Nel 1938 uscì nelle sale cinematografiche uno dei migliori polizieschi-noir di sempre: Gli angeli con la faccia sporca (titolo originale Angels with dirty faces) diretto da Michael Curtiz e ambientato nella New York dei bassifondi drammatizzata alla perfezione dal bianco e nero di Sol Potito e dalla musica di Max Stainer. Ne furono splendidi protagonisti James Cagney, Pat O’Brien, Humprey Bogart, Ann Sheridan e George Bancroft.
Il Calcio, che spesso ha attinto altrove per conferire epica alla narrazione, in Italia fece suo quel titolo per il trio Sivori, Maschio e Angelillo. In realtà furono cinque i calciatori argentini che, seppure non fossero ovviamente dei gangster come i protagonisti del celebre film, per l’atteggiamento in campo e fuori furono chiamati nel loro paese gli “Angeli con la faccia sporca”. Sono quelli che formarono il nucleo della Albiceleste vincitrice del Campeonato Sudamericano de Football (dal 1975 denominato Copa America) nel 1957 a Lima: Enrique Omar Sivori, Humberto Dionisio Maschio, Oreste Omar Corbatta, Antonio Valentin Angelillo e Osvaldo Hector Cruz, che una foto ritrae insieme in quell’occasione. Il Campionato del ’57 si disputò a girone unico e gli argentini non ebbero rivali; sconfissero la Colombia 8-2, l’Equador 3-0, l’Uruguay 4-0, il Cile 6-2 e il Brasile 3-0, perdendo solo l’ultima partita col Perù per 2-1 quando però avevano già la certezza aritmetica della vittoria finale. Humberto Maschio fu il capocannoniere del torneo con 9 gol, Angelillo ne segnò 8 e Sivori 3. Per evitare le solite polemiche che tra squadre Sudamericane sono una costante quel torneo ebbe solo arbitri europei: gli inglesi Cross, Davis, Lynch e Turner, l’austriaco Hieger e l’italiano De Leo.
Dei cinque solo Sivori, Maschio e Angelillo lasciarono il Sudamerica per venire a giocare in Italia con alterne fortune: Sivori vestì la maglia di Juventus e Napoli; Maschio quella di Bologna, Atalanta e Inter; Angelillo quella dell’Inter, Roma, Milan e Genoa. A quel tempo la F.I.G.C., reiterando quanto già fatto negli anni ‘30, decise di cogliere l’occasione e aprire le porte della Nazionale agli “oriundi” tra cui ovviamente i “tre angeli”. Per mero titolo di cronaca, sino ad oggi hanno giocato nella Nazionale Italiana 52 oriundi dei quali 49 provenienti da Argentina, Uruguay, Paraguay e Brasile. In Sudamerica restarono invece Corbatta che giocò in Argentina finendo poi la carriera in Colombia e Cruz che giocò in Argentina, Brasile e Cile; entrambi vinsero un campionato nazionale con le rispettive squadre di club. Gli anni ’50 per il Calcio in Sudamerica furono davvero generosi di grandi giocatori e non solo per l’Argentina: Pelè, Garrincha, Didì, Vavà, Nilton Santos, Varela, Schiaffino, Ghiggia, Santamaria e Di Stefano sono i primi che vengono in mente tra i tanti. Concludo con un breve ritratto dei cinque Angeli con la faccia sporca del calcio argentino; per qualcuno di loro il tempo ha cancellato anche il ricordo.
Enrique Omar Sivori, detto El cabezon per la folta capigliatura che rendeva grande la testa rispetto al corpo minuto. Pochi sanno che il suo primo soprannome fu “El pibe de oro”, quello che molti anni dopo sarà ripreso per un altro argentino, Diego Armando Maradona. L’IFFHS lo ha classificato alla 36ª posizione nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo. Nel marzo del 2004 è stato inserito da Pelé nella lista FIFA dei 125 migliori calciatori viventi. Vinse il Pallone d’oro nel 1961 in quanto oriundo e naturalizzato italiano; venne inserito in totale per cinque anni di fila tra i candidati alla vittoria del premio. In Argentina giocò nel River Plate, in Italia nella Juventus e nel Napoli. Giocò sia con la Nazionale argentina che con quella italiana. Con Silvio Piola detiene il record per il maggior numero di gol segnati in una partita del Campionato Italiano, sei in Juventus-Inter (9-1) del 10 giugno 1961. Come Gigi Riva, Roberto Bettega, Francesco Pernigo, Alberto Orlando e Carlo Biagi ha segnato quattro gol con la Nazionale in una sola partita, nel 1961 contro Israele. Con il River Plate vinse il campionato argentino nel 1955, 1956 e 1957; con la Nazionale Argentina vinse il Campeonato Sudamericano de Football del 1957 dove fu nominato miglior giocatore. Con la Juventus vinse il campionato nel 1958,1960 e 1961, due Coppe Italia nel 1959 e 1960 e una Coppa delle Alpi nel 1963; col Napoli vinse la Coppa delle Alpi del 1966. Nel campionato 1959-1960 vinse la classifica dei marcatori con 28 reti. Più che la garra tipica di molti sudamericani, al genio calcistico abbinava un atteggiamento spesso irriverente e provocatorio nei confronti di avversari e arbitri. Giocando con i calzettoni abbassati sulle scarpette quasi in segno di rifiuto delle regole, si esibiva in quei dribbling reiterati spesso finalizzati a schernire gli avversari che però aspettavano il momento buono per rendergli la pariglia e non solo a suon di calci; in quanto agli arbitri, non gliele mandava certamente a dire. Furono 33 le giornate di squalifica scontate da Sivori nei dodici campionati disputati in Italia del 1957 al 1969. Dopo il ritiro dal calcio giocato si mise ad allenare. Debuttò nel 1969 alla guida del Rosario Central e nel 1972 passò all’Estudiantes, squadra che allenò per qualche mese perché chiamato all’incarico da CT della nazionale in vista del Mondiale del ’74 dove però l’Argentina uscì nel girone della seconda fase. Dopo un quinquennio d’inattività, nel 1979 venne chiamato dal Racing Club, dove rimase per un anno. Nel 1983 accettò di guidare i canadesi del Toronto Italia nella National Soccer League; vinse il titolo ai play-off superando nella finale un altro club di Toronto, la Dinamo Latino. Dal 1986 al 1988 fu presidente della Viterbese che con lui venne promossa all’Interregionale, l’attuale Serie D. Morì a sessantanove anni, il 17 febbraio 2005 nella sua casa argentina di San Nicolás de los Arroyos, da lui chiamata La Juventus in omaggio al club italiano a cui era restato maggiormente legato.
Humberto Dionisio Maschio Bonassi, questo era il suo nome completo, ma per tutti era semplicemente Humberto Maschio, argentino di nascita e naturalizzato italiano nel 1962. Iniziò a giocare a calcio nel Quilmes e poi nel Racing Club. Il Bologna lo ingaggiò nell’estate 1957, dopo il Campeonato Sudamericano de Football, ma dopo due anni abbastanza deludenti fu ceduto all’Atalanta. Per Maschio furono tre anni positivi con l’Atalanta, tanto che nel 1962 fu acquistato dall’Inter di Helenio Herrera. Dopo un avvio di campionato a fasi alterne fu sostituito da Sandro Mazzola; pur rimasto tra le riserve contribuì comunque alla vittoria dello scudetto che fu il primo trofeo della Grande Inter del presidente Angelo Moratti. A fine stagione passò alla Fiorentina con cui vinse la Coppa Italia 1965-1966. Nel 1967 Maschio ritornò in Argentina per giocare nuovamente nel Racing Club; in quell’annata davvero indimenticabile il Racing si aggiudicò la Coppa Libertadores battendo nello spareggio per 2-1 il National di Montevideo e la Coppa Intercontinentale battendo nello spareggio il Celtic Glasgow per 2 a 1.
Come oriundo naturalizzato giocò anche con la Nazionale italiana esordendo in amichevole contro la Francia il 5 maggio 1962. Al Mondiale del 1962 disputò la gara contro i padroni di casa del Cile, quella tristemente nota come “Battaglia di Santiago” durante la quale un pugno di Leonel Sánchez gli provocò la frattura del setto nasale. Terminata l’attività agonistica nel 1968, fu per breve tempo Commissario Tecnico dell’Argentina; nel 1971 fu assunto come allenatore del Racing Club e nel 1973 passò alla guida dell’Independiente con cui vinse la Coppa Libertadores di quello stesso anno. Nel 1974 divenne Commissario Tecnico della Nazionale del Costa Rica e concluse la carriera da allenatore del Racing nella stagione 1999-2000. E’ morto nel 2024 nella natia Avellaneda all’età di 91 anni.
Antonio Valentin Angelillo nacque a Buenos Aires da una famiglia di origine italiana. Iniziò calcisticamente nell’Arsenal de Lavallol dove debuttò nel 1952. Tre anni dopo passò al Racing Club de Avellaneda e nel 1956 viene acquistato dal Boca Juniors. Con la vittoria del Campeonato Sudamericano del Football di aprile 1957 Angelillo fu all’attenzione di molti importanti club europei tra i quali l’Inter che tre mesi dopo lo acquistò battendo l’agguerrita concorrenza. Nel corso della prima stagione segnò 16 reti, ma la classifica cannonieri fu vinta dal gallese John Charles della Juventus con 28 gol. Forse perché ancora ventenne e propenso ad una vita non proprio irreprensibile fuori dal campo, per Angelillo fu difficile ambientarsi col nuovo Club; con eccessiva fretta e la solita incompetenza la stampa specializzata lo definì un «bidone». Come volevasi dimostrare, nel campionato successivo (1958-59) Angelillo fu il capocannoniere con 33 gol, ancora oggi record per i tornei a 18 squadre. Nella stessa annata con 38 reti complessive eguagliò il primato stagionale di gol realizzati con la maglia dell’Inter fino a quel momento detenuto da Giuseppe Meazza con il quale ancora detiene un altro primato nell’Inter, 5 reti segnate in una sola partita. Angelillo rimase all’Inter quattro stagioni, con 127 partite e 77 gol. Nel 1961 il rapporto con il club milanese e soprattutto con Herrera si deteriorò perciò venne ceduto alla Roma per 270 milioni di lire, con una clausola tenuta nascosta che impediva alla Roma di cederlo a Juventus, Milan o Fiorentina. Con la Roma vinse la Coppa delle Fiere 1960-1961 a la Coppa Italia 1963-1964. Nell’estate 1965, col placet dell’Inter che rinunziò alla clausola, Angelillo venne ceduto al Milan di Nils Liedholm. Coi rossoneri disputò una modesta stagione e l’anno successivo venne ceduto al Lecco neopromosso in Serie A. nel 1967 Angelillo ritornò al Milan sapendo di essere solo una riserva, giocando tre partite e segnando un gol; l’anno successivo giocò in Serie B nel Genoa, con 22 presenze e 5 reti. Dopo i successi con la Nazionale argentina, nel 1960 Angelillo venne convocato nella nazionale italiana essendo oriundo; giocherà solo due partite. Frattanto in Argentina vigeva una norma particolare secondo cui chi giocava all’estero non poteva far parte della Nazionale. Lo stesso divieto colpì Humberto Maschio e Omar Sívori come era già successo a Pedro Manfredini, Francisco Lojacono e Alfredo Di Stefano. Senza poter contare più sui c.d. “oriundi”, dopo la vittoria nel Campeonato Sudamericano de Football del 1959 l’Argentina dovette attendere il 1978 per vincere il Mondiale giocato in casa e il 1991 per vincere nuovamente la Coppa America. Quando smise di giocare Angelillo allenò in Italia diverse squadre nelle serie minori con alterne fortune. Finì la sua avventura con il calcio facendo l’osservatore dell’Inter per il Sudamerica. E’ morto a Siena nel 2018 all’età di 81 anni.
Oreste Omar Corbatta Fernández figura al tredicesimo posto della classifica dei migliori marcatori della Nazionale di calcio argentina con 18 gol in 43 presenze ed è ancora oggi considerato uno dei migliori sudamericani nel ruolo di ala destra. Nato in una famiglia numerosa passò la sua infanzia in povertà senza poter studiare e per tutta la vita non seppe né leggere né scrivere. Si sposò quattro volte; divenne alcolista quando ancora giocava e questa sua dipendenza si aggravò una volta terminata la carriera agonistica. Visse gli ultimi anni in una stanzetta caritatevolmente concessagli nello stadio del Racing Club. Sotto molti aspetti purtroppo negativi la sua vita tribolata somigliò molto a quella di un mito del calcio, Garrincha. Sin da quando giovanissimo iniziò a giocare a calcio, Corbatta dimostrò una spiccata abilità nel dribblare gli avversari anche più volte, spesso con giocate fini a se stesse. Della sua esagerata passione per il dribbling è celebre l’episodio che si verificò durante una partita con il Chacarita Juniors. Corbatta scartò diversi avversari puntando però verso la propria porta; giunto quasi in area girò e dribblò nuovamente i giocatori della squadra rivale puntando stavolta verso la porta del Chacarita! Fu anche uno specialista dei calci di rigore, realizzandone in carriera 39 su 45.Cresciuto nel settore giovanile dell’Estudiantes trovò la sua consacrazione con il Racing di Avellaneda dove giocò al fianco di Maschio e Angelillo vincendo il campionato nel 1958 e nel 1961. Venne convocato in Nazionale nel 1956, vincendo il Campeonato Sudamericano de Football nel 1957 e nel 1959. Nel 1963 si trasferì al Boca Juniors, ma l’alcolismo stava già prendendo il sopravvento impedendogli di ripetere le prestazioni rese nel passato. Ormai nella fase calante della sua carriera si trasferì all’Independiente di Medellín. Al ritorno in Argentina giocò in seconda divisione per il San Telmo per poi chiudere la carriera esibendosi nei campionati provinciali; smise con il calcio nel 1974. Morì nel 1991, all’età di soli 55 anni per un tumore alla laringe.
Osvaldo Héctor Cruz fu un ottimo attaccante schierato preferibilmente come ala sinistra. Debuttò e giocò per quasi dieci anni nell’Independiente di Avellaneda. Si trasferì poi in Brasile, al Palmeiras di Rio, restandovi fino al 1961 dopodiché fece ritorno all’Independiente. Finì la sua carriera in Cile giocando per l’Unión Española.
Venne convocato per la prima volta in Nazionale nel 1953 debuttando nel Campeonato Sudamericano de Football del 1955 in Cile vinto proprio dall’Argentina; tranne che nelle due ultime partite, fu titolare nel ruolo di ala sinistra. Due anni dopo tornò in Nazionale per disputare il Campeonato sudamericano de Football del 1957 in Perù. Giocò sempre da titolare e segnò due gol in quello che fu un fantastico attacco che realizzò venticinque reti in sei partite. l’Argentina vinse quel Campeonato bissando il successo di due anni prima. Fu convocato per l’ultima volta in Nazionale al Mondiale del 1958 in Svezia dove giocò contro la contro Germania Ovest e la Cecoslovacchia. E’ morto nel 2023 all’età di 92 anni nella natia Avellaneda.