• 4 Dicembre 2024
Editoriale

Un enorme interesse sociale pone l’accento dell’attuale crisi economica sul tema del debito, sia che esso di natura individuale, quindi privato, o di natura collettiva, quindi per lo più pubblico, nonché appartenente alle famiglie, agli Stati, agli enti locali amministrativi e non solo e alle imprese, poiché, il debito sfocia comunque, con l’avanzare del tempo in una stretta interrelazione economica, politica e sociale, delle parti attrici nell’ambito sovrano e sovrannazionale europeo.

Notevole è la sua influenza sulla sovranità degli Stati membri all’interno del mercato globale, ovviamente in relazione ai comportamenti di consumo, fiscali, ambientali ed economici in generale, determinando ingenti apporti di spesa pubblica e privata, e di bilancio con un elevato disavanzo sulla bilancia commerciale e surplus di deficit pubblico.

Certamente l’indebitamento sociale in genere subisce, differenziazioni di competitività, divergenti forme di concorrenza, e indiscusse influenze di sopraffazioni commerciali, che contribuiscono in maniera anche talvolta malavitosa alla formazione del debito europeo, con evidente mancanza di univocità politica nell’azione europea.

I comportamenti sia corretti che malavitosi hanno un peso compensativo, in uno Stato, e per la dinamicità complessa dei fenomeni economici, commerciali, e fiscali, a tal punto che intere Nazioni subiscono derive deficitarie e il massimo dell’esposizione all’indebitamento sociale e pubblico.

Infatti le ricompensazioni e le ricompattazioni del debito così precostituito, devono essere sviluppate su criteri giuridici unitari di solvenza affinché il debito europeo divenga credito soluto.

Nel corso dei secoli, si è per suddetti motivi, evoluta la dinamicità degli scambi e dei relativi mezzi di pagamento.

Attualmente le tecnologie hanno inteso smaterializzare i predisposti mezzi di pagamento verso la gestione on-line degli stessi, tramite conto corrente e acquisto di beni e servizi direttamente sul web.

Ciò sembra facilitare e ridurre le distanze tra produttore e consumatore in ogni settore e comparto dell’economia, lo sviluppo della “monetica”, ovvero degli strumenti informatici e telematici e la “digitalizzazione”, svincolano il denaro, rubando al concetto di moneta la sua fisicità classica. Riducendo sempre più la formazione di valore reale, della stessa ad ogni passaggio e transazione di denaro, erodendo non solo il potere di acquisto ma anche il suo valore/consumo, verso un debito comunitario sovrano, ovvero appartenente unitamente a tutti gli Stati membri, diventando sempre più moneta/debito.

Orbene la digitalizzazione, sta sempre più producendo, un gap di indebitamento negativo proprio tra la classe media, dei piccoli risparmiatori, infatti il debito delle famiglie cresce notevolmente anche negli Stati membri economicamente più virtuosi, tale da indurre una crisi latente del commercio e dei suoi indotti.

Tuttavia anche se il debito privato, talvolta risulta essere basso, questi è scompensato dall’evasione fiscale che crea insostenibilità sul debito pubblico, e induce la governance a generare maggiori aumenti di tasse su di un piano progressivo impositivo, o tagliare le spese pubbliche nelle manovre di bilancio.

Inoltre il modello economico contemporaneo, così strutturato, genera non solo congiunture economiche avverse, ma anche fenomeni finanziari speculativi, dove la vendita del denaro genera altresì crisi e forme creditizie poco disposti a migliorare il settore reale dell’economia.

In altre parole il declino prospiciente alla crisi del 2007, fece già percepire l’avanzare di un sistema economico basato sul debito, e poco avvezzo a confrontarsi con le dinamiche sociali, per trovare una perequazione predittiva, volta a convenire alle attese sociali e alle esigenze di consumo del sistema stesso sia in termini monetari che reali.

Hyman Philip Minsky, economista statunitense, post keynesiano, noto per la teoria “delle instabilità finanziarie e le cause delle crisi dei mercati”, esplicita e studia proprio le crisi dei fenomeni periodici nel capitalismo finanziario e della sua capacità di generare debito, sviluppando illusioni finanziarie nei mercati e bolle speculative endogene ai mercati in sé.

Hyman sostiene che molto spesso nei periodi di espansione, e di recupero di competitività, proprio quando il flusso di cassa delle imprese supera la quota necessaria per pagare i debiti, e lì che si sviluppa un’euforia speculativa. Ossia si genera un “displacement”, cioè uno “spiazzamento endogeno” rispetto al sistema macroeconomico, che spinge illusoriamente li attori a credere che vi saranno rialzi elevati nel valore delle loro attività.

Ne consegue un’espansione creditizia, euforicamente debitoria di base, che quando l’espansione dei prezzi termina, si corre alla vendita e al panico dei mercati, creando effetti negativi sull’economia reale. Questo fenomeno, in letteratura, detto “momento di Minsky”, genera un virtuosismo iniziale, ma va inevitabilmente a generare crisi, calo dei prezzi, dell’occupazione, insolvenza del debito da parte delle imprese, crollo degli investimenti privati, e così via, per esempio crisi dei mutui sub prime, ma tutto ciò crea anche instabilità politica e incertezza per il futuro, a causa di una mancanza di visione reale, verso una “dimensione esterna illusoria” della politica economica.

Quindi una società dei debiti, non è una società che può implementare necessariamente uno sviluppo, con stabilità di bilancio in una crescita resilente ed inclusiva, integrando ogni forma di fenomeno economico e tantomeno sviluppare competitività, innovazione e superamento delle dinamiche reali occupazionali.

Fu proprio Mario Draghi, economista italiano, ha delucidare il complesso rapporto fra il debito pubblico di una nazione ed il debito privato dei propri cittadini, in un articolo del Financial Times, nel 2020. Già all’epoca, Draghi commentava: che la risposta nazionale alla pandemia doveva comportare “un aumento significativo del debito pubblico – e che la perdita di reddito sostenuta dal settore privato- e qualsiasi debito accumulato per colmare il divario- deve alla fine essere assorbita, in tutto in parte, dai bilanci pubblici. Livelli di debito pubblico molto più elevati diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e saranno accompagnati dalla cancellazione del debito privato.” 

Infatti l’estensione verso i 350 miliardi di investimento, inerenti al programma di “competitività dei mercati”, proposto da Draghi, al Consiglio europeo, è necessario in quanto l’Europa deve riassorbire gli obblighi verso gli investitori che hanno sottoscritto e finanziato il debito pandemico. Quindi bisogna emettere un nuovo debito per estinguere il pregresso altrimenti l’Europa resta imbrigliata nelle obbligazioni di rimborso dei prestiti pandemici. La formazione di questo debito sovrannazionale sembra euforicamente e finanziariamente risolto, con la creazione di maggiore competitività altamente a rischio, benché i finanziamenti andranno restituiti tra il 2028 e il 2058.

La complessità del debito da contrarre, comprende le relazioni tra il disavanzo pubblico europeo, dei relativi Stati membri, e la dinamica dell’indebitamento privato, infatti se il debito pubblico cresce, con effetto monetario immediato, immettendo nel sistema una liquidità particolare, che per le imprese non comporta l’indebitamento bancario, le imprese stesse sono indotte a ridurre anche i loro debiti nei confronti delle banche qualora ci sono debiti pregressi.

In effetti, in tal caso il debito pubblico è in grado di riassorbire il debito privato, ma se esso diviene eccessivo comunque crea delle complessità a carico della collettività ecco perché il trattato di Maastricht nel 1992, ha fissato un limite al disavanzo pari al 3% del PIL. Ma finora in Europa le forme di investimento non sono state eccessive anche a causa del nanismo europeo per le tecnologie avanzate, e della possibilità di concedere prezzi al consumo accessibili.

E pertanto il rapporto di Draghi sembra sfumare o quantomeno visto le premesse del 2020, non essere convincente verso una competitività economica europea univoca e unitaria.

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.