Si riparla di conservatorismo. Alcune pubblicazioni lo hanno messo al centro di riflessioni profonde. Ma molto spesso ci si confonde e insorgono gli equivoci. Qualche parola di chiarezza è necessaria al fine di considerare il conservatorismo come un’opzione complessa, ma decisiva per gli Stati e per i popoli in tempi di grande confusione. È tempo di riscoprire i grandi conservatori per non cedere al “confusionismo” Perfino partiti politici che mai si sarebbero sognati di definirsi tali, ne assumono il nome ed anche  qualche concetto anche se sono lontani dall’elaborazione compiuta di una dottrina che dovrebbe applicarsi alla prassi politica. A tal fine i testi, non pochi in verità, che alimentano le ragioni del conservatorismo facendolo derivare dai principi controrivoluzionari, reazionari e tradizionalisti, non sono pochi. Tra i tanti spicca il  volume di Joseph de Maistre (1753-1821), caposcuola della rivolta contro la modernità illuminista, Saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche e delle altre istituzioni umane, riproposto tempo fa  dalle Edizioni Fiducia, a cura di Roberto de Mattei che è una profonda meditazione politico-morale dalla quale il nuovo conservatorismo potrebbe assumere punti di vista non occasionali.

De Maistre scriveva il suo Saggio quando l’inversione di tutti i valori tradizionali e la decadenza degli ideali che fino ad allora avevano informato gli istituti politici, facevano presagire alle intelligenze più avvertite di quali proporzioni fosse la catastrofe che oggi noi vediamo con chiarezza. In quel tempo, immediatamente dopo il 1789, la voce di de Maistre, attraverso i suoi scritti, fu molto di più che un grido di rivolta, rappresentando per la sua generazione e per quelle successive un costante punto di riferimento dottrinario come Burke, von Halller, Barruel, de Bonald, Donoso Cortés, Barbey d’Aurevilly, tra gli altri, con la differenza che per l’acutezza dell’ingegno (basta ricordare le intelligenti polemiche contro Voltaire) e per il particolarissimo rigore ideologico, tutti li sopravanzava.

La disgregazione sociale e morale che segna il nostro tempo e l’irresponsabilità politica della maggior parte delle classi dirigenti occidentali hanno origini e cause molto lontane che i numerosi politologi di ispirazione laicista non comprendono perché la prospettiva nella quale si pongono è quella della “desacralizzazione” delle società affluenti e dello scadimento della vita conseguente all’abbandono di una trascendente dimensione, legittima l’analisi critica del disfacimento avvertito perfino da osservatori ed autori che nulla hanno a che fare con il pensiero conservatore.

Infatti, come scrive nell’Introduzione de Mattei “In un’epoca che proprio nella perdita del sacro ha la sua determinante, la legittima funzione di queste pagine di de Maistre sembra essere appunto quella di ricordarci che il fondamento delle società e degli Stati è divino e sacrale è il loro fine. La riaffermazione di questa verità è la prima e più necessaria condizione per la sua riconquista sociale”.

Conforme al diritto naturale, la tesi di de Maistre è che l’autorità, come la libertà, ha origine spirituale e quindi l’uomo non può creare sovrani, rigettando così le teorie contrattualistiche, hobbesiane e rousseauiane . Consapevole della funzione positiva della religione nelle società, de Maistre afferma: “Le nazioni più celebri dell’antichità, soprattutto le più grandi e le più sapienti, come gli egiziani, gli etruschi, i lacedemoni, i romani, avevano precisamente le costituzioni più religiose; e la durata degli imperi è stata sempre proporzionata al grado di influenza che il principio religioso aveva acquisito nella costituzione politica. Le città e le nazioni maggiormente dedite al culto divino sono sempre state le più sagge come i secoli più religiosi sono sempre stati quelli contraddistinti dal genio”.

A conforto della sua tesi de Maistre adduce l’azione dei colonizzatori in America, rilevando che “da tre secoli siamo là con le nostre leggi, le nostre arti, le nostre scienze, la nostra civiltà, il nostro commercio, il nostro lusso; quali vittorie abbiamo riportato sullo stato selvaggio? Nessuna.

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