
Lungo la strada che percorro ai piedi del Taburno mi fermo in un piccolo campo e poco distanti ci sono abitazioni sparse che fanno parte di Santo Stefano, frazione di Vitulano che conta meno di cento persone, scambio qualche parola con il nonnino che all’ora ormai di pranzo rientra dal suo orticello. Un saluto accompagnato da un sorriso e mi soffermo a guardare un sasso che cattura la mia attenzione, sembra un piccolissimo fossile di conchiglia. Mi giro verso la catena del Matese ed il mio pensiero mi porta all’ultima volta che andai a Pietraroja, un tempo chiamata “Pietra rossa” per la pietra calcarea di colore rossastro del monte Mutria, è un incantevole paesino immerso nel verde sulle pendici nella catena del Matese. Tutti ormai accennando a Pietraroja si riportano con la mente al ritrovamento di “Ciro” il piccolo fossile di dinosauro ormai noto in tutto il mondo. Il paese fu il centro dei Sanniti che vide sia le guerre, appunto sannitiche, che quelle sociali romane. Pietraroja fu distrutta dalle guerre e dai terremoti e ricostruita in varie epoche senza mai arrendersi.
Dalla terrazza dove essa sorgeva già dal 1688 si gode tutt’ora di un panorama straordinario sui monti Mutria, Moschiaturo, sulla vallata di Cusano Mutri fino a perdersi con lo sguardo verso le montagne di Solopaca. È terra meravigliosa dove nel suo silenzio naturale ci si immerge come per abbandonarsi nelle braccia delle Driadi, le bellissime ninfe dei boschi, per danzare con esse al suono del liuto. Immaginando di percorrere i viottoli dei boschi ci si imbatte in sentieri che sembrano uscire dalle fiabe fino ad arrivare alle Gole di Caccaviola lasciandosi immergere nelle fresche acque sorgive dalle preziose proprietà disintossicanti e diuretiche. Sono tantissime le fontane naturali come Làu Pesula nella Faggeta o la fontana del Tasso dove ci si può dissetare e rinfrescare nelle giornate estive che grazie alla frescura delle vegetazioni non sono mai torride, mentre invece gli inverni sono freddi e colorano di bianco le montagne, le vallate ed il paese.
Percorrendo i sentieri incantevoli del Monte Mutria o dal valico di Santa Crocella, si arriva alla bocca dell’Inghiottitoio carsico chiamato il Trabbucco, fino a trovarsi dinanzi l’impressionante forra scavata dall’acqua in località Rave, per poi raggiungere la “Grotta delle Fate”, utilizzata dai leggendari briganti.
Si risale spostando l’attenzione all’antichissimo borgo, dove imponente si erge la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta con il suo portale romanico del XI secolo che viene sorretto ai due lati da una leonessa e un’orsa che allatta i due cuccioli. Sullo stemma del paese viene raffigurato un leone rampante sulla vetta a tre cime, simbolo di punto di forza di quel popolo fiero e coraggioso. Le stradine del paese ricordano il passato e le mura delle abitazioni esaltano immagini che riportano a usi e costumi del popolo che fu, delle battaglie, delle carestie, del tempo che pare essersi fermato sotto gli archi, aggrappato ai caminetti, intrufolato dalle finestre come le antiche leggende delle janare e dei maghi che tra l’Ottocento ed il Novecento videro diventare famoso un celebre mago del luogo, “Zi Peppu”, presso il quale giungevano persone da tutte le zone limitrofi e oltre regione per farsi levare malefici e sortilegi in cambio donavano cibo e primizie.
A testimoniare queste credenze in Via Torino esiste un altorilievo del 1606 che raffigura la faccia di un uomo che fa la linguaccia, quasi a schernire chi la guarda, con una stana scritta in lingua sconosciuta sotto quel viso, ritenuta magica.
Lo scricchiolio dei portoni, l’odore dei sassi che sorreggono certi palazzi fanno pensare alla solitudine dove vivono i pochi abitanti di quel paesino a 819 metri sul livello del mare.
I panni stesi alle corde penzolanti da una finestra all’altra mostrano antichi merletti cuciti con maestria alle lenzuola candide e spesse. Anche il viso del gatto sulla panchetta sembra appartenere ad un tempo fuori della nostra epoca. Non incontro bambini durante la passeggiata, ma il nuovo parco giochi sulla strada principale fuori dal borgo antico mi fa capire che qui in fondo non è triste quella che sembra solitudine di un posto isolato e solingo piuttosto è quiete e armonia. Ogni albero sembra disegnato accanto ad un filo d’erba, ogni tetto sovrasta i campi ben coltivati, ogni lembo di cielo ricopre un tappeto di sogni che corrono di casa in casa nelle notti stellate. È gente fortunata nel poter vivere lontano dal frastuono, dal caos, dalla mancanza di valori. Qui tutto acquista una luce propria, qui ogni cosa è genuina come genuini sono i prodotti di questa terra, il formaggio con gli ottimi caciocavallo, ricchezza donata dalla pastorizia, il famosissimo prosciutto di Pietraroja rinomato attraverso i secoli, il pane profumato e saporito. Se questa terra, come testimoniato dal fossile di dinosauro vissuto 113 milioni di anni fa, da denti di squalo e di alligatori, è sopravvissuta a varie estinzioni e da mare ora è flora e fauna ricchissima del Sannio possiamo essere certi che oggi il popolo che vive a Pietraroja può essere orgoglioso di considerarsi testimone dell’umanità e di vita di questo pianeta.