C’era una volta … “la nostra Wardia bella”, un autentico gioiello urbano, che veniva indicata dagli abitanti dei paesi limitrofi come “la piccola America” per indicare la ricchezza che aveva sempre caratterizzato la borghesia di Guardia Sanframondi che sotto il dominio dei Sanframondo (una famiglia, legata ai re Angioini, che a partire da Raone signoreggiò le nostre contrade a partire dal 1138 al 1461) visse un periodo d’oro caratterizzato dallo sviluppo dell’allevamento del bestiame, del commercio della lana, dell’industria del cuoio e i cittadini non soffocati da eccessive gabelle, vissero in un clima di agiatezza raggiungendo un discreto grado di prosperità. Una prosperità che, in qualche modo, aveva dato vita ad una peculiare struttura urbanistica che il prof. Raffaello Causa in occasione dell’inaugurazione del “Museo degli argenti” realizzato, nel 1979, dalla Soprintendenza per i Beni Artistici della Campania, definì: “Straordinaria gemma del Sud”.
Oggi, la “Wardia bella” è diventata un “comune marginale” e cioè, da punto di riferimento della Valle telesina è finita nell’elenco dei Comuni italiani in condizioni particolarmente svantaggiate, con un tasso di crescita della popolazione negativo sia nel lungo sia nel breve periodo con indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM) superiore alla media e con un livello di redditi della popolazione residente inferiore alla media nazionale.
Alla faccia del “Rinascimento guardiese” sbandierato negli ultimi decenni da governanti incapaci di saper guardare più lontano della prossima campagna elettorale …
Guardia si inerpica intorno al suo Castello che si erge maestoso sulla cima di un modesto rialzo, avamposto collinare del Matese in terra Sannita. Ed è perciò che l’insieme della struttura urbana caratterizzata da anelli concentrici intorno al Castello evidenzia un’armonia spaziale tutta originale. Le vie strette del cuore antico diventano cunicoli di un ventre urbano scavato nelle pietre e dalle pietre protetto.
WARDA, WARDIA, WALD, GUALDY, -bosco riservato per la caccia del principe- o semplicemente posto di vedetta, sentinella naturale della zona.
Nel 1469 la comunità guardiese passò sotto la feudalità di Diomede Carafa di Maddaloni. Tempi tristi furono vissuti da questo popolo, “branco di pecore fra le zanne di lupi crudeli e spietati”, che erano gli amministratori dei Carafa.
Questi feudatari furono sempre lontani, fisicamente e politicamente, dalle esigenze dei loro sudditi e la loro avidità (sotto forma di tassazione) decretò la fine di un modello “industriale” caratterizzato dalla lavorazione di pellame.
Nonostante la “pena di vivere” sotto il dominio dissennato dei nuovi padroni, l’Universitas, cioè l’adunanza di tutti i cittadini del paese, riuscì a creare elementi di tutela degli interessi generali della collettività (Monte dei pegni, l’ospedale, ecc.).
Nell’anno 1806, l’abolizione della feudalità fece respirare alla gente un’atmosfera più generosa di libertà e i Guardiesi parteciparono con entusiasmo a tutti gli eventi di rinnovamento sociale e di grande appuntamenti della Storia, dalla Rivoluzione Francese alla Carboneria, dai Moti del 1848 all’Unità d’Italia. Dal dissolvimento del governo papale e tra gli entusiasmi delle garibaldine Camice Rosse, Guardia veniva inglobata nella Provincia di Benevento.
Oggi, la cittadina recita ancora un ruolo di un certo rilievo all’interno del panorama produttivo del territorio provinciale, sia per la produzione di pregiati vini, sia per le iniziative culturali di notevole respiro. A tal proposito, non posso non ricordare il ruolo di attrattore culturale svolto negli ultimi 10 anni dalla “Casa di Bacco” realizzata (senza alcun finanziamento e/o contributo pubblico) con l’unico scopo di promuovere e diffondere la cultura del vino attraverso il linguaggio dell’Arte.
Cultura del vino intesa non solo come cultura del territorio ma anche come strumento per recuperare il senso di appartenenza alle nostre radici giudaico-cristiane al fine di mantenere viva quella cristianità antica da cui l’Occidente è nato e di cui l’Occidente ancora oggi vive.
La memoria di questo popolo laborioso è conservata nelle chiese che costiuiscono veri e propri santuari dello spirito.
La chiesa di San Sebastiano Martire, si erge austera nella sua semplicità architettonica. Essa, come uno scrigno prezioso, conserva opere d’arte di notevole valore. Costruita su una primitiva cappella voluta dalla corporazione dei conciatori di “sòle”, cioè di pelle, la chiesa fu decorata dal Vaccaro, prestigioso artista napoletano del ‘700. Ma ciò che maggiormente colpisce, in questa chiesa dedicata a San Sebastiano, è l’abbondanza di pregevoli tele dipinte dal maestro Paolo De Matteis, discepolo di Luca Giordano. Senza dimenticare la bellissima scultura in argento realizzata da Gaetano Starace su disegno di Paolo De Matteis (poi trafugata e mai più ritrovata).
Il De Matteis, dopo l’esperienza artistica a Parigi, dove erano stati commissionati alcuni dipinti per la reggia di Versailles, venne a Guardia Sanframondi e dipinse tele su temi e personaggi religiosi, quali sa Giuliano, santa Agnese, La Sacra Famiglia e la Pietà.
Nella Volta della chiesa è raffigurata la gloria dell’Assunta. Nei riquadri sottostanti i quattro Evangelisti. Ai lati dell’Abside altre due tele, dello stesso autore, rappresentano San Sebastiano Curato e il Martire. La chiesa diventa così un originale spazio museale per il maestro napoletano del ‘700.
Nel cuore spirituale del centro storico, protetta da una folta presenza di case (tra cui il vecchio Municipio), si erge la chiesa dell’Annunziata, più conosciuta con il nome di AVE GRAZIA PLENA. Distrutta l’originaria struttura quattrocentesca dal catastrofico terremoto del 5 giugno 1688, che fece circa duemila vittime su 2800 abitanti, la chiesa fu ricostruita e consacrata nel 1780. I riquadri intagliati e dorati del soffitto ligneo ( restaurato, nell’anno 2000, dal Provveditorato alle Opere Pubbliche di Napoli su richiesta dell’Amministrazione guidata dal Sindaco Ceniccola e grazie ad una perizia predisposta a tempo di record ed a titolo gratuito dagli architetti Luigia Massarelli e Marisa Rubicondo coordinati dall’assessore arch. Giustino Garofano) danno all’edificio sacro un tono di delicata preziosità.
Sull’Altare Maggiore fa bella mostra di sé il dipinto dell’Annunciazione, altra pregevole opera di Paolo De Matteis.
La chiesa di San Rocco, dedicata al Santo protettore della peste e delle epidemie, con la sua struttura ottagonale posizionata fuori dalle mura urbiche, al di sopra delle abitazioni circostanti, ha una sua particolare attrattiva. Il raccoglimento silenzioso dell’edificio conserva l’arte, la storia e la fede di questa nostra laboriosa comunità. I tre altari contengono rispettivamente una tela, anche queste di Paolo De Matteris. La statua in argento del Santo è opera recente del maestro Ernesto Pengue, realizzata dopo il sacrilego furto dell’effigie antica da parte di ignoti ladri.
La chiesa di San Francesco (con l’annesso convento) risale al 1600. L’interno è arricchito da un coro ligneo delle congregazioni francescane. Oggi questa struttura, chiusa al pubblico, è stata in parte recuperata, nell’anno 2014, grazie ai fondi ricevuti dalla Regione Campania governata dal Presidente Caldoro.
Infine, non possiamo non fare una visita alla Basilica-Santuario dell’Assunta, a croce latina a tre navate, che ha un suo fascino per l’armoniosa fusione delle decorazioni che ne appesantiscono la struttura. Qui è accolta e venerata l’Assunta a cui i Guardiesi dedicano ogni 7 anni i MISTERI e i RITI PENITENZIALI.
L’importanza strategica di un tempo della nostra “Wardia bella” è testimoniata da Castello dei Sanframondo, riportato a nuove funzioni dopo il restauro realizzato negli anni ‘80.
Gli spazi recuperati, non offrendo più riparo dagli assalti di conquistatori e avventurieri, sono divenuti rifugio all’animo e alla mente, grazie alla bella sala convegni e alla sottostante sala in cui fu collocato, nell’anno 2001, il “Museo delle Farfalle” realizzato dall’amministrazione comunale grazie alla preziosa donazione dell’avvocato Pascasio Parente.
Il complesso architettonico diviene dunque spazio teatrale, musicale e struttura panoramica per godere di un ameno paesaggio.
Ma l’esperienza più esaltante che la comunità Guardiese offre a se stessa ed al mondo intero, sono i Riti penitenziali dell’Assunta, una corale e intensa manifestazione di fede.
Qui la penitenza viene vissuta drammaticamente, per vincere il fragoroso silenzio delle tempeste del cuore.
Un esercito di penitenti, detti “Disciplinanti” e “Battenti”, in saio bianco e con il volto coperto da un impenetrabile cappuccio, si flagella con catene le spalle e il petto con un cilicio di sughero con 33 penetranti spilli di acciaio.
Il giorno dell’Assunta, la fede e l’amore per l’umanità sofferente assumono le condizioni della mortificazione del corpo per l’esaltazione dello spirito attraverso l’annullamento del piacere.
In poche parole, ogni 7 anni, la nostra “Wardia bella” si carica sulle spalle tutti i peccati del mondo e con i suoi Riti diventa un patrimonio spirituale dell’umanità sofferente.
I misteri, nei loro quadri viventi, nell’attimo in cui atterriscono, esaltano la memoria storica. L’intensità spirituale della penitenza collettiva dei guardiesi si lega idealmente a San Pio, il Crocefisso vivente di Pietrelcina, e si inserisce nell’atmosfera di profondo misticismo che avvolge tutto il Sannio.