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  • 10 Marzo 2025

Dai tempi più antichi i bambini appaiono fra le vittime primarie nei contesti di conflitto armato, situazioni sui cui non hanno alcun controllo ma dalle quali sono assolutamente coinvolti; i bambini sono costretti ad abbandonare le proprie abitazioni, vivendo la condizione di sfollati o migranti, a volte sono chiamati alle armi nonostante la giovane età e, a volte, vengono uccisi. Un problema antico com’è antica la stessa guerra, ma che si è tentato propositivamente di arginare solo in tempi relativamente recenti.

Il documento storicamente più importante per la tutela dei diritti dei giovani ( ma non il primo, identificabile a pieno per la prima volta nella Dichiarazione dei diritti del fanciullo, adottata dall’Assemblea generale della Società delle Nazioni nel 1924 o addirittura, secondo altri, nella Convenzione sull’età minima dell’ILO) è laConvention on the Rights of the Child – CRC, adottata by the UN il 20 novembre del 1989, ratificata da tutti i paesi sovrani del mondo a eccezione degli Stati Uniti, che riconosce, per la prima volta espressamente, che anche i più giovani sono titolari dialcuni diritti, la cui tutela è vincolante per tutti i paesi ratificanti.

Questi sono i quattro principi fondamentali della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza:

Non discriminazione (art. 2): i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere garantiti a tutti i minorenni, senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione, opinione del bambino/adolescente o dei genitori.

Superiore interesse (art. 3): in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del bambino/adolescente deve avere la priorità.

Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino e dell’adolescente (art. 6): gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini, anche tramite la cooperazione internazionale.

Ascolto delle opinioni del minore (art. 12): prevede il diritto dei bambini a essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni.

Nel 2002 sono entrati in vigore anche i due Protocolli Opzionali alla CRC, approvati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 25 maggio del 2000. Di interesse ai fini della nostra breve analisi è l’Optional Protocol on the involvement of Children in Armed Conflict – OPAC, che si concentra in modo particolare sull’esonero per i minori dalla partecipazione ai conflitti armati.

La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha istituito un Comitato sui diritti dell’infanzia, organo indipendente il cui compito è di esaminare i progressi compiuti dagli Stati nell’attuazione dei diritti dei bambini e degli adolescenti nel proprio territorio e di proporre misure di miglioramento.

Documenti importantissimi, messi ora in discussione dalla più recente attualità.

Questi infatti alcuni dei dati del nuovo rapporto di Save the Children, Stop the War on Children: Pathways to Peace , diffuso il 31 ottobre del 2024: circa un bambino su cinque (in totale 473 milioni di bambini) nel 2023 viveva in una zona di guerra e il numero di gravi violazioni commesse contro di loro in tali contesti è aumentato del 15% nello stesso anno, raggiungendo il livello più alto dall’inizio delle rilevazioni del 2005; nel 2023 si sono verificati 31.721 casi di violazioni documentati contro i bambini che vivono in contesti di guerra, pari a una media di 86 crimini contro i bambini al giorno. Una cifra che supera quella del 2022 – pari a 27.638, in media 76 al giorno – già stata identificata come senza precedenti. Dichiara Gudrun Østby, professore di ricerca presso il Peace Research Institute di Oslo: parliamo di 473 milioni di bambini – ovvero il 19% a livello globale – che vivono in aree di guerra, ma ognuno di questi bambini ha una storia e un’esperienza di conflitto unica. […]Negli ultimi decenni, il loro numero è aumentato costantemente, arrivando quasi a raddoppiare rispetto agli anni Novanta. Ora più che mai, la necessità di proteggere i milioni di minori che vivono in Paesi in conflitto è critica e urgente”. Ed è sempre più urgente perché ci troviamo a vivere il momento col maggior numero di conflitti attivi dopo la Seconda Guerra Mondiale, con una spesa militare sempre crescente.  

Inger Ashing, CEO di Save the Children International :”Questo rapporto è devastante e non lascia dubbi: il mondo sta diventando sempre più pericoloso per i bambini. Negli ultimi anni, a livello globale, abbiamo assistito a vari progressi in materia di diritti e protezione dei bambini, ma nei Paesi in guerra la situazione sta drasticamente peggiorando. Assistiamo ad un continuo aumento della spesa militare globale, mentre gli investimenti nella prevenzione dei conflitti sono in calo. Ciò dimostra che ci stiamo focalizzando sull’aspetto sbagliato e le conseguenze sono devastanti. Gli Stati devono agire. Devono sostenere gli standard di condotta nei conflitti. Devono chiedere conto ai responsabili. Devono proteggere l’accesso umanitario. Hanno bisogno di piani di pace a lungo termine. E devono sostenere la resilienza e la ripresa dei bambini. Il futuro di milioni di loro dipende da interventi immediati e tempestivi”, conclude.

Secondo una revisione dell’UNICEF degli ultimi dati disponibili e delle tendenze globali prevalenti, notiamo come, geopoliticamente parlando, il maggior numero di crimini contro i bambini è stato commesso nei Territori Palestinesi Occupati, seguono la Repubblica Democratica del Congo e la Somalia; ma non dimentichiamo le situazioni ucraine o altri stati storicamente e notoriamente a rischio nella tutela dei diritti dei bambini ( ad esempio lo Yemen, o la Siria: in questo grave contesto, si registra il secondo più alto tasso di reclutamento e utilizzo di bambine e bambini, con 1.301 casi segnalati: il dato peggiore mai toccato nel Paese e drammaticamente in crescita rispetto al 2016, quando erano 961).

Sempre secondo la stessa revisione, a essere colpiti sarebbero in modo particolare tutti quegli elementi fondamentali allo sviluppo del bambino: l’istruzione è stata gravemente interrotta nelle zone di conflitto. Più di 52 milioni di bambini nei paesi colpiti da conflitto si stima non frequentino le scuole. Anche la malnutrizione tra i bambini nelle zone di conflitto è aumentata a livelli allarmanti, e i conflitti stanno avendo effetti devastanti sull’accesso dei bambini ad assistenza sanitaria di base: circa il 40% dei bambini non vaccinati o sotto vaccinati vive in paesi che sono parzialmente o interamente colpiti da conflitto; anche le conseguenze sulla salute mentale dei bambini sono profonde.

Sembrano essere tanti numeri e dati ancora freddi, ma dobbiamo come al solito pensare che dietro questi numeri si nascondono persone vere, e nel caso oggi esaminato, bambini. Per paesi come i nostri che, anche se in sofferenza, riescono a garantire diritti basilari a tutti, appare assurdo non avere a disposizione il servizio all’istruzione primaria, a un’adeguata nutrizione o a un’assistenza sanitaria di base. Ma è ciò che accade giornalmente, e che continuerà ad accadere, se non si dovesse intervenire per fare qualcosa.

La società civile deve perciò sentire la profonda necessità di discutere in maniera assai profonda queste tematiche e vedere la necessità di intensificare le azioni globali volte a combattere le ripetute e varie violenze contro i bambini nei conflitti e, di conseguenza, a costruire loro un futuro più sicuro e protetto a livello globale. Le sfide che ci attendono paiono divenire esponenzialmente sempre più complesse e pericolose, e il lavoro cooperativo fra realtà che potrebbero sembrare inizialmente distanti risulta essere fondamentale per raggiungere un risultato sul lungo periodo. Sul breve periodo, per far fronte all’emergenza, è indispensabile provvedere alla costituzione o al mantenimento di presidi sanitari ed educativi fondamentali alla crescita del bambino, e in questo è richiesto il sostegno della comunità internazionale tutta. Non rimaniamo indifferenti. Una comunità che non tutela i suoi bambini, è una comunità che crede ingenuamente di potersi privare del proprio futuro.

Autore

Alessandro Ebreo è nato ad Avellino il 30 agosto del 2007. Frequenta il Liceo Classico "Rinaldo d'Aquino" di Montella e il corso di pianoforte al conservatorio "Domenico Cimarosa" di Avellino, esibendosi, in varie occasioni, in ambito accademico. Nel 2023, esordisce come cantante nell'opera lirica "Il barbiere di Siviglia" con l' Orchestra Filarmonica di Benevento. In ambito letterario, un suo componimento poetico, dal titolo "Sacrificio", è stato pubblicato, nel 2023, dalla casa editrice "Delta 3 edizioni", nella raccolta "Parole di legalità". Nel 2024, è risultato secondo classificato al "Premio Ginestra" con un elaborato sul tema della violenza di genere, dal titolo "Il posto che mi spetta".