L’esperienza della visione di The Butterfly Circus ha dilatato le riflessioni sulla nostra capacità di valorizzare il pregio dei difetti che ci appartengono e di quanto sia a volte disumana e distruttiva la dinamica dei social media, se la analizziamo con occhi moderni, il nostro “circo digitale”. Non è che poi cambia molto: si accede ai social per divertirsi, condividere un passatempo e magari quel passatempo è colpire ed offendere qualcuno. La persona oggetto di atti denigratori potrebbe tranquillamente essere uno di noi: un utente che si ritrova ad essere additato e denigrato da chiunque “passi” da quelle pagine.
E’ ovvio che tutto quello con cui entriamo in contatto dipende solo da noi usarlo nel modo appropriato, ma quando si parla di minori la faccenda è davvero più complicata. Lo strumento mediatico ha un potere invasivo sui minori sia dal punto di vista emotivo nei confronti del proprio essere, e non solo, sia dal punto di vista di uso quotidiano nelle più svariate attività scolastiche e ludiche. Una vera e propria dipendenza nell’esprimere le proprie emozioni, positive o negative che siano, e nella modalità di collegarsi ad esempio a realtà che si accomunano alla vita scolastica e all’ambito della socialità in generale, finendo in una fitta rete di conoscenze apparenti e pericolose.
Esistono delle regole dettate dal buon senso e soprattutto dal controllo degli adulti che dovrebbero vigilare e spesso non avviene. Tuttavia, ormai da qualche anno, gli allarmi drammatici ignorati o sminuiti hanno dato una serie di statistiche che mai avremmo voluto leggere ed analizzare. Colpiscono soprattutto quelle legate ai suicidi, le cui cause sono molte, ma molte delle quali sono ricollegabili alla rete. Le statistiche dei suicidi nella fascia di età tra i 12 ed i 14 anni indicano che il tasso è significativamente aumentato e coinvolge soprattutto quella fascia di utilizzatori che trascorrono sui social media più di due ore al giorno per motivi che esulano dal divertimento: supporto nei momenti più difficili della propria vita, connessione emotiva con gli altri e connessione con i propri amici.
Il rovescio della medaglia invece esprime chiaramente quanto di più distruttivo possa emergere da questo tipo di legame. Infatti, molti adolescenti hanno affermato di sentire la propria vita peggiorata con l’uso dei social media, altri obbligati a pubblicare contenuti sul proprio aspetto fisico, costretti a modificare i propri post per ottenere più “Mi Piace” e la maggior parte si è sentita colpita da contenuti negativi nei propri confronti.
La rete non è un posto sicuro, ma al contrario un luogo insano in cui, senza una buona dose di buon senso e controllo si può finire di manifestare comportamenti che esulano dalla leggerezza della vita adolescenziale. Il segnale va lanciato ai genitori in maniera forte facendo emergere quali siano i fattori di rischio e le conseguenze. Prima di tutto cercare di monitorare i contenuti multimediali in cui si parla di autolesionismo e suicidio che fanno leva sulla percezione mentale di alcune situazioni soprattutto legate alla depressione.
E’ bene ricordare che la rete ha una memoria infallibile e spesso ci si ritrova di fronte a certi contenuti solo per aver magari dato solo un’occhiata ad un post ed il diabolico algoritmo presenterà in maniera costante quel tipo di contenuti. Tanto quanto è bene ricordare che le menti dei ragazzi sono molto ricettive e certi contenuti potrebbero avere un’influenza importante e portare all’autolesionismo ed anche al suicidio. In rete il subdolo messaggio delle foto ritoccate ha la capacità di abbassare l’autostima con un certo tipo di suggerimenti per diventare perfetti passando da diete estreme, atti di autolesionismo per dimostrare di avere coraggio a compiere un certo tipo di azioni fino ad arrivare al limite che porta alcuni minori a postare questi atti come un messaggio positivo da condividere.
Gli ultimi social in cui si postano solo video hanno dato un potente incentivo alla condivisione di certi comportamenti distruttivi innescando un sentimento di inadeguatezza e conseguente depressione in molti ragazzi, con il continuo confronto con coetanei che mostrano corpi snelli pelle e ossa. Il “chilo in” più instilla un senso di inadeguatezza ed una continua paura di non essere accettati dagli altri con conseguente manifestazione di disagio, rabbia, perdita di interesse per le cose che si amano fino ad arrivare alla voglia di essere deriso o molestato dagli altri. A lungo andare questa situazione porterebbe anche al pensiero di mettere fine alla vita.
L’adulto, il genitore, chi deve vigilare in modo appropriato, ha una responsabilità enorme e prima di tutto quella di cogliere i segnali di allarme, dal semplice mal di stomaco alle espressioni di tristezza o alla svogliatezza continua. I nostri adolescenti sono il nostro futuro e bisogna chiedersi se davvero sono loro che hanno deciso di abbandonarci o siamo stati noi del mondo adulto ad innescare un gioco mortale che va assolutamente fermato.