BRICS è l’acronimo di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Raccoglie quelle che si possono considerare le cinque economie emergenti del pianeta, anche se in realtà queste non lo sono più, poiché oggi potenze economiche a tutti gli effetti. Da qualche anno l’Occidente a guida USA, appare demonizzare e svalutare oltre a formulare pregiudizi questo nuovo corso del tempo: In un report a cura dell’ISPI si legge:“Il forum BRICS è un’istituzione intergovernativa che, soprattutto alla luce del recente allargamento, raccoglie paesi per lo più estranei alla tradizione democratica. Ad eccezione di Brasile e Sudafrica, i paesi BRICS sono infatti tutti regimi autoritari in cui il pluralismo è del tutto assente o soggetto ai voleri del governo. Tra questi, ci sono sistemi a partito unico come la Cina, monarchie assolute come gli EAU, teocrazie come l’Iran, nonché paesi formalmente in guerra, come la Russia.”
A guardare il sistema finanziario ed economico occidentale appare che vi è ben poco di democratico, d’altronde la storia ci dice e dimostra che il commercio e gli affari di democratico non hanno assolutamente nulla, se non l’arricchimento di una parte a danno dell’altra. Tale incongruenza, se vogliamo chiamarla così, ha sempre convissuto con una sorta di bilancia sociale dove finché prezzi ed affari restavano in un certo limite economico le incongruenze non erano viste, cambiavano radicalmente quando l’aspetto del guadagno diveniva egemonico a favore del venditore quindi una forma quasi monopolica, caratteristica nello sviluppo storico delle economie. Un esempio è la guerra di Troia raccontata nell’Iliade, poema epico di Omero, dove la storia raccontata ruota intorno a vari personaggi e la guerra inizia per una questione di donne e amori. Ciò nel poema, nella realtà dei fatti fu l’egemonia economico-commerciale di Troia a spingere le altre città stato all’invasione. Storicamente si ipotizza, vi furono anche tentativi di accordi e proposte commerciali per suddividere il mercato ma che giunsero ad un nulla di fatto.
In tale rappresentazione si rispecchia l’attuale mondo economico commerciale, un Occidente a guida USA ma con questi di fatto dettante le regole, dalla parte opposta un raggruppamento di paesi i quali nonostante considerati per lo più estranei alla tradizione democratica hanno una mentalità economica e commerciale più democratica di quel che si immagina. Di fatto anche se in un sistema produttivo antiquato in fatto di norme e normative della quale ci sarebbe anche poco da dire se consideriamo lo stesso occidente di cinquanta anni fa, in questi e tra questi esiste una maggiore democrazia di guadagno dei singoli che non nelle cosiddette democrazie “riconosciute”.
Oltretutto il BRICS rappresenta metà della popolazione mondiale ed il 30% della superficie terrestre, ed i numeri potrebbero crescere ancora se si considera che al vertice di Johannesburg del 2023, sono stati 22 i paesi che hanno formalmente fatto richiesta di adesione: quattro di questi sono stati ufficialmente accolti, l’Arabia Saudita non ha ancora ufficialmente aderito, mentre l’Argentina ha ritrattato la propria adesione in seguito all’elezione a presidente di Javier Milei. Tra i possibili futuri membri ci sono Bolivia, Cuba e Venezuela dal Sudamerica, mentre dall’Asia hanno espresso interesse Indonesia, Thailandia e Vietnam. Dall’Africa, infine Algeria, Nigeria e Senegal. Si tratta per lo più di paesi con una forte crescita demografica e che esercitano una certa influenza sulle rispettive regioni geoeconomiche. Ciò significa che i numeri delle popolazioni che potranno essere coinvolte in futuro aumenteranno significativamente il peso sociale aumentandolo di circa un miliardo di persone senza contare il continente africano, il quale dopo i fatti politici dei vari paesi del Sahel che si sono distaccati dalle ingerenze indirette della Francia, inizia a guardare con molto interesse al BRICS.
In tal senso, la crescita del BRICS va intesa anche come una sfida ai valori occidentali portati avanti dagli USA, che oggi sono messi a dura prova da due guerre di dimensione regionale, quelle in Ucraina e nel Vicino Oriente, ma dalle conseguenze politiche globali. I valori su cui si è fondato l’ordine mondiale dal secondo dopoguerra sono oggi oggetto di accuse di doppi standard, dal momento che l’Occidente è stato tanto compatto nel condannare l’invasione russa dell’Ucraina, quanto immobile nell’adottare sanzioni contro Israele per la guerra a Gaza e per l’invasione del Libano. Un doppio standard di valori che, dal fronte BRICS, è stato formalmente denunciato con l’accusa di genocidio avanzata dal Sudafrica davanti alla Corte internazionale di giustizia.
Quella dei paesi BRICS non è una sfida di carattere esclusivamente politico o geopolitico, bensì risponde innanzitutto alla necessità di un organismo multilaterale che rifletta un blocco di paesi la cui crescita economica è costante. Se si considera la percentuale di PIL globale a parità di potere d’acquisto, dal 2018 i BRICS hanno superato i paesi del G7, con un valore che sfiora il 35% e un trend in crescita per i primi, mentre i secondi sono al 30% e in continuo declino. Che i BRICS non siano più semplici “economie emergenti” è quindi un dato di fatto. Nell’ottica di contrastare l’unipolarismo attuale, vi è stata la forte volontà di de-dollarizzare l’economia mondiale, tanto che Cina e Russia hanno da tempo iniziato ad usare valute diverse dal dollaro per gli scambi commerciali tra loro due, ma non solo. Iconico in merito fu il commento di Lula sulla questione: “Ogni notte mi chiedo perché tutti i paesi debbano basare il proprio commercio sul dollaro”.
Quale potrà essere il futuro economico del mondo è solo una questione di tempo, è probabile che si giungerà a due scelte per l’occidente, dove nella prima, in una forma insistente e perdente continuare sulla strada attuale o nella seconda adattarsi al nuovo corso del BRICS più altri, e giungere ad una visione multipolare, multiculturale e multietnica che si distacchi dal sistema di globalizzazione selvaggia che in nome dell’eguaglianza economica, per modo di dire, annulla le diversità culturali rendendo dipendenti di una uniformità. Il blocco BRICS offre di fatto il contrario, ovvero giustizia economica, conservazione dei valori culturali in una ottica di multiculturalismo e collaborazione nell’ottica che dal punto di vista economico commerciale c’è spazio per tutti, senza anarchia ed egemonia, in un mercato globale che ricorda in grande l’Europa commerciale dell’età del Bronzo. E forse nella visione culturale e storica di una Europa protostorica, sarebbe il caso che seguissimo quell’antico esempio che ci appartiene e non solo quello, pensiamo alla Venezia di Marco Polo, adattandoci e seguendo il corso della storia e dei nuovi tempi, distaccandoci oltremodo da una guida americana che culturalmente non ci appartiene e da cui anche economicamente possiamo ben insegnare le eguaglianze del mercato e delle economie. Ma questa è storia antica nel senso vero della parola ed all’Europa manca oggi la conoscenza, la cultura ed il coraggio di intraprendere una nuova strada e partecipare ad un nuovo corso della storia, il quale impiegherà certamente del tempo, ma sarà la nuova strada maestra del futuro.