• 4 Luglio 2024
Editoriale

Le ambizioni della Cina nel Mediterraneo sono notevolmente cresciute negli ultimi anni, al punto tale da spostare l’asset atlantico e atlantista verso un fronte  politico e militare che si possa definire anti-Nato, infatti la supponente politica diplomatica posta in campo dal recente autoritarismo di governo cinese, sta implementando il ruolo della Cina al fine da accrescere la sua geopolitica non solo a scopi di una strategica e rinnovata visione energetica che la pone  pionieristicamente alla conquista del Nord Africa, con investimenti elevati, di intervento pubblico quanto da parte di multinazionali, che depauperano le risorse di territori, politicamente ed economicamente instabili, ma anche a fini di un rafforzato centralismo nello scacchiere mondiale, che resta ed è l’ambizione più ambita da una politica assolutamente motivata, a ridurre l’estensione europea e la sua sovranazionale sovranità nel Mediterraneo. La centralità europea, che geograficamente si affaccia nel mediterraneo, è un cruccio non di poco sentire, nelle strategie, della Cina e del nuovo blocco asiatico, la stessa Russia, da sempre ha fronteggiato politicamente la strategica estensione europea e la sua naturale posizione nel Mediterraneo, il casus belli della crisi Ucraina ne è sottilmente una contro prova che è sfociata in una guerra ancora irrisolta. Inoltre siamo assolutamente consapevoli, del controllo militare che la Russia esercita insieme alla Cina nel Mediterraneo, ma l’Europa deve restare ferma sulle posizioni economiche e cercare di contrastare gli ingenti investimenti cinesi, che puntano e aumentano disformemente, in molti settori anche manifatturieri, e in molte strutture strategiche come i porti, l’obiettivo cinesi si estende in notevoli partecipazioni portuali di interesse assolutamente preminente, Marsiglia, Valencia, Ambarli, Vado ligure, il Pireo, Porto Said, Marsaxlokk, Cherchell, Haifa, Istambul, tutte realtà che presentano un affaccio strategico e d’interesse economico notevole. La pirateria, economica cinese, ha assunto una forza finanziaria smisurata, che smuove la stessa Russia ad una alleanza strategica.

Le attività cinesi fronteggiano il Mediterraneo, dunque, sia sul fronte economico, produttivo, commerciale, e logistico, ma anche sul fronte militare, nel quale ambito la Cina sta professionalizzando le sue forze e le sue truppe per accrescere la sua potenza navale, le relazioni bilaterali si sono assolutamente intensificate nei confronti di numerosissimi paesi, tra cui l’Italia, con la quale ha sottoscritto una collaborazione di intesa attiva. Tuttavia, non possiamo riconoscere che la Cina stia mettendo in piedi una vera e propria strategia politica militare o militarizzante del Mediterraneo, volta ad ostacolare e fronteggiare intrinsecamente, le azioni o un reale dominio europeo, ne consegue che la vera azione cinese suole porsi prevalentemente su un piano di cooperazione commerciale, che coinvolge una serie selezionata di paesi in grado di dare una risposta positiva all’implementazione economica infrastrutturale di rilevanza strategica, nell’ambito energetico con l’intento di diversificare i paesi fornitori, e intensificare la cooperazione e collaborazione estrattiva e produttiva, per garantirsi un accesso sicuro e inflessibile nell’ambito dei mercati europei. Vero è che una potenza simile, con obiettivi simili riduce ed egemonizza l’efficacia e l’efficienza della politica di integrazione europea, che nel Mediterraneo tarda a dare risposte concrete, ancora ancorata a monopolizzare il mercato interno secondo patti di stabilità di bilancio che riportano ad una austerità passata, poco tendente ad una crescita e sviluppo della sovranità Europea. Infatti, solo di recente, nel consiglio europeo si parla di sovranità, una parola demonizzata per retaggi di sovranismo nazionale, il recupero del suo oggettivo ed intrinseco significato potrà consentire all’Europa una reale spinta ad una politica inclusiva ed integrata.  

L’ambizione cinese non è restrittiva, viaggia con una visione espansiva dell’economia e politica esterna, dove l’Europa mediterranea, funge da fine e strumento logistico, per un patrocinio cinese senza pari. La politica esterna, cinese, sembra apparentemente molto semplice sebbene articolata, essa infatti si basa, su semplici meccanismi di cooperazione, del tutto informali, come può essere l’iniziativa di collaborazione agricola lanciata nel 2013, con l’Italia, Grecia, Portogallo, Spagna, Cipro, Malta, obiettivo il semplice, il rafforzamento di un rinnovato piano agricolo, fonte di un rinnovato rapporto bilaterale, commerciale, produttivo nell’ambito europeo.

La Cina, nel Mediterraneo, ha assunto un ruolo strategico energetico, da un preminente punto di vista di scambio plurilaterale che non riguarda solo l’Europa meridionale, ma anche un evidente cooperazione con i paesi africani, e in particolare i paesi arabi, incentrando il suo interesse su uno sviluppo di cooperazione marittima, dal 2015 che opera e crea forum di cooperazione, volti a generare partenariati di cooperazione marittima globale, volti a infrastrutture  di scopo commerciale, portuale, turistico ed economie di pesca in genere, ma assolutamente determinando una posizione di rendita nei paesi di riferimento di hub energetico indiretto. L’epicentro restano le sovranità europee meridionali, sviluppando reti di trasporto, dipendenti. Pechino sta generando una progettazione geoeconomica con grandi snodi e collegamenti di rete portuali e infrastrutture di trasporto derivanti da ingenti investimenti finanziari, che collegheranno l’Europa meridionale all’Asia, e i paesi Nord Africani. Il Mediterraneo, europeo, resta un approdo naturale, che in un modus operandi strategico, da semplice economia e società complessa quale è la Cina, acquisisce un approdo imprescindibile, nel cuore del mar Mediterraneo, partendo già dall’hub del Pireo, controllata e gestito dalla Cina stessa, prediligendo un percorso marittimo ed escludendo la rotta dei Balcani, ritenuta politicamente ad alto rischio di instabilità anche economica.

Ne segue che i vantaggi, e la geo-efficienza, genera una rapidità, di azione commerciale e di collegamenti geografici, implementando una geopolitica energetica attraverso una strategica geo-economia di cooperazione, approfittando degli approdi e dei grandi corridoi ferroviari e marittimi europei, in sintesi, la Cina ambisce a dotare le filiere produttive, trans- europee, e gli snodi logistici industriali, attraverso accordi integrati che prediligono, porti per lo più italiani. Le prospettive, di sviluppo economiche sono, allettanti e promettenti, e la centralità dell’Italia crea grandi aspettative, in un futuro egemonizzato da un partenariato  inclusivo sebbene esclusivo.

La Cina resta uno dei principali consumatori di petrolio e di gas naturale al mondo, la sua frenetica e spasmodica tendenza ad assicurarsi una sicurezza energetica è comprensibile, e la sua politica estera integrata resta una potenziale egemonica di azione globale, volta alla conquista dei mercati globali ed esclusivi europei, escludendo un’interferenza americana, indebolendo una sua imperante posizione, nel Mediterraneo allargato. Una strategia, mirata ad  evitare che le azioni statunitensi, possano dominare lo scenario di riferimento, una strategia, che non è preminentemente considerata egemonica, ma di fatto lo è, se considerata anche in chiave difensiva, perché basata sull’uso della diplomazia contrattuale e commerciale, ma che comunque suole, orientare le potenti multinazionali cinesi a dominare il mercato di riferimento, gestendo non solo un egemonia di trasmissione energetica ma imponendo scambi, commerciali che favoriscono a livello di offerta globale, quella cinese, con una manodopera a costi ridotti, riciclaggio di risorse di scarto, ai margini della sostenibilità, del benessere planetario. Ormai siamo diventati dipendenti dal Made in China, poiché lo sconto delle merci cinesi o comunque delle merci la di cui delocalizzazione produttiva in Cina ha permesso la globalizzazione delle merci stesse, ed è divenuto, la base standardizzata del mercato globale, un contratto sociale che ha implementato il nostro potere di acquisto. Ma la nuova guerra tra l’Occidente e Pechino  sta spingendo a delocalizzare le fabbriche nei paesi emergenti come l’India e come il Vietnam, grandi colossi della tecnologia, vedi Apple e Samsung, dove però la forte corruzione democratica rende instabile le  loro economie di scala, ne segue, che la Cina finora fabbrica indiscussa dell’Occidente, cerca di diversificare i propri investimenti, puntando ad una egemonia politica  diplomatica che centralizza il suo potere economico con cooperazioni plurilaterali e guarda all’Europa mediterranea con grande interesse. Una sfida o un’opportunità? Resta considerare che un approccio così moltiplicatore di interessi di offshore strategico, non avrà una ricaduta nell’economia reale europea, l’assertività cinese è mirata ad annientare l’azione statunitense, al fine di non consentirle un’egemonia nel Mediterraneo sia in termini militari e di navigazione sia in termini geopolitici, ed economici. Questa sfida, la vincerà? coinvolgendo l’Europa? che comunque dovrà proteggere la sua sovranità evitando una dipendenza dalla Cina. Il cambiamento geopolitico, ha assunto un ruolo rilevante, nell’ambito dello scenario mondiale, l’Italia ne è uno dei protagonisti assolutamente eminenti e privilegiata non solo dalla sua posizione strategica nel mediterraneo, ma anche da una crescita evidente della sua industria manufatturiera e dalla capacità di riprogrammare senza subire una dimensione esterna fortemente legata ad una visone politica energetica del tutto autonoma e strategica e performante, oserei asserire trainante in un ambito Europeo mediterraneo. Quindi, la rinnovata politica italiana sebbene, si pone con un sentimento di rivalità atlantista nei confronti della Cina, altresì sceglierà in un momento di crisi energetico così incontrovertibile, di creare assolutamente una bilateralità di intesa produttiva con il pioneristico flusso dinamico cinese, al fine di mitigare egemonie di scala di non ritorno. La sovranità Europea, nascente dovrà altrettanto, imparando dagli errori del passato, e coniugando un’ascesa energetica strategica, di controbilanciare, a quanto ambisce la Cina, riducendo geograficamente gli approvvigionamenti dei valori energetici, e cercando di imporre una rinnovata posizione strategica che punta ad una visione politica lungimirante e di condivisione. L’offshore balance, come strategia rafforzata è il punto di snodo dell’implementazione tanto italiana quanto europea in un hub strategico di politiche energetiche rinnovabili, condiviso nel nord Africa in particolare, al fine di svuotare le pretese economiche delle multinazionali cinesi.                                    

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.