• 21 Novembre 2024
Editoriale

In un divenire eracliteo i cambiamenti sono assolutamente possibili, che siano essi sociopolitici o socio economici, e l’America senza incorrere in un eterno ritorno nietzschiano, recupera un conservatorismo di classe tradizionale a protezione dei suoi valori mai svenduti in area democratica e conferma una vittoria trumpiana ineguagliabile, impareggiabile, mai vissuta nemmeno ai tempi di Nixon che presentò un programma anticomunista e conservatore.

Infatti dopo otto anni Donald Trump, stravince il secondo mandato alla Casa Bianca, con una agenda programmatica posta a rilancio dell’economia statunitense e non solo. E il magnate dei Bitcoin, Vance, e il tycoon americano Trump dell’economia, annientano la loro avversaria Kamala Harris, annullandola con un risultato eccellente, oltre il 62%, virando tra consensi ispanici, giovani, donne, mondo rurale e oltre a seconda dei vari Stati. Asfaltata  Kamala, non solo la sua dignità di democratica, ma evidenziando come un risultato così plebiscitario è sinonimo di un consenso popolare esteso anche laddove la Harris pensava impunemente, di essere forte, dimenticando la sua politica da radical chic, e l’inesistenza di una programmazione economica non solo nella sua propaganda di facciata ma anche nelle sue intenzioni di governo.

Trump fin dalle sue prime apparizioni abbandona un approccio ideologico e traduce la sua propaganda in competizione economica da porre in essere in America quanto in una dimensione strutturale esterna internazionale, la Harris figlia dell’amministrazione Biden era purtroppo in continuità con essa e con la sua ambiguità strategica sia strutturalmente che di fatto. Trump alza il livello della competizione, ovvero facendo un salto qualitativo nello scontro con Harris, che resta inconcludente relegata ai servizi sociali e agli orientamenti di genere ed etnici, di cui lei, risultati alla mano, oggi possiamo dire non ha colto il consenso infatti, né degli immigrati né delle minoranze falsamente meno protette dall’élite oligarchica democratica o dal ex presidente Obama.

L’evento elettorale offre , una analisi sociologica identitaria e culturale in termini di comunicazione politica, che non solo riflettono il momento storico e il contesto sociale americano, ma evidenziano, come il consenso intorno a Trump si sia ben delineato proprio grazie a fattori di rilevanza identitaria aiutati da una ben congeniata comunicazione politica, come ha teorizzato Emile Durkheim (sociologo e filosofo, francese ) “la coesione è sostenuta da una solidarietà sociale basata su valori condivisi e un’identità collettiva”.

Trump ha emulato valori tradizionali, patriottici, e un forte senso di attaccamento alla cultura americana, creando un senso di comunità e legittimando il suo potere carismatico, in tempi di cambiamento demografico e sociale, parlando direttamente al popolo, ha costruito e rafforzato la sua autenticità comunicativa. Come dice Pierre Bourdieu (sociologo, francese) nel concetto di “Capitale culturale” dove Trump ha saputo attingere, perché i gruppi minoritari marginalizzati rispetto all’élite si sono identificati, ha usato un linguaggio semplice e riconoscibile degno di un leader culturale. Inoltre ha sdoganato la minaccia dell’identità culturale, tipica del “Nazionalismo americano” in questo caso “difensivo” dei valori abbandonati da un’area democratica troppo fluida e che minacciava la coesione sociale dello stesso popolo americano.  

Resta la Haris un falso avversario che voleva cambiare l’America, terra di valore e sogno americano, con un eccesso di spesa pubblica. Mentre Trump fa della questione “Sicurezza e immigrazione” il tema centrale della sua comunicazione politica, dando priorità al controllo molto rigido che intende applicare, esponendo il concetto di Max Weber (sociologo, filosofo, economista tedesco) la “Minaccia esterna” che favorisce il senso di coesione dei gruppi sociali e la loro stabilità interna.

Inoltre Trump mantiene un profilo basso con una comunicazione social, bypassando la comunicazione tradizionale diretta all’élite sostenitrice di Kamala Haris e riduce così “Il rituale collettivo” come dice Durkhein a un dialogo non di opinione ma di valori, da seguire.

È evidente che Trump conquista l’America, e non solo, e sarà evidente che il gioco internazionale avrà un cambiamento di tendenza, negli equilibri mondiali dove gli effetti della nuova presidenza saranno resi evidenti a tutti, alla Cina, alla Russia, all’Ucraina, all’Iran, in un giro di assenzo senza diniego, che sovvertirà il destino politico e geopolitico mondiale, dove sia l’Italia che l’Europa, dovranno rapidamente coglierne i cambiamenti per semplificare i benefici senza subirne i costi.

Mark Twain, scrittore statunitense, scriveva che forse gli Stati Uniti eleggono: “Il miglior governo che i soldi possono comprare”, oggi è innegabile che la campagna elettorale è stata la più  costosa della storia americana, ma anche la più redditizia, infatti le scelte di campo trumpiane hanno già reso possibile un aumento evidente dei profitti di borsa americani, minori di quelli europei, indecisi sulla vittoria, perché l’istituzione di un fondo di circa 120 milioni di dollari, Super PAC, chiamato America Pac, un fondo che ha consentito di fare legittimamente ingenti donazioni ai candidati repubblicani, evitando estreme rendicontazioni, ha reso possibile una maggiorazione dei profitti in borsa.

Wall Street ha registrato nuovi record, con il Dow Jones aumento del 3.57%, il Nasdaq in crescita del del2.53%. La Tesla le cui azioni sono salite del 14,75% dimostrando la possibile crescita dei settori tech e dell’energia e di prospettive di deregolamentazione e incentivi fiscali.  

Un rilancio già evidente dell’economia finanziaria, con aumento dei valori anche dei Bitcoin, rompendo il muro del dollaro ed è un esempio di come cambierà l’America, ovvero, va verso un nuovo paradigma dell’economia che non è solo dell’alta finanza ma è anche economia reale, al fine di ridimensionare l’inflazione, infatti il rilancio dei tagli alle tasse, sarà un vero volano per le imprese americane, e non solo per la vicinanza con Elon Musk, e il suo big business, ma per una controvertibile deregulation che l’amministrazione Trump darà all’intero comparto economico, rendendo accentrate nel potere esecutivo anche le intenzioni della FED finora troppo autonome e relegate alle decisioni elitarie democratiche.

L’attuazione di una nuova politica monetaria, spinta da una potente deregolamentazione che nel lungo periodo implementerà con nuovi stimoli fiscali e nuove nomine istituzionali, nuovi tassi di interesse, una nuova crescita economica, una nuova rimonta.  

Il modello trumpiano nasce da una visione conservatrice dell’economia dove la salvaguardia e il protezionismo non deve essere, considerato una reductio fallace dei valori economici reali, poiché l’economia statunitense, sebbene subordinata ad un debito sovrano con la Cina, contratterà una sorta di bilateralismo commerciale, senza forme propagandistiche incontrovertibili come preannunciato nei dazi commerciali esteri. Non siamo nella fase della Brexit anglosassone, derivante da un accentramento decisionale, controllato, siamo in una fase pragmatica dell’economia Americana, dove prevarrà il buon senso, e il senso pratico delle decisioni economiche, con un progredire senza eguali dove il progresso che supera la realtà, crea una nuova crescita.

L’oligarchia democratica ha inteso perdurare un modello antieconomico, dove non si è colto un andamento dello sviluppo estremamente recessivo, legato formalmente anche ai tassi alti perdurati dalla Fed.

L’agenda di Trump punta infatti ad una riduzione massiccia e de-massificante della spesa pubblica, quanto meno in termini di crisi belliche e del loro sostanziale sostentamento monetario e finanziario, per contrastare l’inflazione e ridurre così del 15%, preannunciato, l’imposta sulle società che producono beni negli Stati Uniti. Un cambio di paradigma economico che non qualifica l’ordine mondiale e i suoi recuperati valori, ma che inverte la rotta economica produttiva e competitiva americana, già avanzata tecnologicamente e digitalmente, molto più di quella europea, che sta affrontando una recessione della domanda che si riversa anche in ambito strutturale.

La transizione green dell’amministrazione Biden sarà ridotta quanto basta, il “Inflation Reduction Act”, manifesto di sussidi per le tecnologie pulite, al fine di far marciare senza ostacoli l’industria americana, evitando criticità e crisi energetiche o siccità energetiche.  

Affronterà senza ostacoli anche le decisioni di imposta patrimoniale per redditi elevati e l’assunzione di extraprofitti, ma senza andare oltre o scendere nel merito di una economia complessa, quale è quella americana, è così evidente che il cambiamento americano è ormai in corso e il volano economico subirà una controtendenza non solo di facciata, perché parliamo di un fronte di inversione verso l’economia reale, verso il salario minimo , verso  un maggiore protezionismo dell’economia delle famiglie americane, di ogni sorta ed etnia, con un sostanziale credito di imposta per i neonati a rilancio positivo dell’inverno demografico.

Ma l’agenda Trump oltre a proteggere e rilanciare l’economia reale, punta al rilancio della politica antitrust in settori come l’energia, e settori aerospaziali ovviamente, nella ricerca scientifica e nel tech. 

La visione politica ed economica di Trump è chiara, non ha ambiguità per il futuro americano e le sue scelte decisionali indurranno l’Europa a correre per appianare le disparità competitive, il programma draghiano richiederà un’applicazione immediata senza indugio e senza indecisioni, per recuperare un eventuale gap disfunzionale strutturale già esistente.

Il Trump attuale è trionfale, ma più consapevole di fare la differenza a livello decisionale internazionale, il tycoon, il magnate, il ricco dei ricchi, in America, ma anche nel mondo con un socio di tutto rispetto, come Elon Mask che investe 180 milioni di dollari e che guadagna 13 miliardi di dollari il giorno dopo le elezioni, farà la differenza nella semplificazione del futuro americano nell’ambito economico non solo aerospaziale, ma anche sulla stessa democrazia statunitense, non dimentichiamo il valore di Elon e le sue aziende e l’uso dell’AI, e della loro influenza programmatica nell’ambito finanziario ed economico, e nell’asset di governance pubblico.

Certamente le conseguenze nell’ambito europeo saranno di difficili comprensioni, non ancora valutate o decongestionate, dopo lo choc della vittoria plebiscitaria di Trump, era evidente che per kamala Haris era una morte elettorale annunciata e ben organizzata, non solo per i milioni investiti dall’elettorato trumpiano, e per l’ausilio di Elon Mask, ma anche dal punto di vista prettamente politico.

Infatti le dimissioni del Ministro della Difesa di Netanyahu, Yoav Gallant, e quello iraniano Zafir nonché le dimissioni del Ministro della Finanze tedesco di Schultz , dovevano far presagire il ciclone Trump in arrivo, non solo nell’ambito dei borsini europei, che hanno subito un’inflessione negativa con i listini in rosso, ma anche dal punto di vista del cambiamento nello scacchiere politico mondiale, dove la fragile leadership, di Ursula Von Der Leyen, non ne ha ancora colto il significato intrinseco. Così Trump preannuncia che parlerà con il Presidente di ogni Stato europeo, elemento questo divisorio, e al contempo divisivo per una “Sovranità Europea Condivisa”, dove si dovrebbe giocare tutti per uno, e uno per tutti. Evidente che siamo in Europa anche in ritardo su la formazione di una governance pubblica, con un presidente unico, eletto dalla coscienza civica del popolo europeo, che possa fare da elemento garantista con il Presidente degli Stati Uniti di America per una politica estera unica e positiva.  

L’impreparazione politica europea a questa vittoria potrebbe costare molto all’Unione Europea , non solo in termini di difesa, ancora inesistente, perché abbandonata al suo destino, e tra gli Stati membri, si preannuncia la sottoscrizione per una piattaforma informatica di difesa spaziale, del costo di 500 miliardi di euro, per formattare uno scudo antinucleare, ma anche dal punto di vista commerciale per il protezionismo dei dazi solo forse propagandato dall’agenda Trump come una preventiva-contrattazione commerciale con l’asset commerciale europeo a contrasto dell’export cinese.    

Dunque se il futuro americano sarà estremamente positivo o predittivo e si preannuncia tale, il futuro europeo e mondiale è da predisporre in estrema urgenza perché Trump non avrà paura dell’opinione pubblica agirà a discapito della sua morale già in passato compromessa e mai annullata definitivamente, un gioco di scacchi, dove i consensi ormai acquisiti faciliteranno un processo economico in ascesa, dove pare che l’ultima mano, non spetta al resto del mondo, poco attenzionato ai cambiamenti implementati dalla AI. 

L’Europa potrebbe mostrarsi divisa per la crisi ucraina, israeliana e non solo, per la crisi energetica e per la transizione green, dove il ciclone Trump asfalterebbe con miliardi di dollari l’incapacità monetaria dell’eurozona, rendendola suddita non di un neo-atlantismo, ma di una rinnovata sovranità americana. I Brics hanno cercato di spostare l’asset mondiale, ma Trump, Vance, e Musk, potrebbero ricreare una nuova era dell’oro.

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.