• 21 Novembre 2024

Ancora oggi, se chiedi a un vecchio brasiliano chi è Pelé il vecchio si toglie il cappello in segno di ammirazione e di gratitudine. Ma se gli parli di Garrincha il vecchio chiede scusa, abbassa gli occhi e piange”.

E’ così che di solito dicono per far comprendere la grandezza di Manoel Francisco dos Santos, conosciuto come Manè Garrincha, ma per la leggenda del Calcio semplicemente Garrincha, il soprannome datogli da una sorella perché il suo colore della pelle e il modo di saltellare ricordavano appunto un garrincha, il piccolo passero color marrone tipico della regione di Pau Grande che si sposta saltellando. E’ considerato la migliore ala destra che abbia mai calcato un campo di calcio ed è inserito all’ottavo posto nella lista dei migliori calciatori di sempre stilata dall’ International Federation of Football History & Statistics. E’ posizionato al quarto posto nella speciale classifica dei migliori calciatori sudamericani del XX secolo dietro a Pelé, Maradona e Di Stefano. Partecipò a tre edizioni dei Campionati mondiali di calcio: Svezia 1958, Cile 1962 e Inghilterra 1966, vincendo le prime due; al Mondiale del 1962 vinse anche il titolo di capocannoniere e di miglior giocatore. Sebbene non poté mai entrare nelle graduatorie del Pallone d’oro perché fino al 1994 il premio era riservato ai giocatori europei (nemmeno Pelè e Maradona potettero aggiudicarselo)  nel 2016 la rivista France Football, in occasione del 60º anniversario del premio, pubblicò una lista rivisitata dei vincitori nominati prima del 1995 e Garrincha venne ritenuto il vincitore virtuale del Pallone d’Oro del 1962.

La vita di Garrincha sembra essere la trama di un romanzo di Marquez. La natura era stata davvero matrigna con lui perché era strabico, aveva la spina dorsale deformata, uno sbilanciamento del bacino, sei centimetri di differenza tra la lunghezza delle due gambe, il ginocchio destro affetto da valgismo e il sinistro da varismo. Per i medici non avrebbe potuto e dovuto praticare alcuna attività sportiva. Aveva una naturale ingenuità accompagnata dal carattere abbastanza introverso; la sua infanzia povera trascorse nella libertà dei grandi spazi aperti, tra nuotate nei fiumi e caccia agli uccelli nella natia Pau Grande. Ancora bambino iniziò a fumare e bere alcolici, una cosa che negli anni trenta era ritenuta normale nelle vaste aree rurali molto distanti dalle grandi città, ma che sarà la causa primaria del suo declino fisico e della morte prematura. Nonostante il fisico sgraziato, fin da piccolo il calcio fu la sua passione, il suo passatempo preferito; scalzo e sulla terra dei campetti improvvisati, con un pallone tra i piedi la sua gioia raggiungeva l’apice muovendosi al di fuori di ogni movimento codificato, dribblando chiunque gli si parasse davanti. Il suo modo di giocare non era dettato da presunzione o da voglia di deridere l’avversario; giocava in quel modo semplicemente perché lo rendeva felice. Soprattutto si muoveva col quel passo caracollante di impossibile decifrazione per gli avversari che mai riuscivano a comprenderne la direzione. In questo fu aiutato dalla sua postura che violava ogni principio di anatomia meccanica; in pratica i suoi numerosi difetti agli arti inferiori divennero il suo punto di forza. Ma siccome giocava per suo divertimento, quella che sarà la sua carriera da professionista non iniziò sotto i migliori auspici. Non superò il provino con  il Vasco da Gama perché si presentò scalzo; quello con il  Sao Cristovao perché cacciato dopo soli dieci minuti e quello con il Fluminense perché lasciò il campo prima per non perdere il treno e non si ripresentò il giorno dopo. Era fatto così, incapace di sottostare ad alcuna regola o imposizione. Ma quando aveva già diciannove anni gli si presentò l’occasione con il Butafogo a cui era stato segnalato da un arbitro che lo aveva visto giocare. Venne aggregato per due giorni alla squadra primavera e il 10 giugno 1953 giocò un’amichevole contro la prima squadra. Fu schierato all’ala destra e perciò difronte si trovò Nilton Santos, l’Enciclopedia do Futebol, come era soprannominato uno dei migliori terzini sinistri al mondo che con lui vinse poi due titoli mondiali. Al termine della partita Nilton Santos entrò negli uffici dove si trovavano i dirigenti del Botafogo e li costrinse a trattenersi fino all’arrivo del presidente a cui impose quasi con la forza di far firmare il contratto a quel ragazzo. Aveva compreso di trovarsi difronte ad un fenomeno; soprattutto non voleva più trovarselo difronte come avversario visto che quel ragazzetto mezzo sciancato lo aveva quasi ridicolizzato. Il Botafogo acquistò Garrincha dal Serrano di Petropolis per 500 cruzeiros, più o meno 25 euro di oggi!

La sua consacrazione avvenne con il Mondiale del 1958 in Svezia. In fase di preparazione al Mondiale ci fu un episodio singolare ma significativo per comprendere il personaggio. Il professor João Carvalhaes, lo psicologo della squadra brasiliana, decise di sottoporre i giocatori a dei test attitudinali; Garrincha ottenne un punteggio inferiore perfino alla soglia minima fissata e la relazione gli attribuiva la psiche di un bambino di quattro anni. Secondo lo psicologo, schierare Garrincha sarebbe stato un errore, così come schierare Pelé che venne parimenti giudicato psicologicamente inadeguato: potenza della scienza! In vista del Mondiale i verdeoro disputarono alcune amichevoli e il 21 maggio del 1958, contro il Corinthians, Garrincha segnò la sua prima rete con la Nazionale. Il Brasile giocò due amichevoli anche in Italia, una delle quali contro la Fiorentina. Sul punteggio di 3-0 Garrincha dribblò il suo marcatore Robotti, poi i difensori Magninie Cervato e il portiere Sarti dopodichè, invece di concludere a rete, attese che Robotti tornasse per dribblarlo una seconda volta costringendolo ad aggrapparsi al palo per non cadere a terra per poi realizzare finalmente il gol. Per quell’episodio i dirigenti della Nazionale furono sul punto di escludere Garrincha dalla lista dei convocati, ritenendo il suo comportamento poco serio e irrispettoso degli avversari. Intervenne in sua difesa Paulo Amaral — il preparatore atletico che poi divenne un ottimo allenatore- per spiegare che Garrincha non si comportava così per disprezzo degli avversari o per superficialità; quello era il suo modo d’interpretare il calcio, con allegria,  divertimento e senza alcuna malizia. In Svezia Garrincha — così come Pelé — fu escluso nelle prime due partite del mondiale. Le spiegazioni furono molteplici, anche di natura razziale, ma che in questa sede non è il caso di esaminare. la squadra doveva affrontare l’Unione Sovietica e Feola, l’allenatore della Selecao, pensò che l’imprevedibilità di Garrincha potesse costituire la giusta scelta tecnica per scardinare la difesa avversaria. Garrincha non deluse le aspettative; si sottrasse agevolmente alla marcatura del terzino Kuznetsov e riuscì in soli tre minuti a cogliere una traversa, costringere il leggendario portiere Lev Jašin  a effettuare una difficile parata e infine a servire l’assist per il gol di Vavà. Il noto giornalista francese Gabriel Hanot li descrisse come “I tre minuti più sublimi della storia del calcio”. Nella partita successiva il Brasile eliminò il Galles. Mel Hopkins, terzino sinistro dei gallesi che marcò Garrincha in quella partita, disse di lui: «Credo che a quel tempo fosse più pericoloso di Pelé. Era un fenomeno, capace di pura magia. Era difficile capire in quale direzione stesse andando per via delle sue gambe e perché era a suo agio col piede sinistro come con il destro, quindi era in grado di tagliare verso l’interno o andare verso il fondo, inoltre possedeva un tiro tremendo». La squadra superò anche la Francia dei campioni Fontaine e Kopa e giunse in finale contro la Svezia, nazione organizzatrice del Mondiale. Nella finale, vinta dal Brasile 5 a 2, Garrincha servì a Vavá i due assist che gli consentirono di realizzare la rete del pareggio e quella del vantaggio. Furono giocate simili perché tutte e due le volte l’ala destra dribblò tre difensori e dalla linea di fondo crossò per il centravanti. Nils Liedholm, suo avversario durante quella partita, affermò che fu Garrincha il giocatore che fece la differenza; non a caso fu inserito negli undici giocatori ideali del Mondiale. Ma c’è un episodio che rende l’esatta dimensione dell’uomo. Al ritorno della Nazionale in Brasile il Governatore dello Stato di Rio regalò a ciascuno dei neo campioni del mondo una villa a Copacabana. Notando che però Garrincha non sembrava contento di quel dono gli chiese se per caso volesse altro; Garrincha, guardando una gabbia in cui era rinchiuso un canarino, gli chiese come regalo unicamente che l’uccellino fosse lasciato libero di volare nell’azzurro del cielo.

Garrincha corse il rischio di non giocare il successivo Mondiale del 1962 in Cile. Il giorno del raduno della Nazionale non si presentò; si trovava nella piccola cittadina di Bican per giocare una partita di calcio con degli amici! Il Mondiale cileno è ricordato come il Mondiale di Garrincha: al termine della competizione conquistò il titolo di capocannoniere sia pure condiviso con altri quattro giocatori e quello di miglior giocatore della competizione. Per l’infortunio subito da Pelé nella partita contro la Cecoslovacchia divenne di fatto il leader della Nazionale che trascinò fino alla vittoria finale. Nel girone eliminatorio il Brasile aveva vinto la partita col Messico e pareggiato la seguente con la Cecoslovacchia. Decisiva divenne perciò la partita con la Spagna che venne risolta a quattro minuti dalla fine da Garrincha che dribblò tre avversari e crossò il pallone per Amarildo che segnò il gol del 2-1 finale. Ai quarti il Brasile eliminò l’Inghilterra e Garrincha segnò due gol e servì l’assist per Vavà.

In semifinale i verdeoro dovettero vedersela con i padroni di casa del Cile. Anche in quella partita Garrincha segnò due gol e servì l’assist per il gol di Vavà, poi ebbe una reazione inconsulta.  Stanco per i ripetuti falli violenti ricevuti dagli avversari colpì con un calcio il difensore cileno Rojas e fu espulso dall’arbitro peruviano Arturo Yamasaki; scattava automatica la squalifica per la finale! Come se non bastasse, uscendo dal terreno di gioco Garrincha fu colpito alla testa da una pietra lanciata dalle tribune e subì una profonda ferita. Dopodiché la faccenda si tinse di giallo o di nero perché subentrarono fattori esterni al calcio tra cui l’intervento del Governo brasiliano affinché la squalifica fosse revocata. L’unico testimone oculare del fallo di reazione di Garrincha era stato il guardialinee uruguagio Esteban Marino che fu “convinto” da Joao Havelange, presidente della Confederação Brasileira de Futebol, a lasciare il Cile prima del verdetto della disciplinare in modo che senza la sua deposizione i fatti non potessero essere accertati ufficialmente; Garrincha fu assolto con cinque voti favorevoli e due contrari della Commissione giudicante. Non a caso, dal 1974 al 1989  João Havelange fu il potentissimo e chiacchieratissimo Presidente della FIFA, implicato in molteplici casi di corruzione e accusato di intrattenere rapporti poco chiari con alcune dittature sudamericane. Fatto sta che nella finale con la Cecoslovacchia vinta 3 a 1 i Brasiliani poterono schierare regolarmente Garrincha seppure febbricitante. E’ giudizio unanime degli addetti ai lavori che solo Maradona, nel 1986, con le sue prestazioni fu altrettanto determinante per la vittoria finale di un Campionato mondiale.

Il Mondiale del 1966 in Inghilterra vide Garrincha già incamminato sul viale del tramonto. Per un serio infortunio al ginocchio non fu più capace di prodursi nel suo repertorio di scatti e dribbling. Giocò i primi due incontri del girone, segnando su calcio di punizione contro la Bulgaria nell’ultima partita giocata assieme a Pelé, l’unica vinta dal Brasile. I verdeoro furono eliminati al primo turno, dopo aver perso i successivi incontri con l’Ungheria e il Portogallo. In quest’ultima partita Garrincha non giocò; venne schierato Jairzinho che ne prese definitivamente il posto e fece poi parte della Nazionale che vinse i successivi Campionati del Mondo del 1970 in Messico.

Garrincha diede ufficialmente l’addio al calcio il 19 dicembre 1973. Per l’occasione, davanti ai centotrentamila del Maracanã a Rio de Janeiro, si disputò un incontro amichevole tra la Nazionale brasiliana che con lui schierava anche Pelè, Carlos Alberto, Rivelino e Jairzinho e una selezione di giocatori scelti dalla FIFA. L’incasso gli venne devoluto perché già da tempo la sua situazione economica era diventata molto precaria. Giocò ancora qualche anno per puro divertimento, finanche in Italia per la squadra dilettantistica del Sacrofano in occasione di un torneo amatoriale.    

La sua fu una vita turbolenta e irrisoluta, con un unico grande amore, la cantante Elza Soares sposata nel 1966 e da cui divorziò nel 1977; ebbe quattordici figli da sei madri diverse. Nell’ ultimo periodo finì spesso a dormire per strada costantemente ubriaco, rifiutando l’aiuto di qualche vecchio amico e vivendo di elemosina. Nella sua sfolgorante carriera aveva dribblato tutti, ma non riuscì a dribblare la morte che lo fermò il 20 gennaio 1983 in un letto d’ospedale; non aveva compiuto ancora cinquant’anni. La causa ufficiale del decesso fu un edema polmonare che si era sommato ad una cirrosi epatica all’ultimo stadio; l’avevano ucciso già da tempo l’alcool, il tabacco e una vita dissoluta al massimo a cui nessuno aveva saputo o potuto mettere un freno. Morì povero; secondo le sue volontà ebbe un funerale semplice, ma la folla che si accalcò a Rio per l’ultimo saluto fu degna di un imperatore o di un capo di stato. A lui sono intitolati lo Stadio di Brasilia e il Museo del Maracanà a Rio. Nella sede del Botafogo a Rio de Janeiro c’è un suo busto in bronzo e una statua che lo raffigura è stata realizzata davanti al nuovo Stadio del Botafogo intitolato al suo migliore amico, Nilton Santos.

Ancora oggi se a un vecchio brasiliano gli parli di Garrincha il vecchio chiede scusa, abbassa gli occhi e piange.

Autore

Nato a Napoli nella seconda metà degli anni cinquanta. Sportivo appassionato, calciatore in gioventù, dirigente sportivo di società del settore giovanile. Avvocato con molteplici hobby e scrittore a tempo perso, ha pubblicato due romanzi e una raccolta di racconti di Calcio.