• 23 Novembre 2024
Editoriale

Molto importante è la laicità dello Stato, per evitare di conformare l’ordinamento legislativo alle convenzioni religiose qualunque siano, nel territorio della nazione.

Stabilire un equilibrio tra politica, istituzioni e religioni, resta la tematica che assume una dimensione notevole nell’ambito della società comunitaria e la collettività di una nazione, al fine di implementare una ricerca valoriale per ripristinare un rapporto di connessione tra politica e religione in un’era fortemente globalizzata.

Le varie pluralità, confessionali, antepongono oltremodo un’esigenza di laicità, ad un’esigenza di valori che cercano di spingere verso un dialogo aperto che intercorre con la politica, vero è che il cristianesimo con un bagaglio di valori universali si frappone all’operosità politica, in particolare quando si deve imporre un senso di unità e di giustizia per una equa perequazione tra le classi sociali evitando derive e disagi di carattere antidemocratico. Il cristianesimo da sempre, con un universalismo valoriale, fondamento di un’apertura e di confronto fra i popoli e fra la comunità sociale di una stessa nazione, crea un ponte di occidentalizzazione, che si interpone ad una islamizzazione istituzionale sia europea che mondiale.

Fu proprio della sapienza greca e poi romana, e del sistema bizantino, nonché benedettino indurre ad una conservazione e consapevolezza giuridica di opportunità per le generazioni future, al fine di valorizzare un’etica religiosa atemporale, ma spirituale e non avulsa da una razionale vita sociale e politica.  Ma oggi, la globalizzazione, e l’islamizzazione di alcune aree, mondiali, medio orientali ed asiatiche, hanno innescato, una fusione, o propriamente un ponte propulsore di una rinnovata etica e una rinnovata idea di relazione di rapporto, tra laicità e fede religiosa.

Non si può più essere assertori di un laicismo repubblicano di maniera  ottocentesca, che segnava una sorta di confine tra la religione di stato e la sfera privata del cittadino e il suo omertoso nazionalismo, infatti, un tempo la chiesa sovrana, tentava di dominare egemonicamente, oggi, essa deve sfuggire da tentazioni di potere, e imposizioni preponderanti in ambito dei diritti civili, anzi, sta cercando di adeguarsi ad una sorta di rivoluzione che poco la colloca in una controrivoluzione di stampo conservatore,  e la fa capitolare verso audaci decisioni progressiste. Il suo tempo arcaico e conservatore dell’unità di spirito cristiano, talvolta cede il passo al manifestarsi di un aggiustamento al mondo moderno con una caduta di stile prosaico, che fa smarrire la fede fervente e intralcia la politica più controrivoluzionaria.

La chiesa deve restare, un ponte spirituale di armoniosa razionalità espressiva, verso un tentativo di coadiuvare la politica là dove, questa smarrisce il buon senso e trascende, con derive non adeguate, essa non deve andare oltre e sovrastare l’equilibrio di azione in una dimensione umana e civile e politica.

Le crisi belliche, poco vicine alle guerre di un tempo, ma per lo più, a vantaggio di approvvigionamenti energetici, che sconfinano in ambito globale su scala mondiale, sono implementate apparentemente da valori etico religiosi di prima maniera, che sembrano aver secolarizzato un odio crescente tra popoli diversi e differenziati dal loro credo religioso e dalle loro confessioni spirituali. Tuttavia, le lotte accese, sulla loro povertà, sui loro diritti sociali e di genere disattesi da una islamizzazione dominante, provoca un intreccio, così, conflittuale tra potere politico e potere religioso, da determinare un confine invisibile tra verità e bassezze umane, che rasentano una sconfitta dell’uomo nei secoli, spingendo verso un fondamentalismo terroristico, giustificato dal delirio di una fede che il loro dio stesso non riconosce. 

Ovviamente in tal caso siamo in presenza di una sconfitta di valori etico religiosi, e di un mancato superamento della crisi economica stessa che diviene più pressante e insidiosa con effetti finanziari a livello globale. Come riuscire ad abbandonare un credo di mercato, globale, e cercare di capire nel presente, queste anomalie, che interconnettono in maniera reale le religioni e la politica economica, nonché la geopolitica?

Come è ardua la vita moderna, cercare di trovare la verità sociale, politica, economica in una giungla di culti, di credenze, anche di rivelazioni, che impressionano e confondono la fede con una pluralità di dei, quanto la semplificazione cristiana, senza sminuirne il fondamento profetico di Gesù Cristo ha semplificato da millenni la vita con una rivelazione di giustizia senza eguali?  

Queste tante religioni, complicano le tante politiche di governo e l’impossibilità di porre freno a evidenti ingiustizie di un espansionismo, giustificato da apocalittiche e decisioni o da profetiche narrative. La rivelazione cristiana ha mostrato sin dalle sue origini, l’unità del genere umano, e uno dei compiti della chiesa è favorire questa unità in una sola comunità di popoli, ma la sua non è un’opera di sovrapposizione politica, ma un proselito di salvezza umana, da diffondere all’intera umanità in un grido di congiunzione unitario. Come fu di Giovanni Paolo II, “per varcare una soglia di speranza “che sia per tutti.  

Ovviamente utopica sembra che resti, la condizione umana che invece di un apostolato mondiale, insegue le molteplici religioni, alcune arcaiche, blasfeme nell’operato, la guerra in Israele e Palestina non cela ciò, immerse in un olocausto senza precedenti, dove i genocidi infantili e femminili gridano vendetta, e altre invece, confessioni, immerse o connesse, nell’inseguire il progresso della cultura, si perdono in meandri poco spirituali ma altrettanto politici.

Allora come uscire da questo ginepraio, affermando la tradizione, o ponendo un ponte di pacificazione, tra credi diversi cercando con l’ausilio della politica di creare e seminare un germoglio di semina unico, che ci rivedi tutti figli di un unico sentire, e amore universale?

Certo è che, le guerre etico-religiose a sfondo geopolitico, sono l’interfaccia di un unico problema una sopravvivenza, economica, territoriale, tipica di religioni primitive, venerandi il culto degli avi, o religioni di tipo animistico che già esprimevano una sorta di vicinanza al cristianesimo e alla sua unità spirituale e temporale. Perché allora la chiesa di oggi non si frappone dichiaratamente, cercando una soluzione unitaria possibile e futuribile, dove la fede in cristo ci riunisca in unica comunità cristiana, non stiamo volando alto, ma abbiamo bisogno di una pacificazione mondiale, di un unico approvvigionamento spirituale fonte energetico di vita e di fede e santità per un mondo non solo basato sul mercatismo e sul profitto geopolitico, non basta un delegazione di nazioni europee, asiatiche o atlantiche per risolvere un problema a sfondo poco pragmatico.

Le diverse, etnie religiose, prospettano, sistemi culturali, sia in medio- oriente nel mondo arabo, per esempio sistemi etnici, con un’accentuazione molto forte, del male come del bene, con paradossi, che declinano in maltrattamenti e schiavitù dei loro figli e mogli, che rasentano una sublimazione ed estremizzazione del credo religioso oltre ogni umana comprensione.              

L’attuale conflitto non ci dovrebbe indurre a sostenere i due sistemi palestinesi ed islamici cercando di creare una dicotomia ancora più tremenda di quella già formatasi, è evidente che non siamo difronte ad un conflitto bellico tradizionale, bisogna sedare gli animi che spingono a non colmare la frattura che si è inevitabilmente aperta a causa di un terrorismo di altri tempi. Bisogna vincere in un mondo fortemente globalizzato, prima la battaglia della comunicazione, forviante e così si stabilirà una legalità di conflitto, per consentire un fronte o meglio una apertura negoziale. Il muro, alzato in Ucraina, non deve essere frapposto tra i due mondi religiosi che invece si deve pacificare e stabilizzare i rapporti israelo-palestinesi, con il supporto della politica mondiale.  

La collaborazione dei paesi arabi, con un’apertura alla pacificazione etico religiosa si può orientarsi verso una contro islamizzazione del terrorismo fondamentalista alimentato da una politica becera di finanziamenti divisivi, mai volti a valorizzare l’incontro tra i mondi di occidente e di oriente.

Il mediterraneo è terreno di sfide geopolitiche, e anche di opportunità commerciali, di sviluppo economico, sociale, perché non valorizzare questi elementi in una sorta di progetto integrato di equilibrio bipolare tra il passato e il presente di civiltà che sono obbligate ad evolversi anche nel semplice ed unico messaggio cristiano, portatore di evoluzione e di pace. L’autorevolezza per gestire le crisi belliche attuali, pregne di complessità, nasce dalla centralità del mediterraneo, e dalla sua fluidità storica come lo fu tra Roma e Cartagine, oggi dobbiamo evitare altre guerre Puniche fonti di un passato che non deve ritornare, le tensioni militari e religiose e le pretese geopolitiche sono crisi che si possono gestire con intelligenza, sappiamo che la crisi energetica ripristina vecchie e ataviche tare di odio, e spinge ad un fenomeno migratorio minaccioso e incline a spingere a soluzioni fittizie e tendenziose.  Il mediterraneo, mare nostrum, può essere fonte di slancio culturale unico quindi di equilibri economici, ma anche di squilibri, etnico religiosi, proprio a causa di un approvvigionamento precluso ai più.

Ne consegue che quanto sta avvenendo a Gaza può implodere ed esportare il peggio di una strategia imprevedibile ed imprevista, scenario di un influenza mistica e mistificante tra religione e politica economica, pertanto,  bisogna affrontare questa sfida con un maggiore dispendio di diplomazia, scendere ad applicare, in campo una maggiore visione allargata del Mediterraneo, con partenariati estesi e frontalieri, per evitare , dominii, e pretese restrittive, conflitti che si espandono e pregiudicano la navigabilità e la pace del mare nostrum. Un ponte politico di tolleranza, e di espansione strategica di soluzioni politiche che dispongano rifornimenti energetici, per l’Asia, l’Europa, e oltre, con ausili e commerci di ogni genere.  

Allora non resta che legittimo chiedersi quale sia il confine dell’odio, e la religione è politica? o è la politica che prosaicamente è religione, in buona sostanza quale è il limite che la delimita?

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.