L’incertezza fu superata quando il filosofo propose Rivolta a Ulrico Hoepli, come si evince dall’epistolario intrattenuto con l’editore milanese, custodito presso il Fondo Apice dell’Università degli Studi del capoluogo lombardo, il 4 marzo 1933. L’opera, si badi, era quasi ultimata fin dal 1931. Dopo non pochi tentennamenti, Hoepli decise di dare alle stampa Rivolta: ricevette il testo il 4 luglio del 1933. Il 27 novembre il filosofo scrive a Ulrico che, per una richiesta giunta “dall’alto”, avrebbe dovuto portare le bozze all’Ufficio Stampa del Capo del Governo. Non si dimentichi che Evola era stato già diffidato dal regime a seguito della chiusura del periodico, La Torre.
Il clima di diffidenza, se non di vera e propria chiusura nei confronti di Evola, da parte delle gerarchie fasciste, compromise, peraltro, la diffusione del volume dopo la sua pubblicazione. Da un rapporto dell’Ovra stilato da Italo Tavolato, ricorda Scarabelli, si evince che fu dato ordine alla stampa di non parlare di Rivolta, per i suoi contenuti anti cristiani. In ogni caso, il volume era quasi esaurito quattro anni dopo la sua uscita. Pertanto, nel 1939, Carlo Hoepli, subentrato a Ulrico, propose a Evola una seconda edizione. Per l’occasione, il filosofo predispose un pieghevole (riprodotto nella anastatica che qui presentiamo, con il commento di Giovanni Sessa) in cui compariva la sinossi del testo, accompagnata da brani delle recensioni uscite in Germania (tradotti dallo stesso Evola) a seguito dell’uscita, nel 1935, della sua traduzione tedesca, Erhebung wider die moderne Welt. L’iniziativa non andò in porto per le resistenze degli ambienti fascisti, preoccupati dai contenuti non “ortodossi” del lavoro di Evola mirato a “rettificare”, in senso tradizionale, il fascismo. Il pieghevole fu inserito, pertanto, nell’edizione del 1951.
Sessa rileva che in Italia, con Rivolta, il filosofo avrebbe voluto creare una corrente tradizionalista dotata di concreta forza rivoluzionaria. Il suo tentativo fallì, in quanto la proposta evoliana risultò indigeribile alla classe dirigente del fascismo. Diversa, l’accoglienza che fu riservata a questo capolavoro in Germania. Ad occuparsene, su giornali e periodici, furono gli intellettuali afferentiagli ambienti rivoluzionario-conservatori, in particolare gli Jungkonservativen. Emblematica, ariguardo, risulta la recensione di Gottfiried Benn: questi lesse la Tradizione evoliana quale“immagine” evocativa, una sorta di Weltbilb, di “immagine-mondo” atta a indurre un Nuovo Inizio della storia europea. I rivoluzionario-conservatori tedeschi, con i quali Evola aveva stretto, da tempo, relazioni proficue, utilizzarono, quale Weltbild, il mitologema della “Germania segreta”. Evola, in Rivolta e in molti scritti comparsi su Diorama filosofico che, non casualmente, iniziò le proprie pubblicazioni nel febbraio del 1934, individuò la propria immagine-mondo nella Tradizione romana e nell’Imperium (tale parallelismo è stato fatto rilevare, in un suo scritto, da Renato Del Ponte). Un mitologema che, pur nella apparente assenza dalla storia, vige, in quanto origine, sempre in essa, in attesa dell’azione atta a farlo nuovamente evenire.
La lettura di questa prima edizione di Rivolta, che fa seguito all’edizione critica del 1998, ricca di approfondimenti, bibliografie e di un vasto apparato di note, permette di comprendere come la visione tradizionalista evoliana, rimasta identica nel suo asse portante, abbia comunque subito variazioni di rilievo nel corso del tempo. Il lettore troverà nelle sue pagine, prima di ogni altra cosa, la freschezza della prosa giovanile di Evola, connotata da una non comune potenza trascinante. Quest’aspetto risulta stemperato, calmierato, nelle edizioni successive. Sotto il profilo dei contenuti, questa anastatica chiarisce in modo compiuto e meglio delle altre edizioni, il cuore vitale di quest’ opera. Rivolta sorse, come ha sostenuto Scarabelli, dall’incontro tra: «il tradizionalismo di Guénon, il “nordismo” di Wirth e lo schema evolutivo di Bachofen (benché invertito di segno) […] Evola approda (in queste pagine) a un punto decisivo della propria evoluzione intellettuale». Nella realtà contemporanea, liquida, post-moderna, la prosa e i contenuti di questa prima edizione paiono provenire da distanza siderale, confliggono con il senso comune del nostro tempo e ci costringono a fare i conti con le “potenze” della vita, gli “dèi” ormai esiliati. Pagine, come riconobbe Benn, dalle quali si esce cambiati, “trasformati”…