Il Natale come soggetto non ha trovato molto spazio nel Cinema di ogni epoca, nemmeno a Hollywood nel suo periodo d’oro dagli anni ’20 alla metà degli anni ’60. Negli anni del cinema muto andavano per la maggiore i c.d. slapstick interpretati soprattutto da Buster Keaton, Charlie Chaplin, Mark Sennett, Harry Langdon, Stan Laurel e Oliver Hardy, nonché i lungometraggi di genere mitologico, storico, drammatico-sentimentale e western interpretati dai primi divi: Mary Pickford, Douglas Fairbanks, Rodolfo Valentino, Gloria Swanson e Tom Mix. Il Natale non ebbe molto spazio nemmeno nell’epoca del sonoro e fino alla metà degli anni ’60. Influì anche il severissimo Codice di Autoregolamentazione Hayes che la Motion Picture Association of America adottò dal 1934 al 1968, con cui venne stabilito che cosa era vietato in un film per non ledere o abbassare lo standard morale degli spettatori. Tra l’altro fu vietata la ridicolizzazione o la semplice offesa sotto ogni forma della religione e il Natale era pur sempre una festività religiosa. Purtuttavia, ci sono film sul tema che sono entrati a far parte della storia della “settima arte”, quantunque vannodistinti i film dove il Natale è un tema centrale da quelli in cui la storia solo temporalmente inizia o si conclude a Natale. Per ciò che riguarda la cinematografia americana, nel genere classicamente natalizio il film per antonomasia è “La vita è meravigliosa” (1946) diretto da Frank Capra, con un grande cast tra cui i protagonisti James Stewart e Donna Reed, la cui trama è sin troppo conosciuta.Seppure si sia concluso il New Deal rooseveltiano di cui fu il massimo cantore cinematografico, Capra sceglie ancora un soggetto dove prevalgono i buoni sentimenti e la fede nella divina provvidenza, temi toccanti e coinvolgenti soprattutto a Natale per un mondo appena uscito dallaguerra. L’anno dopo, nel 1947, uscì “Miracolo della 34ª strada” scritto e diretto da George Seaton. E’ un film dai molti rifacimenti, con una trama semplice e accattivante: un anziano signore assunto per interpretare il Babbo Natale in un grande magazzino afferma di essere il vero Babbo Natale, cosa che alla fine e dopo molte peripezie verrà dimostrata. Ha come protagonisti la bellissima Maureen O’Hara, Edmund Gweenn e John Payne. Edmund Gwenn, il Babbo Natale, si aggiudicò l’Oscar per il miglior attore non protagonista. Nel 1954 uscì “Bianco Natale” diretto da Michael Curtiz, una commedia-musical natalizia con Bing Crosby e Danny Kaye. Il titolo del film è preso dall’omonima canzone White Christmas di Irving Berlin, interpretata da Bing Crosby nel film “La taverna dell’allegria” (1942) che vinse nel 1943 l’oscar per la miglior canzone della quale furono vendute oltre 50 milioni di copie in tutto il mondo. In tempi recenti, degno di menzione per lo svolgersi durante le festività natalizie è “Love Actually” (2003) diretto Richard Curtis, una commedia di coproduzione USA/G.B. con un folto cast di altissimo livello che dà vita nei giorni di Natale ad alcune storie agro dolci sul tema dell’amore ad ogni età. E’ parimenti da menzionare “A Christmas Carol” (2009) di Robert Zemeckis, girato con la tecnica computer generated imagery che consente la contestualizzazione di attori veri e animazione. Il titolo è quello originale del celeberrimo “Canto di Natale” di Dickens. Ne sono protagonisti Jim Carrey, Gary Oldman, Colin Firth e Robin Wright; resta probabilmente la migliore trasposizione cinematografica dell’opera di Dickens.
Ci sono poi quei film dove il Natale rappresenta solo temporalmente l’inizio o la fine della storia. Il primo per importanza in ordine di tempo è sicuramente “Scrivimi fermo posta” (1940) diretto daErnst Lubitsch, una commedia ironicamente romantica che si svolge a Budapest dove due commessi (James Stewart e Margaret Sullavan)che lavorano nello stesso negozio di articoli da regalo, ma che nella vita non si sopportano, si scrivono lettere romantiche senza conoscere l’uno l’identità dell’altra. La vicenda vedrà il suo epilogo con il lieto fine la sera della vigilia di Natale, proprio sotto l’albero. Il soggetto è stato ripreso in “C’è posta per te” (1998) con Tom Hanks e Meg Ryan. Del genere commedia/drammatico è “Arriva John Doe” (1941) diretto da Frank Capra, con Gary Cooper e Barbara Stanwick. Stanno per concludersi gli effetti negativi della “grande depressione”, ma inizia il dramma della seconda guerra mondiale. In questo film è nella sera di Natale, scelta dal protagonista per il suicidio annunciato, che la storia avrà il suo epilogo felice. C’è un film che seppure si svolga nei giorni del Natale ha un’ambientazione molto particolare e desueta, i Caraibi: “Non siamo Angeli” (1955) diretto da Michael Curtiz. Tre galeotti evasi (Humphrey Bogart, Peter Ustinov e Aldo Ray), in attesa di scappare dall’Isola del diavolo dove erano detenuti nel famigerato penitenziario, trovano il tempo e il modo di aiutare una coppia di negozianti (Leo G.Carroll e Joan Bennett) e la loro figlia a sfuggire alle mire del perfido proprietario del negozio e di suo nipote. Alla fine i tre, dopo aver messo a posto ogni cosa, decidono di tornare in penitenziario. La splendida Joan Bennett, accompagnandosi al pianoforte, commuove i tre galeotti cantando in maniera malinconica la famosa “Sentimental moment”, una canzone ripresa poi da molti interpreti tra cui Eric Clapton. Va infine citato il celebre “Un amore splendido (1957), diretto da Leo McCarey e interpretato da Cary Grant e Deborah Kerr, di cui fu girato un remake ed è stato citato anche con l’inserzione di fotogrammi in diversi film dello stesso genere. E’ la commedia sentimentale per eccellenza il cui finale strappalacrime, proprio nel giorno di Natale, ha commosso più di una generazione.
Nemmeno il cinema italiano ebbe particolare riguardo al Natale come soggetto. A cavallo delle due guerre mondiali il nostro cinema, soprattutto per scelta di politica interna e per i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, si era attestato su produzioni a sfondo storico, di costume o su commedie dalla esile trama e l’immancabile lieto fine. Seguì il periodo dei c.d. “telefoni bianchi”, quei film che si svolgevano in un ambiente sociale elevato, con case dai pomposi arredamenti in cui spiccavano proprio i telefoni color bianco che rappresentavano un simbolo sociale contrapponendosi ai telefoni neri in bachelite di uso comune. Il precursore del genere fu “Gli uomini che mascalzoni” (1932) diretto da Mario Camerini con Vittorio De Sica e Lya Franca. Nell’immediato dopoguerra il cinema italiano visse anni di splendore produttivo con il “Neorealismo” che ebbe tra i suoi massimi esponenti, sia come registi che come sceneggiatori, Roberto Rossellini, Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Alessandro Blasetti, Cesare Zavattini, Giuseppe De Sanctis e Sergio Amidei, dalla cui collaborazione uscirono film indimenticabili come Roma città aperta, Paisà, Umberto D, Ladri di biciclette, Sciuscià, Miracolo a Milano, Germania anno zero, Anni difficili, Riso Amaro. Venne altresì alla luceil nuovo genere di “Commedia all’italiana” che si distaccava nettamente dalmodello dell’Avanspettacolo e del Varietà, trovando il suo capostipite in “I soliti ignoti” (1958) di Mario Monicelli, diventato un cult e non solo da noi. C’è però qualche piacevole eccezione.
“Natale al campo 119” (1947) diretto da Pietro Francisci. Il film ebbe come protagonisti tra gli altri Aldo, Fabrizi, Vittorio De Sica, Peppino De Filippo, Massimo Girotti, Adolfo Celi, Carlo Campanini, Alberto Rabagliati e Giacomo Rondinella. E’ la storia di alcuni soldati italiani provenienti da varie parti del paese che subito dopo l’Armistizio sono reclusi nel campo di prigionia 119 in California. In attesa di essere liberati trascorreranno un altro Natale lontano dalle loro famiglie, passando il tempo con l’ascolto dei dischi o della radio militare e, soprattutto, raccontandosi malinconicamente il loro passato. “Non è mai troppo tardi” (1952) diretto da Filippo Walter Ratti, con Marcello Mastroianni e Paolo Stoppa. E’ un film che prende spunto dal classico Canto di Natale di Charles Dickens. Stoppa interpreta l’avido e spietato usuraio Trabbi che proprio a Natale si ravvede e cambierà vita risarcendo anche Riccardo (Mastroianni) il rivale caduto in disgrazia per sua colpa. “Vacanze d’inverno” (1959) di Camillo Mastrocinque, con Vittorio De Sica e Alberto Sordi, una commedia leggera ambientata a Cortina d’Ampezzo durante il Natale che può considerarsi il vero e proprio capostipite delle pellicole che imperverseranno a partire dalla metà degli anni ’80. “Vacanze di Natale” (1983) di Carlo Vanzina, con Christian De Sica e Jerry Calà. E’questo il primo “cinepanettone”, termine orrendo ma significativo che indica quella sequela di film natalizi rivolti sfacciatamente al botteghino, ma che offrono comunque uno spaccato sociale di quegli anni con i difetti peggiori degli italiani. “Regalo di Natale” (1986) di Pupi Avati, con Diego Abatantuono nel suo primo ruolo drammatico e Carlo Delle Piane che poté dare finalmente prova delle sue grandi doti di attore drammatico dopo oltre trent’anni di ruoli macchiettistici e marginali.“Parenti serpenti” (1992) di Mario Monicelli, con un cast affiatato per una commedia al veleno che offre un ritratto spietato della ipocrisia e del falso perbenismo della famiglia media, i cui difetti vengono fuori durante la consueta riunione familiare in occasione del Natale. Fu l’ultimo film del bravissimo Paolo Panelli. Dopodiché, tranne qualche rara eccezione spesso passata inosservata o utilizzata prevalentemente in televisione, hanno imperversato le pellicole prodotte esclusivamente per uscire nelle sale durante le festività guardando solo all’incasso; meglio dimenticarle. Buon Natale.