• 20 Ottobre 2024
Editoriale

La sovranità tecnologica abbraccia l’estensione e lo sviluppo della sovranità del mare, in una mobilità che riguarda non solo lo sviluppo tecnologico sostenibile per un turismo di qualità, ma anche l’industria cantieristica presente nel mar Mediterraneo.

L’esigenza di una concreta politica marittima, nasce e si integra in una Europa eccessivamente in ritardo, sulle possibilità del mare di generare una leadership dell’industria europea nell’ambito delle tecnologie marittime, infatti l’assenza totale di una strategia significativa nel settore, ha lasciato spazio alla Cina, senza varare la possibilità di un mercato non solo turistico fatto di grandi traffici e trasporti in ambito croceristico, ma ha consentito al sistema asiatico più avanzato del mondo di occupare con le sue multinazionali, nicchie di mercato e aree portuali di difficile recupero per lo più a carattere navale cantieristico e con scopo anche di difesa militare.

L’industria del mare resta di ampio respiro, e può generare un indotto manufatturiero notevole, sviluppando una sostenibilità e resilienza che non appartiene in primis solo all’Europa intera ma in particolare all’Italia, con la sua centralità geografica e geopolitica nel mar Mediterraneo.

La nascita del “Ministero del mare”, strumento poliedrico, crea una sovranità decisionale a livello nazionale che può riverberarsi sulle politiche europee ancora visibilmente arretrate sull’argomento in specie.

L’obiettivo primario resta il trasporto sostenibile, e il turismo delle grandi navi da crociera e militari, grandi comparti dell’economia italiana, con un indotto cantieristico di alta qualità, devono sviluppare una nuova tecnologia più altamente competitiva, per fronteggiare le nuove misure green europee. Ma la necessità emergente deriva dalla piovra cinese che negli anni ha divorato l’80 % delle commesse in merito, con l’avvento dei gruppi anche nipponici e coreani, riducendo la cantieristica della difesa in sofferenza e creando la volontà necessaria di un nuovo sviluppo. 

La cantieristica globale e in particolare europea, necessitano comunque di catene di approvvigionamento che su scala nazionale, impongono una reale autonomia strategica di spessore che auspicano prosperità all’intero comparto, spuntando una leadership marittima globale di valida competenza e competitività.

Ma la vera sovranità del mare non deriva dalla sua capacità di generare indotto e profitti, bisogna chiedersi quale sia la vera appartenenza del mare, bisogna chiedersi se il mare sia di tutti e se tutti possono sfruttarlo, o sia di nessuno o solo dello Stato frontaliero, in modo che la dinamicità e complessità del diritto della navigazione determina una interdisciplinarietà e una particolare evoluzione della materia sin dal 1982 ad oggi, ovvero dalla nascita della “ Convenzione delle Nazioni Unite, con il Diritto del mare”.

Infatti il mare pur consentendo l’accesso a tutti, riserva un uso diverso a seconda delle zone di riferimento, caratterizzate da un limite in base alle miglia nautiche definite dalla costa e regolamentate da divergenti obblighi, leggi, e regole. Tale da ridefinire la zona ZC Zona Contigua, la ZEE Zona Economica Esclusiva, il Mare Territoriale, Alto Mare e Area.

Queste distinzioni sono funzionali non solo per la sovranità dello Stato e dei sui cittadini, fungibile all’uso del mare stesso, ma anche per tutelare e regolamentare l’utilizzo delle risorse marine, per implementare le sfide in merito per una equa perequazione delle industrie del mare e contemporaneamente proteggere le biodiversità, il simbolo di un mare che vive una condizione di benessere e affonda le sue radici su criteri di negoziazione globale riguardante in particolare l’Alto mare.

Ma la sovranità così misurata induce a chiederci se il mare è libero, se il mare ha una reale sovranità scevra da limiti, confini, e tutele imposte.

Già nel 1609 Hugo Grotius, filosofo, teologo, politico e avvocato olandese, intervenne in difesa della libertà del mare, e scrisse il saggio “Mare liberum” ritenendo impossibile la sovranità degli Stati sulla libertà del mare, essenziale per la navigazione e il commercio in mare.

Oggi, la disciplina del diritto, resta ed è veramente convenzionale, impositiva e astringente non solo per il commercio, per il turismo, per la navigazione di ogni sorta ma anche per la pesca che viene limitata secondo il diritto nazionale, ma tenendo conto della normativa europea che resta imbrigliante per ogni iniziativa marittima e peschiera, al pari di una “mare agricolo” oggetto di coltura, precostituita e contingentata.

La misura della “regola del tiro del cannone” dal 1702, ha determinato i limiti convenzionali delle acque costiere e dell’Alto mare, ma oggi che le tecnologie si sono evolute, in particolare quelle belliche, si è ricorsi alla convenzione delle tre miglia, definite in primis da Galliani in “Diritto del mare in tempo di guerra” stabilendo così i circa 5.5 km dalla costa oltre i quali il diritto internazionale pone le sue regole.

La rivoluzione delle battaglie navali, sminuisce il concetto semantico della sovranità del mare, infatti siamo nell’era dei droni, e della tecnologia, una nuova sovranità bellica che rischia di sovrastare la libertà del mare e di ridimensionarne la sua sovranità internazionale.

Il tempo passato, ha visto il Mediterraneo, mare di approdi di ogni azione di guerra, appartenenti a flotte delle varie nazioni europee e non solo, conflitti di grande portata, assunti con l’uso strategico di navi da guerra, portaerei, sottomarini e l’uso di strategie e logistica di guerra, oggi la geo ingegneria, la geopolitica hanno reso dinamica la sovranità del mare, fulcro di crisi, ed in particolare nel Mare Nostrum.

Certamente le battaglie navali oggi implicano non solo una riduzione della libertà del mare, e del suo potere sovrano, gli attacchi tecnologicamente avanzati, ne riducono la capacità di sorveglianza e l’assenza e riduzione anche del potere militare, che diviene sempre più imprevedibile con implicazioni politiche ed economiche.

Pertanto il ridimensionamento della supremazia navale militare, cede la sponda ad un mare meno protetto, ma anche più rischioso, solo la necessità delle rotte artiche, intese come nuove rotte commerciali, e nuovi approdi di conquista cantieristica, influenzano ormai da tempo le relazioni internazionali.

In mare gestiamo molteplici estrazioni minerarie e di biocombustibili, necessari anche se siamo in Europa in transito per una transizione ecologica e ambientale rivoluzionaria, tutto ciò sospende e tiene appesa ad un filo la navigazione libera delle acque nazionali e internazionali, cedendo il passo a piattaforme estrattive di portata, e dimensioni notevoli. Ma anche aree galleggianti di rifiuti, che hanno reso il mare sovrano in senso negativo di una discarica a cielo aperto.

La clandestinità migratoria resta un ulteriore fonte di sottrazione della sovranità del mare, bagni di sangue e corpi inermi, non giustificano rotte bus di trafficanti senza coscienza, senza morale, sfruttatori di popoli in fuga dalla povertà, dalle calamità, e da vere soppressioni della libertà civile, religiosa, umana, in particolare dell’infanzia negata.

La sovranità del mare, non è inversamente proporzionale alla libertà di navigazione poiché quest’ultima è fonte di frode e contraffazione, incline ad una limitazione, che risente di una repentina globalizzazione, che ha coinvolto il mare, un tempo solcato da esploratori alla ricerca di nuovi continenti, oggi solcato da navi porta containers, che nascondono le nostre miserie, come traffici loschi, di ogni tipo, immondizie riciclate e quanto la nostra immaginazione non vuol misurare in una coscienza collettiva, svenduta al fast food, al fast fashion mode o brands, quanto di più becero un mondo senza confini non può più contenere.

Recuperare la sovranità del mare, ergo, va oltre i nostri limiti profittevoli, va oltre un’ economia senza morale, necessita di buon senso, di tutela oltre che di sviluppo e competitività.    

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.