La sindrome di Wanderlust? Sicuramente è una sindrome che accomuna molte persone, si parla del 20% della popolazione. Questa sindrome, il cui nome tedesco rinvia a due concetti Wander girovagare e Lust desiderio, conosciuta più semplicemente come la “malattia del viaggiatore” (ci fa sorridere una tale espressione), è, a quanto pare, su base genetica.
Sembra infatti, che a causare questa irrefrenabile voglia di viaggiare sia la presenza elevata di un gene, il DRD4 7r nel DNA, per cui molti si ritrovano a fare i conti con questa spasmodica voglia di partire, di andare per forza da qualche parte.
Quando e dove non importa, perché non c’è un tempo definito per viaggiare né un luogo definito dove viaggiare per i “malati di viaggio”. Basta chiudere dietro di sé la porta di casa per provare già un senso di pace e di serenità. È sempre il momento giusto per partire alla scoperta di posti da scoprire. C’è chi ama leggere un libro di narrativa ambientato nel posto che visiterà, c’è chi parte sempre munito di una guida con tanti post it, c’è chi guarda documentari, insomma viaggiatori entusiasti di qualsiasi cosa. E non si fa a tempo a tornare che riappare quel senso di insoddisfazione che si placa solo nel pensare e nel pianificare il prossimo viaggio.
Il viaggiare allora diventa una vera e propria dipendenza: viaggiare, viaggiare, viaggiare che sfocia talvolta in una condizione patologica, un’irrequietezza per cui si ha il bisogno di lasciare la propria casa e coprire distanze.
Il romanziere canadese Douglas Coupland parla addirittura di “Wanderlust terminale” quando si ha quella sensazione per cui nessun posto è casa, ma lo diventa un posto qualsiasi, sintomo questo sicuramente di un disagio interiore.
Stiamo bene solo quando stiamo lontano da casa perché la casa ci sta stretta. È quasi un voler spezzare assiduamente quei vincoli che ci bloccano in una routine alienante andando fisicamente “altrove”.
È sintomatico della sindrome di Wanderlust anche il fatto che, in questi ultimi anni, siano aumentate notevolmente, le persone che, mollando casa e lavoro, hanno intrapreso un viaggiare senza una meta ben definita, da una città all’altra, da un paese all’altro, da un continente all’altro, diventando dei veri e propri “viaggiatori a tempo indeterminato” che vivono viaggiando.
Posti da non perdere, culture da capire, scorci da ammirare, atmosfere da vivere, viaggi solitari, in compagnia, in aereo, in treno, in auto, in bici, a piedi, l’importante è muoversi come ribadito dallo scrittore Robert Louis Stevenson “io non viaggio per andare da qualche parte. Io viaggio per viaggiare. L’importante è muoversi”.