• 23 Febbraio 2025

Stamattina mi sono alzato con un motivetto che mi ronzava nella testa. Sarà capitato anche a voi: senza alcun motivo apparente – ma poi vai a sondare l’inconscio! – vi tormenta un ritornello, e magari non ne ricordate neppure il titolo e meno che mai tutte le strofe. A me è capitato con quello che poi ho individuato come un brano del Trio Lescano, “Camminando sotto la pioggia“, una canzoncina che cantava mia madre, mentre sbrigava le faccende di casa e io, con i miei pochi anni di allora, stavo ad ascoltarla.

Pubblicata nel 1942, quando le vicende belliche avevano già preso una piega sfavorevole alla nostra Italia e ai suoi alleati, questo brano precede di un decennio il più famoso film di Stanley Donen, “Cantando sotto la pioggia” che ne condivide – inconsapevolmente, credo – l’ottimismo pur nelle difficoltà. Certo, la canzone del Trio Lescano veniva diffusa dalle radio dell’epoca mentre la guerra era ancora in corso, con tutte le ristrettezze e le preoccupazioni del caso, mentre il film con Gene Kelly e Debbie Reynolds scaturisce da una cultura e da un popolo che la guerra l’ha appena vinta e conosce una gioiosa prosperità.

Ora, come ogni manifestazione dell’arte popolare, le canzoni esprimono lo spirito del tempo; mi pare perciò ancor più apprezzabile, nella semplicità del testo italiano, quello spirito leggero, capace di affrontare la povertà e perfino le tragedie del conflitto e di sperare nel domani, pur nel drammatico scenario dell’oggi: “Le gocce cadono ma che fa,/Se ci bagniamo un po’/Domani il sole ci potrà asciugar/Non si rovina il frac/Le scarpe fan cic ciac/Seguiam la strada del destin…“.

Versi di una semplicità in bilico fra la saggezza e la rassegnazione: quale sarebbe stato il futuro non già di un singolo o di una coppia d’innamorati, bensì quello di una nazione distrutta e umiliata dalla sconfitta e dilaniata da una guerra civile incombente? Nessuno poteva ipotizzarlo; eppure, proprio da quel motivetto, che usava la metafora della pioggia per alludere alla guerra e quella delle scarpe bucate per accennare alla povertà diffusa, spirava, perfino con i toni dell’allegria, una volontà collettiva di resistenza e ripresa che non ritroviamo nelle canzoni d’oggi.

E’ vero, torna a farsi sentire – sia pure in televisione – il fragore di conflitti lontani e avvertiamo come povertà incombente quella che negli anni del Trio Lescano sarebbe stata considerata un’auspicata prosperità; eppure i generi musicali in voga, neanche nei brani che cantano l’amore, sono intrisi di rimpianti, incertezze e noia; e non parliamo della volgarità e della violenza che trasudano dai versacci dei “trapper”, figli del nichilismo e della disperazione, ed è probabile che ce ne darà conferma l’imminente sagra sanremese. Insomma, lo spirito del nostro tempo sembra essere trasportato sulle nere nuvole di una tempesta incombente; e allora, impariamo a “camminare sotto la pioggia” in allegria, e viva il Trio Lescano, per l’energia che trasmetteva dietro versi di confortante banalità.

Autore

Nato a Napoli, vive a Roma, dove svolge un’intensa attività pubblicistica. Ha collaborato e collabora con diversi quotidiani e riviste, alcune delle quali ha contribuito a fondare. Ha pubblicato romanzi, poesie e saggi, l’ultimo dei quali, “Giornale di un viaggiatore ordinario” è stato pubblicato da Tabula fati (Chieti 2022).