“Mia madre si chinò su di me e mi sussurrò all’orecchio. “Se ti divincoli io da sola non ce la faccio a tenerti; quindi cerca di fare la brava. Sii coraggiosa e vedrai che presto sarà tutto finito”. Sbirciai tra le mie gambe e vidi che la zingara si stava preparando. La seguii con estrema attenzione perché volevo vedere lo strumento con cui mi avrebbe operato. Mi aspettavo un coltellaccio, ma la zingara estrasse una lama………… Sentii la carne dei miei genitali che veniva lacerata e il rumore sinistro di quella lama che andava avanti e indietro. Quando ci ripenso non riesco a credere che mi sia successo veramente. Impossibile spiegare cosa si prova: è come se qualcuno vi tagliasse a brandelli una coscia o un braccio, nel mio caso i tagli venivano praticati sulla parte più sensibile del corpo. Ciononostante non mi mossi di un millimetro, volevo che mia madre fosse fiera di me… Restai lì seduta come pietrificata, ripetendomi che quanto meno mi sarei mossa, tanto più breve sarebbe stata la tortura. Purtroppo, però, le mie gambe cominciarono a tremare spontaneamente, percorse da spasmi incontrollabili, e io pregai Dio affinché quel tormento finisse al più presto. E così fu, in un certo senso, perché subito dopo persi i sensi. […]” Fiore del deserto. Storia di una donna, di Waris Dirie
Le mutilazioni genitali femminili (MGF), è una pratica tradizionale e millenaria eseguita in Africa e in alcuni Paesi del Medio Oriente. Negli ultimi tempi, si sente sempre più spesso parlare di tale fenomeno anche in Occidente. Ancora una volta le donne sono sottoposte ad un intervento crudele, disumano e soprattutto non necessario. Una pratica così vistosamente irrispettosa della figura femminile. Le MGF sono inserite nell’alveo della violazione di varie tipologie di diritti umani, che spaziano dal diritto alla non discriminazione, a quello all’integrità psico-fisica, al divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti, al diritto alla non violenza ed ai diritti dell’infanzia. Sono quindi pratiche tradizionali: atti abituali, di uso comune, che sono stati trasmessi dalla generazione passata e che con molta probabilità saranno passati a quella successiva. Nella maggior parte dei casi i genitori le considerano essenziali per garantire l’accettazione della figlia nella società. La pratica è mossa da motivazioni varie: religiose, infondate; economiche, per la ricchezza attribuita ad una donna mutilata; culturali e sociali, da giustificare l’esclusione e lo scherno se non ci si assoggetta; mitiche e ancestrali tali da credere che con la mutilazione una donna possa liberarsi della parte maschile di cui è portatrice dalla nascita.
Il silenzio circonda e contribuisce a creare un tabù per le genti africane, proteggendole dalla curiosità occidentale. Dietro il silenzio troviamo: un mondo interno, fatto di donne chiuse in questo mondo, sospeso tra l’attesa e il timore di tagliare una parte del corpo delle proprie bambine nel corso di una cerimonia di cui le madri sono protagoniste; e un mondo esterno di uomini che stanno a distanza, estraneo, ma che sul controllo dei corpi femminili ha fondato le proprie strategie di potere. Questi due mondi sono tenuti insieme dalle strategie matrimoniali. Il meccanismo si fonda sul prezzo della sposa, la famiglia del futuro marito versa alla famiglia della futura moglie un compenso, in cambio di una donna illibata, circoncisa, escissa o infibulata, pronta ad essere rimandata a casa dai suoi genitori e a riprendersi il compenso versato, nel caso non sia cucita bene. Il valore della donna dipende dalla sua verginità e le MGF sono una protezione per inibire nella donna desideri e tentazioni di rapporti prematrimoniali, e le preserva e difende da violenze e stupri. Questi interventi avvengono senza anestesia e comportano un alto tasso di mortalità, di complicazioni sanitarie e di disturbi psicologici.
Mentre la circoncisione praticata al maschio, è un rituale che non compromette la vita sessuale dell’individuo. Tutto avviene dai primi giorni di vita fino ai 14 anni. Oltre a non avere benefici per la salute, la MGF interferisce con le normali funzioni del corpo e può avere un effetto negativo su diversi aspetti della vita di una ragazza o di una donna, inclusa la sua salute fisica, mentale e sessuale. Non solo le MGF manipolano il corpo della donna per creare una identità di genere, ma ne costruiscono anche l’aspetto fisico. Nelle donne infibulate l’andatura è flessuosa e lenta, conseguenza dell’operazione che rende problematica una serie di movimenti; le bambine devono selezionare alcuni movimenti e abbandonare altri per non compromettere l’operazione. Non possono più correre, giocare, saltare. Provano dolori permanenti, paragonabili a scariche elettriche. Il numero assoluto di casi di MGF è destinato ad aumentare significativamente nei prossimi 15 anni se non si raggiungeranno ulteriori progressi nell’abbandono della pratica. Per le donne “mutilate” la rimozione dei genitali significa l’ammissione al mondo adulto, l’identificazione della persona, la conquista di un equilibrio e di un’appartenenza sociale. Dobbiamo educare le donne e le bambine ad un rifiuto consapevole e cosciente.