Nella dimensione europea esterna, si coglie l’assenza di una concreta concezione condivisa della sovranità.
Nella fuga ideologica verso il sovranismo, pur essendo una categoria politica di rispetto, il vero significato di sovranità ha ceduto il passo ad uno scontro politico, che tende a limitare il riaffermarsi di nazionalismi sovrani, che la storia stessa ha reciso, per inseguire il futuro ideologico e superarlo nell’immaginario collettivo della sovranità delle nazioni europee.
La chiave di lettura della sovranità, resta un tema centrale, nella condivisione europea internazionale dei popoli e della loro autodeterminazione sovrana, per l’attuazione integra e geopolitica di una pragmatica politica di integrazione.
Un tema che spinge e stimola ad una volontà di ogni nazione, in qualità di Stato di essere sovrano all’interno della sovranazionalità europea, in “Un’idea si Stato più ampio” Robert Schumann, vero iniziatore ed architetto del progetto di integrazione europea, politico francese, dunque pioniere dell’UE, che nella sua dichiarazione del 9 maggio 1950 disse “L’Europa potrà, con mezzi accresciuti, perseguire la realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano. Così sarà attuata semplicemente ed in modo rapido, la fusione di interessi indispensabile alla formazione di una Comunità economica e più profonda tra Paesi per lungo tempo opposti da divisioni cruente.” Concretizza la possibilità di fare parte di unione ampia, di propagare la pace non solo in termini geografici ma assolutamente anche geopolitici ed economici, in qualità di fondatore di un Unione Europea ampia.
L’adesione volontaria e democratica, presuppone, infatti, una condivisione, della sovranità nazionale in cambio di cessioni di sovranità nazionali e di vantaggi implementati da una reale di cooperazione commerciale e politica.
Ma condivisione non significa rinuncia assoluta alle decisioni pragmatiche geopolitiche ed economiche della propria nazione, o cessione assoluta dei propri poteri sovrani, ansi vuol dire, non essere isolati, nello scacchiere internazionale, e non interporre un “Gigantismo europeo politico”, cedendo il fianco ad un “Nanismo nazionalista” di sovrana memoria.
Un insieme politico complesso, quale è l’Europa, e la sua Unione, può assumere una maggiore efficacia ed efficienza di soluzioni pragmatiche tra nazioni, se queste sono maturate insieme, nella difesa, nella politica fiscale, monetaria, immigratoria e commerciale, in una sorta di integrazione sostenuta dalla sovranità di ogni nazione.
In altre parole si concorre a sviluppare insieme delle priorità negoziali, cercando di non subordinare l’interesse sovranazionale a quello nazionale, ovvero cercando di far valere i propri interessi, l’Unione va a negoziare in forme bilaterali, frapponendo una sola voce, quella Europea.
Sembra assurdo ma nel paventare il potere contrattuale dell’Unione, si garantisce l’interesse sovrano di ciascun Stato, riuscendo ad ottenere risultati che isolatamente ciascun Stato non potrebbe raggiungere. “Nell’Eurozona servono nuove regole e più sovranità condivisa” afferma Mario Draghi, in un intervento sull’Economist on line, in qualità di consulente dell’UE, nonché ex Presidente della Bce, perché le sfide delle crisi in corso richiedono una maggiore sovranazionalità e ingenti investimenti.
Pertanto nell’esercizio di una “Sovranità europea condivisa”, si ottiene assolutamente l’interesse della sovranità nazionale singola, sia nell’ambito politico che commerciale ed economico.
Solo la grandezza di questa emulata condivisione rende l’Europa, un gigante geopolitico di non facile superamento globale, un “Insieme” che prescinde da un isolazionismo antieuropeo, dibattuto e allontanato ormai come spettro di divisione, economica e politica nell’Eurozona.
Non parliamo di una sovranità forte con imponenza geopolitica planetaria, con sfondo sovranista, ma parliamo di una visione gaullista delle Patrie, propugnata da Charles de Gaulle nel 1958, allora Presidente francese, un Europa nazione perché non dimentichiamo che quella Federale, fu bloccata nel 1954 con la CED (Comunità europea di difesa); e nel rigetto nel referendum che avrebbe dovuto ratificare la Costituzione europea redatta dalla Convenzione europea nel 2003, (il 29 maggio 2005).
Certamente possiamo spingerci in considerazioni identitarie poste in campo in tempi non lontani soffiate dalla Brexit, che ha indotto i britannici a riprendersi il controllo delle proprie decisioni e a non condividerle in ambito europeo e non solo. La verità resta in tal caso un eufemismo pragmatico, e i costi di una exit restano imputabili a chi li sostiene, e con esse le sue produttività e competitività non più integrate.
La convenienza economica è comunque sempre un propulsore di adesione europea e di condivisione politica, inoltre la vera sovranità dell’Unione non prescinde da una moneta unica e da una politica monetaria unica, e da una integrazione di sviluppo e crescita unica, che nonostante le difficoltà e il debito sovrano annesso ai vari Stati di riferimento si sta cercando di raggiungere, con costi paritetici, con fondi di coesione e condivisione volti ad investimenti plurimi.
Inoltre la massima realtà resta un conservatorismo garante di una legittima democrazia insita nel processo decisionale, dove non si prescinde dalla centralità del cittadino europeo, per assumere una protezione della sua libertà individuale, i suoi diritti, civili, sociali, ed economici fondanti e imprescindibili da uno Stato di diritto.
La sovranità dei cittadini, e il servizio democratico delle istituzioni, sono l’elemento, certo di una democrazia liberale di uno Stato o di una pluralità di Stati che cooperano, pertanto sarà opportuno evolvere la “Sovranità condivisa” verso una concezione concreta della sua evoluzione stessa, ovvero verso una stessa direzione di Stato, uno Stato nazione o confederazione di Stati. Al fine di non renderla indivisibile, e soggiogare ogni azione pubblica alla medesima causa che è della ragion di Stato condivisa.
La Sovranità europea così concepita, implica una conversione e scomposizione di attente competenze in una sola ed esclusiva decisione.
Il grande Continente, gigante economico di diversità culturali, condivise, riduce ad un sistema di conservatorismo classico della sovranità, in funzione di un riformismo progressivo della sua applicazione.
Infatti se siamo in grado di condividere in un asset classico, la sovranità nazionale, esplicitando quella europea, in una condivisione plurima, raggiungiamo una maggiore efficacia ed efficienza del potere della governance europea.
Perché così facendo trasliamo l’efficacia della attenzione delle decisioni dei singoli Stati, all’efficienza delle decisioni di essi, ovvero lo scioglimento tra sovranità nazionale, e sovranità europea, condivisa, diviene una perequazione di decisionale senza supremazia della prima sulla seconda.
Ogni Stato non è più necessario o sufficiente da solo, la sua efficacia politica si integra in quella europea, in una visione moderna di governance plurima di stampo liberale, che fu tipica dei padri fondatori europei.
La stessa pace mondiale, ripercorre e sub stanzia principi di condivisione globale al fine di scacciare pericoli di crisi e di degenerazioni belliche. L’Europa ha sempre posto in sé fin dai suoi albori la sfida di una società europea libera e pervasa dal benessere della pace, sia tra le sue nazioni storiche che nel mondo.
La sovranità serve infatti, a consentire all’Unione Europea, la possibilità di fare la differenza nel mondo, apportando una condivisione di “Volontà di pace”, base supponente del progetto Europa, condividere la sovranità consentirebbe, ad ogni area geopolitica di condividere la pace e la volontà di sostenerla nel tempo.
Infatti la “Carta” delle nazioni, all’art. 11 parla di: “limitazioni alla sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni” esprimendo un concetto aperto di sovranità come aveva auspicato Schuman, per procedere verso una forma più efficace ed efficiente e coesa di Unione.
“l’iniziatore dell’Europa politica, sostanzialmente fu Robert Schuman, che ha subito messo in luce la sua idea di un Europa di pace, diete un contributo costruttivo alla pace, la ricostruzione europea richiedeva, infatti, in occidente la realizzazione di uno Stato più ampio, sovranazionale vocato alla pace.” Maria Teresa Manuela Ruggieri in Europa Nazione, con prefazione di Gennaro Malgieri, Printed by Amazon.
I padri fondatori possedevano in Europa un intento federale che si è molto affievolito e con esso l’intento di pace, sfumando in una coesione di facciata.
È anche vero che fare la differenza presuppone rilevanza e autorevolezza politica e geopolitica, e talvolta l’Europa non ha autorevolezza a prescindere dalla sua condivisione o visione nel lungo periodo di una decisionale formazione cooperativistica che manca di una concreta leadership a cui fare riferimento, infatti il neoeletto Presidente americano, Trump, ha già salvaguardato di voler parlare con ogni capo di Stato europeo, per via di una carenza non solo simbolica ma concreta di un presidente eletto dal popolo europeo, un presidente garante della democrazia e con poteri certi. Non è saggio pervenire semplicemente a riunioni periodiche del Consiglio europeo che non è da solo il baluardo di una condivisone sovrana ma per lo più di una divisione.
Vi è bisogno di un interlocutore riconosciuto, eletto, che sappia gestire una sovranità condivisa, ciò è un indicibile falla nella sovranità europea, una considerevole mancanza democratica, una assenza di sovranità di fatto, in una dimensione europea esterna, ad essa, che già fu colta dallo stesso Alcide De Gasperi, che possiamo definire primo sovranista europeo, volto a concepire l’Europa con un progetto si solidale ma politico, con una forte istituzione sovranazionale, non solo con principi di sussidiarietà, ma con un bilancio comune e controllo politico comune e economia comune, un progetto che nel 1954 fu concepito in maniera embrionale, come Comunità Europea, partendo dalla CECA (Comunità economica del carbone e dell’acciaio), per addivenire ad una sovranità europea in ambito geopolitico.
Allontanarsi da una visione condivisa della sovranità, porterà sempre ad una divisione e nazionalismi feroci antieconomici, anti federali o con federali che siano. Per un controllo della situazione mondiale, e l’intrecciarsi della guerra in Ucraina e di Gaza, si deve pervenire ad un ripristino non solo della volontà e dell’autorità degli Stati Uniti, ma anche delle Nazioni Unite europee per determinare una pace duratura e riacquistare un ruolo internazionale oggi, purtroppo offuscato.