• 30 Ottobre 2024
La mente, il corpo

Il femminicidio, raramente è frutto di un momento d’ira improvviso, generalmente sono delitti annunciati, preceduti da giorni, mesi, anni di maltrattamenti sessuali, psicologici, fisici ed economici. Nelle storie di femminicidio, non ci sono solo il sangue, le botte, la paura, nell’ombra ci sono, mai ricordati, i figli che sopravvivono alla madre vittima e al padre carnefice. In questo scritto prendiamo in considerazione le situazioni madre e padre dei figli.  Questi figli vengono definiti vittime secondarie, orfani di femminicidio o orfani speciali. Questi vivono un doppio dramma, la mancanza della madre che fino a quel momento si è occupata di loro, e che improvvisamente viene a mancare, e la perdita del padre, carcerato o suicida. Dovranno fare i conti con il gesto del padre, che genera un amore/odio, un conflitto interiore con esiti devastanti.

Dobbiamo pensare che in un femminicidio non muore solo una donna, ma anche una madre. I figli sono coloro che pagano il prezzo più alto. Il danno che ricevono è sia in termini di traumatizzazione, sia di apprendimento di modalità relazionali disfunzionali. Schock, negazione, protesta, disperazione, distacco sono le fasi successive. Oltre all’aspetto psicologico gli orfani devono fare i conti anche con una serie di conseguenze fisiche che possono emergere a seguito del trauma: sintomi legati all’alimentazione (nausea, inappetenza, cambio estremo del peso, mangiare eccessivamente o ingerire cose non edibili), mal di testa e di stomaco, afonia, autolesionismo. Molto spesso il malessere e la sofferenza dei bambini orfani vengono scarsamente considerati, non curanti delle problematiche e dei traumi a cui vanno incontro.

Si dovrebbe porre un’attenzione continua ai loro bisogni. Vivono emozioni forti e traumatizzanti, non solo nel vedere la violenza, ma anche sentire il rumore delle percosse, della rottura degli oggetti, le voci alterate, le minacce, gli insulti, le grida, i pianti. Questi bambini sopravvivono alla perdita più forte e dolorosa della vita; sperimentano esperienze sfavorevoli infantili (ESI) ossia quelle situazioni vissute durante l’infanzia e che incidono sul percorso evolutivo personale e relazionale. Si abituano alla paura, alla sfiducia delle proprie possibilità, alla disistima. Subiscono situazioni da parte di chi dovrebbe assicurare la protezione del bambino. Essendo vittime di esperienze traumatiche la loro filosofia si basa sull’assunto di un mondo malevolo, opposto alla base sicura e orientata alla messa in atto di profezie che si autodeterminano nelle relazioni significative. Si costruiscono un deserto affettivo e relazionale, blocco che, non si estende solo agli affetti, ma anche alle attività mentali: cognizione, percezione, giudizio, pianificazione, problem-solving.

Le vittime si caratterizzano per angoscia cronica, stile di vita depressivo e colpa. Loro non riescono a capire la situazione e per questo molte volte si attribuiscono come causa un proprio cattivo comportamento. Le esperienze traumatiche espongono gli orfani speciali alla vulnerabilità del Disturbo Post Traumatico da Stress, che potrebbe compromettere anche gravemente la capacità di avere relazioni soddisfacenti, di lavorare, di vivere. I ricordi traumatici possono introdursi nella mente dell’orfano non permettendogli di concentrarsi e/o apprendere. Vivendo l’esperienza sfavorevole in un contesto di fiducia, i bambini imparano a temere chi gli è prossimo. Da adulti potrebbero presentare l’aspettativa di essere maltrattato, la difficoltà di fidarsi, tendenze a reagire eccessivamente ad un rifiuto. L’amicizia e le relazioni amorose possono essere sporadiche, superficiali e raramente sono durevoli. Possono reagire al trauma con meccanismi difensivi come, ipereccitazione, iper adattamento e congelamento dissociativo, che si caratterizzano per una alterazione della percezione del dolore, del senso del tempo, dello spazio e della realtà. In Italia non esiste un percorso di accompagnamento per questi orfani speciali, il tutto è affidato al Tribunale dei minori, che valutano caso per caso.

Il più delle volte vengono affidati ai parenti più prossimi, altrimenti come ultima chance l’adozione verso terzi. Non sempre le famiglie che accolgono gli orfani sono pronte; magari essi stessi hanno subito il lutto e ancora devono elaborare la perdita e l’esperienza dell’affido. Molte volte vengono affidati alle nonne materne, che potrebbero con difficoltà perdonare il padre del bambino per il danno subito; oppure la nonna considerando figlio il nipote, genera confusione generazionale con conseguenze negative sia nel rapporto tra gli adulti che nella crescita psicologica del minore. Importante il sostegno psicologico, economico e lavorativo (in questo ultimo caso si è provveduto), sia alle famiglie affidatarie, sia agli orfani speciali. L’opinione pubblica si concentra sul massacro, perché produce più ascolti, ma i figli diventano invisibili. Siamo di fronte ad un numero consistente di orfani che gridano aiuto, ma nessuno sembra ascoltare, si manifesta silenzio nei confronti di una emergenza sociale. Sono orfani invisibili, dimenticati, privi di una legge specifica che li tuteli.

Autore

Psicologa clinica della persona dell'organizzazione e della comunità Psicogeriatra e docente dello stesso Master - La Sapienza. Coach cognitivo Criminologa minorile Dipendente Regione Lazio