Vandalismo. Una sorta di epidemia che si sta diffondendo nelle maggiori città d’arte italiane, ma anche i piccoli centri storici spesso cominciano a farne le spese. Gruppi di idioti, per lo più disorganizzati, che agiscono cioè senza coordinamento alcuno, in nome del clima per il quale dicono di battersi, non esitano a devastare monumenti di pregio per mostrare la loro imbecillità piuttosto che la presunta motivazione ambientalista alla quale dicono di ispirarsi. E così, nelle scorse settimane, prima sui muri della facciata di Palazzo Vecchio a Firenze, poi sul monumento a Vittorio Emanuele II a Milano, infine alla Barcaccia del Bernini in piazza di Spagna a Roma, esponenti di un sedicente movimento ambientalista impegnato nella lotta alla presunta inerzia delle classi governative verso il cambiamento climatico e contro chi utilizza i combustili fossili, li hanno sfregiati, deturpati, fortunatamente non in maniera tale da rendere indelebili i materiali usati.
Nella vasca del Seicento a piazza di Spagna sono stati gettati tre bustoni di carbone vegetale liquido, annerendo in pochi secondi l’acqua della fontana. Tre di questi delinquenti – Stefano Pompili, Bruno Cappelli e Chloé Bertini, di 53, 29 e 24 anni, con precedenti specifici (il secondo pugliese, gli altri due romani) – sono stati denunciati per il maltrattamento subito da beni culturali e per resistenza a pubblici ufficiali, oltre ad essere multati e “guadagnarsi” un daspo di 48 ore da piazza di Spagna. Troppo poco: una multa di 1500 euro non vale il danno arrecato, né tantomeno la ripulitura e l’opera di ripristino del pregevole monumento. Così com’è la breve inibizione ad avvicinarsi al luogo del misfatto non può davvero considerarsi soddisfacente.
Il problema, posto da due ministri con vigore, è quello di inasprire le sanzioni e di attuare una maggiore vigilanza nei confronti di questi veri e propri vandali che incuranti della bellezza, per protagonismo o soltanto per imbecillità si dedicano ad azioni che nella loro mente distorta dovrebbero sensibilizzare la popolazione ed i governanti intorno ai temi climatici ed ambientali, neppure sospettando che l’arte è parte integrante dell’ambiente stesso che loro, volgari mentecatti, vorrebbero “proteggere”.
C’è qualcosa di malato nello pseudo ecologismo che muove giovanotti ignoranti e volgari a deturpare siti e monumenti di pregio. Esibizionismo? Può darsi. Come è possibile che si tratti di un malinteso senso della rivolta contro tutto ciò che attiene alla sfera del bello e che soltanto sfregiandolo una battaglia può dirsi se non vinta quanto meno sulla buona strada per esserlo.
All’attacco portato all’arte c’è da aggiungere lo schifo, altrettanto vandalico, che accende il disgusto dei cittadini normali davanti a chilometri di muri delle grandi e piccole città sui quali ebeti graffitari si esercitano di notte imbrattandoli unitamente a portoni e saracinesche dei negozi. Che cosa vogliano dire, non lo abbiamo mai capito. Sono comunque espressioni di disturbi psichici, nella migliore delle ipotesi, privi di messaggi comprensibili che danneggiano i manufatti e rendono invivibili e sporche le città.
A questo va poi aggiunto, se vogliamo dirla tutta, che l’incuria pubblica perfino dei centri cittadini fa ormai parte del paesaggio urbano. Vere e proprie savane crescono tra marciapiedi e rotonde, cespugli erbosi s’inerpicano sui muri fino ai piani abitati. E di questo non possono essere accusati vandali ordinari, ma amministratori che poco o nulla fanno per rendere dignitose le nostre città.