Henry Kissinger definito “tessitore” della politica americana e anche di quella mondiale, “sostenitore” dell’arte del buon governo, diplomatico e statista ormai leggendario, oltre ché ultracentenario, che gli consente di incarnare una saggezza empirica, forgiata alla luce della storia del secondo Novecento, riesce in Leadership (Mondadori) , saggio politico e scientifico, ad emulare innovando, con un linguaggio semplice ed armonico, mai avulso dalla concretezza dei fatti storici enunciati e riportati con dovizia di eventi : sei personaggi che accredita e ed annovera, sei leader che hanno essi stessi reso omaggio con le loro storie al secolo passato, con i quali Kissinger, ha realmente interagito in ambito politico e collaborato per un disegno di buon governo sempre applicato con garbo e grande diplomazia.
Ogni tempo, ed ogni epoca, è l’espressione di un asset politico derivante dall’applicazione di una leadership, che ne disegna il futuro, avvalendosi degli insegnamenti del passato e decidendo per una intera comunità sociale, cercando di esserne l’espressione di maggiore fiducia, nonché il garante, evitando promesse e slogan propagandistici vuoti e impossibili da mantenere. Infatti, l’autore, di Leadership, cerca per ogni leader di fare un ritratto, che sia al contempo inedito, perché vicino ai suoi valori esplicitati nell’azione di buon governo, e al contempo mettendo in evidenza per ciascuno, le proficue strategie distintive. Strategie che non solo hanno rimarcato un carattere unico di ognuno, ma hanno rivalutato la loro immagine, in un’epoca storica di appartenenza, rilevante e difficile, per eventi e per situazione politica.
Gli spunti di riflessione, sono notevoli, prospettati magistralmente ma sempre emergenti da una lungimiranza politica degna di un grande statista quale è Henry Kissinger, altresì quale è stato nella sua versione di diplomatico americano, che gli ha permesso di sovraintendere personalmente a pagine di storia, firmate dal suo garbo ed elegante proponimento diplomatico, che hanno consentito di disegnare un percorso politico dell’America e dei popoli, destinazioni e visioni ricche di benessere ma anche di speranza e di pace. Allorché, stranamente, l’autore, inconsapevolmente, nel tracciare questi inediti ritratti di una politica mondiale, fa emergere la sua ragionevole storia di grande uomo, che ha saputo condurre trattative e questioni alla stregua di una ragion di stato pregna di buon senso. Il tratto distintivo che emerge e si sei illuminanti strateghi globali che hanno segnato la storia di fine secolo, ma anche un filo conduttore che è stato eccellentemente, perseguito da Kissinger nelle iterazioni politiche più complesse e con il massimo dei risultati.
È una lettura che si esplicita con avvincente chiarezza, resa intrigante ed interessante dal ricorso a dei flash storici documentati con precisone, e senza alterazione degli eventi , perché non commentati dall’autore ma riportati per dovere di cronaca storica e politica, infatti la documentazione nasce sì da supporti e documenti reali ma anche dalle sue innumerevoli missioni, che lo hanno visto un determinante ed invisibile giocatore, che ha catalizzato il processo storico, senza comparire nei risultati finali.
Il primo esempio di strategia e di leadership, è Konrad Adenauer che seppe riportare, dopo la Seconda guerra mondiale, la Germania, uscente dal conflitto mondiale, sconfitta e distrutta non solo moralmente e politicamente, nell’ambito della comunità delle nazioni, con una strategia che Kissinger, chiama “strategia dell’umiltà”. La Germania recava sulle spalle, il peso schiacciante della sconfitta, e dopo un processo storico e di istituzioni, di governo ingombranti, come quella totalitaria di Hitler, Adenauer per il suo semplice passato di amministratore si vide assegnato un ruolo che richiedeva una consapevole umiltà, per gestire la resa incondizionata e la forza morale di riportare il paese in una posizione internazionale di riconquista, fra le democrazie emergenti. Egli fu umile ed audace contemporaneamente, grazie anche ai suoi trascorsi di vita, che Kissinger menziona, evidenziando un’educazione severa e responsabile e un profilo professionale concreto e una con cognizione di responsabilità sociale, derivante appunto da un substrato educativo poco edulcorato. Infatti, egli auspicò, e sperimentò per la Germania un futuro che avrebbe permesso al popolo tedesco il raggiungimento della piena libertà, fece sempre appello al rispetto e alla generosità dei vincitori, nonché ad una concezione inedita di un Europa federata, alla quale, puntualizza l’autore, legava idealmente, le sorti della nuova Germania.
Il secondo esempio messo in evidenza da Kissinger è Charles de Gaulle, anch’egli portatore di gloria, e restitutore alla sua patria della sua storica grandeur, che Kissinger snocciola come una grande sensibilità, personaggio di statura altresì mondiale, servitore anch’egli dello stato, donò credibilità alla Francia, sulla scena internazionale. Molti politici, storici e sagisti hanno narrato di De Gaulle, ma pochi hanno saputo coglierne un’essenza politica e sagace quanto Kissinger, che parimenti ha visto e esaltato le sue qualità in una “strategia della volontà” di cambiare le sorti della storia nel corso degli eventi, ed evitare derive e azioni peggiorative, per De Gaulle la politica non era, afferma Kissinger, l’arte del possibile, ma un esercizio di volontà. La volontà, di cambiare il corso della storia, che raramente emerge da un percorso lineare, la sua autorevolezza, e forse visionarietà in un patriottismo senza pari , eccezionale, lo spinsero oltre misura ad inneggiare idee, che hanno reso possibile l’ancien regime, il suo legame con Adenauer, non solo politico ma di stima profonda, lo rese l’antesignano di una federazione europea di patrie nonché evidenzia Kissinger, un convinto neo atlantista fautore di un Europa scevra da individualismi e conflitti.
Questi due grandi strateghi Adenauer e De Gaulle, vengono consegnati alla storia, anche per le loro sensibilità e debolezze, per le loro emozioni, forti ma mai inutili, semplici ma umane, Kissinger espone le loro azioni umili, e gloriose degne di una grande volontà, ma evidenzia altresì che la loro immagine apparentemente impenetrabile, rispecchiava e nascondeva una delicatezza umile per il primo, e di estremo riserbo emotivo per il secondo, Kissinger in altre parole non dimentica mai la loro umanità dalla quale è dipesa gran parte della loro grandezza.
Ma il personaggio che Kissinger espone con dovizia di intenti, è assolutamente Nixon, facendo appello agli otto anni di memorie a missioni personali, grazie alla sua presenza alla Casa Bianca, che gli hanno consentito di mettere in evidenza la peculiarità di Nixon, politico di una grande “strategia di equilibrio”, infatti egli introdusse in politica estera l’idea rooseveltiana di equilibrio di potere. Theodore Roosevelt, evidenzia Kissinger, riteneva che gli interessi nazionali fossero l’obiettivo della strategia di equilibrio e della politica estera americana, quindi, è compito dello statista dirigere e gestire le differenze, mitigare le contradizioni, e consentire un sistema fluido di equilibrio in movimento, che consentisse alla politica nazionale di partecipare diplomaticamente, ovunque a livello internazionale se si fosse rivelato necessario. Abbandonare una simile direttiva strategica, secondo una visione di Nixon, avrebbe determinato il caos, infatti, diete seguito dopo il suo primo insediamento alla “nuova era di negoziati” diplomatici, con ruoli politici, economici, militari ed ideologici nonché logistici. La presenza di Kissinger, relegò il Presidente Nixon a ruolo di comprimario, perché la capacità diplomatica di Kissinger surclassò l’immagine del presidente sebbene ingombrante e dominò la scena politica e diplomatica internazionale, ma questo aspetto non è messo in luce dall’autore che giammai parla di sé e delle sue vestigia di stratega e tessitore. Da notare che l’autore propone e valorizza l’intento strategico di Nixon di riequilibrare l’unità europea, al fine di mantenere la cooperazione tra gli alleati europei, e il legame atlantico come elemento di coesione e rinsaldare in una politica estera di maggiore alleanza e unità europea. Quest’ultimo elemento fa di Nixon un precursore dei rapporti di riferimento filo atlantisti, che saranno solo oggi ripresi dallo stesso Kissinger per recuperare una funzione europea mai sospita di ponte e pacificazione, filo-Russa e cinese.
Ovviamente grazie all’autore, possiamo in queste pagine ripercorrere quelle storiche motivazioni, fatte di avvenimenti cruciali, che hanno reso possibile passaggi critici e duri, per giungere ai nostri giorni in un’armonia di intenti. Infatti, non dimentichiamo che grazie al ruolo di Kissinger consigliere per la sicurezza nazionale americana, e grazie alla strategia di equilibrio improntata da Nixon, si partecipò al disimpegno dalla guerra del Vietnam che fu possibile grazie ad un coraggioso tentativo di relazione ricostruite con la Cina.
Ovviamente tra i personaggi politici della strategia, non poteva mancare, Anwar Sadat, che dopo venticinque anni di guerra, rese possibile la pace in Medio Oriente, con la “strategia del superamento” dei contrasti, una sorta di supremazia diplomatica basata appunto sui superamenti delle visioni contrastanti al fine di pacificare gli animi e i popoli. Anche Sadat, rientra tra i leader che cercano di portare il proprio popolo, in una visone futura di benessere reale, uomo solitario, descritto con grande sensibilità dall’autore, riuscì però a non essere un isolazionista, e nel rispetto dei suoi predecessori, portò l’Egitto in una posizione di pacificazione e non di contrasto con la super potenza russa, dimostrando la sua sostanziale autonomia che si poneva non come indipendenza rivoluzionaria ma distintiva e chiarificatrice delle posizioni contrastanti. Egli dice Kissinger è noto soprattutto per il trattato di pace fra Israele ed Egitto, che portò un cambiamento storico nell’identità del paese e sulla scena internazionale, e nel nuovo ordine del Medio Oriente e come contributo alla pace mondiale.
Resta da non sottovalutare la strategia dell’eccellenza, applicata e promossa da Lee Kuan Yen, a Singapore, che ha reso possibile una potente città stato. Lee di origini non elitarie, ma grazie a eccellenti studi occidentali, rientrò, e comprese la complessità della politica applicata all’economia, in un periodo in cui Singapore necessitava di una svolta epocale, la depressione urbanistica e la corruzione dei politici lo spinsero a rientrare e formare un Partito d’Azione Popolare, che dalla attività forense lo spinse nel giro di un quinquennio ai massimi vertici e ribaltare le sorti economiche e politiche dell’isola. Riuscì a capitalizzare la sua genialità politica e sue conoscenze economiche e giuridiche e trasformò Singapore in una società prospera e di eccellenza. Eliminò la corruzione e pose l’accento sulla qualità della vita urbana e sociale, oltre che economica. L’esposizione, dell’autore, evidenzia un chiaro senso di ammirazione per Lee e per la sua performance politica non puramente diplomatica ma concreta, una controrivoluzione economica, urbana, politica fondata sull’eccellenza e su un pensiero aperto a prospettive con una visione innovante, futuribile che ancora oggi persiste.
Kissinger coglie queste performance strategiche e le espone con una narrativa fatta di contenuti documentati e attendibili, dove la chiarezza dell’esposizione si sposa molto bene con il suo buon senso analitico mai invadente e sempre realistico, consapevole della grandezza dei personaggi, e della loro capacità di essere entrati nella storia dei loro popoli, suscitando rispetto e ammirazione che ancora oggi permane.
Ma la vera protagonista, resta, Margaret Thatcher, la stratega della determinazione, un leader dal successo inatteso, che nessuno si aspettava, e come afferma Kissinger, “Una leader decisamente inattesa”, aveva strappato con fatica il controllo del partito conservatore, non aveva praticamente consensi né nell’ambito sociale né godeva di precedenti di nota dal punto di vista di azioni di governo, in altre parole aveva solo una “quota risicata di capitale politico”, prima donna premier tra i pochi leader conservatori, non proveniente da una classe elitaria, ovvero un outsider da ogni punto di vista. Ma un personaggio concreto, e Kissinger coglie ed esprime la sua attitudine naturale alla leadership derivante da un coraggio politico non indicativo, ma realistico costruire le condizioni che le consentivano di mettere in pratica i suoi obiettivi. Una leader di ferro con un coraggio da leonessa indiscussa, la Thatcher sfidò e vinse Edward Heath, alla guida del partito conservatore, in un sistema di potere anglosassone dove la fusione tra il potere legislativo ed esecutivo, determinano una fragilità della leadership che può in ogni circostanza essere sfiduciata dal parlamento o da un ammutinamento delle file del partito. Anche, la Thatcher, evidenzia l’autore fu un atlantista convinta, mossa da un ferreo anticomunismo, riposizionò la Gran Bretagna in un o scenario europeo, e fu pronta e determinata a combattere l’espansionismo sovietico, che riteneva una seria minaccia per l’Occidente, sostenitrice autentica di una democrazia liberale che riteneva assolutamente e moralmente superiore, al punto da farsi paladina della libertà. Kissinger puntualizza che sebbene, ella è ricordata per la sua determinata azione politica internazionale, in patria viene scelta e confermata imperitura nel tempo per le sue assertive riforme economiche, risoluta, e determinata, nell’aumento dei tassi di interesse diete una spinta alla disinflazione, perché riteneva l’inflazione una nemica nazionale della disoccupazione. La sua concretezza nel raggiungere gli obiettivi, la videro in una posizione di grande riformista. La sua flessibilità indiscussa nei molteplici negoziati esteri, e nelle posizioni di crisi più disparate la predispongono in maniera naturale ad una determinazione indiscussa, tale da annoverare la sua leadership tra le più esemplari, mai dispotica, benché una combattente convinta e assertiva della libertà e garante della prosperità e benessere economico in ogni dove.
Tutti e sei i leader descritti con grande capacità, seppero essere audaci e assertori convinti delle loro idee al punto tale da non indietreggiare mai, nemmeno nelle difficoltà, agirono in maniera risoluta sia su questioni di estrema importanza nazionale, e sia sulle questioni internazionali. La grande leadership deriva infatti, come Kissinger sostiene, dall’incontro fra il duttile e l’immateriale, fra ciò che è dato e ciò che è esercitato. In altri termini da una commistione umana di attitudini e carattere che va affinato nel tempo ma sorge pur sempre da un’innata e naturale predisposizione, in un dato ruolo in un dato momento storico.