• 10 Marzo 2025
Editoriale

Come può l’Europa tornare ad essere padrona del proprio destino? Riacquisendo il proprio ruolo storico, o semplicemente sviluppando e creando una Europa più forte, un Europa Stato Unita, divenendo una Nazione – Stato?

In ogni caso l’Europa deve riappropriarsi della sua geopolitica, risaldando la sua nazione di 450 milioni di cittadini, implementando il suo Pil, mai inferiore a quello statunitense, e cercando di far fronte alle minacce delle multinazionali cinesi, alle crisi determinate da aggressori non minoritari come la Russia, e persino fronteggiare con grande maestria e diplomazia il moderno modello americano trumpiano, con fughe verso Musk, nuovo imprenditore avanzato non solo tecnologicamente ma anche politicamente con una grande fame di futuro.

Tutto ciò richiede una rinnovata integrazione a livello di politica europea, sia nell’ambito della sicurezza militare, costruendo infrastrutture congiunte e comuni, sia nell’ambito della sicurezza economica, sottraendosi da una dipendenza energetica, e svoltando verso un’energia sostenibile, ma non solo alternativa, per una maggiore competitività economica aziendale, cercando di non penalizzare con una deregolamentazione l’ambiente ma nemmeno l’occupazione e le imprese.

Solo in tal caso, la rinascita europea scivola volontariamente verso valori di natura secolari e fondamentali, che sono nel rispetto delle diversità, la libertà, i diritti umani, e la realizzazione di uno Stato di diritto unito, verso la difesa del vivere civile e sostenibile, verso la salvaguardia delle frontiere, evitando l’estremizzazione religiosa del greenismo ecologista ma anche del wokismo globalista che minacciano la preservazione delle sovranità democratiche sovranazionali europee.

Certamente anche l’oligopolismo finanziario sottrae ora più che mai, l’Europa da una libera evoluzione, determinando un dominio finanziario e digitale, che sfora in un capitalismo rinnovato da terzo millennio, capiente per un “Terzo Paradigma”, forte di un narcisismo atlantista, dove la politica ignara non percepisce fondamentalmente le decisioni da applicare.

Il futuro spinge verso una trasversalità politica, ed un’economia non più predittiva e sebbene l’Europa dal cuore antico resta ricca di risorse e capacità, per promuoversi nuovamente sullo scenario globale, deve ritemprare le coscienze e rafforzare i legami politici, bilaterali all’estero, protesa verso una dimensione di opportunità economiche e tra gli Stati membri, rafforzando con investimenti lungimiranti, la difesa comune, l’indipendenza energetica, e l’indipendenza democratica del sorgere di una nuova era dove l’Europa si possa riscoprire padrona del proprio destino.

Ma il tema cruciale resta un’Europa fortemente burocratica dove le rispettive sovranità soccombono al sistema di applicazione del futuro digitale che avanza e sebbene la “semplificazione” e “l’innovazione” non sono più slogan ma necessità e paradigmi di sistema, le economie sovrane continuano in una cooperazione troppo antagonista fra loro e poco competitiva rispetto alle super potenze. 

La possibilità in Europa di lavorare congiuntamente verso un destino unito, esiste, per evitare forme di stagnazione economica troppo lunghe ed irreversibili, allora la ricetta non è probabilistica ma realistica, l’Europa deve volgere verso una leadership concreta che possa coniugare quanto finora asserito in un ambito economico, politico, integrato sovrannazionale, perché per far ricrescere l’Europa non basta la semplice competitività, ma questa metafora bisogna sperimentarla in ogni ambito, anche migratorio, con una controriforma.

Un esempio possibile è l’Italia, che strategicamente sta riconquistando una leadership, sovrana all’interno del sistema internazionale, in particola verso gli Stati Uniti d’America, ma nonostante la sua supremazia geopolitica e grafica  all’interno dell’Europa, stenta ancora a promuoversi su un piano bilaterale paritetico, con L’America, e ciò potrebbe implementarsi con una maggiore capacità cercando di investire in ambiti energetici, tecnologicamente avanzati, nella difesa, modulandosi in un autonomia strategica di opportunità sempre più confacenti.

All’Italia, già strategicamente avanti, con il Piano Mattei nel Mediterraneo, basterebbe, aumentare il suo ruolo strategico nelle svariate missioni del Mediterraneo, rispolverando così un ruolo storico, ma al contempo politico che fu nel passato, esemplare, vista la nostra geografica e congeniale posizione nel mar Mediterraneo.

Più l’Italia nel contesto europeo e rispetto alle super potenze sarà percepita come strategica ed autonoma, più l’Italia sarà forte, per guidare la ciurma europea verso una rinascita, perché in tal caso si riconoscerebbe ad essa una capacità di traino e di possibilità di alleanze che sono richieste per vincere il futuro.

Queste implicazioni strategiche sono maggiormente vere nei rapporti transatlantici, poiché non basta avere solo un riconoscimento di sintesi diplomatica, quale viene riconosciuto e attribuito alla leader Meloni, nelle sue performance estere, e non è sufficiente essere hub energetico per l’Europa, ma bisogna essere percepiti come una Nazione inarrestabile, e paritetica, al fine di divenire alleati imprescindibili e fulcro dell’Europa e il presidente Meloni lo è, non solo perché le sue politiche stanno portando la nostra nazione ad un livello di percezione mai sostenuto fino ad ora, al fine che il Paese Italia possa mantenere un ruolo centrale nella politica internazionale.

La Meloni, ha la caratura per implementare questo ruolo sfruttando il vantaggio e la posizione strategica dell’Italia nel Mediterraneo, per lo sviluppo energetico e militare di difesa nelle missioni Nato e al contempo per lo sviluppo tecnologico, tale da essere percepita come la leadership di traino dell’intera Europa, come potenziale paritetico, interlocutore ambizioso e prezioso, per un Europa, da riformattare, nel pensiero politico programmatico, ispirato ad una nuova agenda.

Le dinamiche europee e globali, richiedono un peso ponderato di percezione di leadership che non si confà agli altri leader europei, non solo per capacità ma anche perché le loro economie stanno vivendo uno stato di recessione, che sposta l’asse di attenzione verso l’Italia e il Presidente Meloni, che sta giocando un ruolo impareggiabile colmando finalmente quel divario esistente tra percezione dell’Italia, fino ad oggi sottostimata e vassalla, a un Italia influente politicamente ed economicamente, con pari dignità essendo per divenire una Nazione con un ruolo primario nello scacchiere internazionale.

La flessibilità diplomatica del Presidente Meloni, ha costruito in solo due anni un ruolo innovato nelle dimensioni estere, in particolare con l’America e con Trump, non solo per il tramite di Elon Musk, ma anche per il suo audace pragmatismo non ideologico, che non si sofferma alla retorica di partito e la consacra leader della destra conservatrice europea, e dell’internazionale conservatrice, apportando all’immagine della Nazione italiana un surplus di valore aggiunto, che non è dettato da un narcisismo né politico, né puramente relegato alle forze del capitalismo, ma allo sviluppo dell’economia reale, dell’Italia  e dei Partners frontalieri che intercetta con maestria e con i quali stringe accordi di notevole rilevanza commercialista , in termini multilaterali.

La Meloni, è attualmente erede di una capacità riconosciuta ai maggiori conservatori globali e in particolari europei, la sua capacità di dosare e calibrare il linguaggio con una dialettica forbita, le consente di essere in un ruolo ad ella consono e di sostenere con equilibrio e un profilo istituzionale, degno di un leader non solo Italiano, altresì di caratura europea, naturalmente da sempre sottovalutata, come lei stessa sostiene a più riprese, le ha conferito un margine di libertà per affermare la sua leadership a livello internazionale, a tal punto che lo stesso Trump interloquisce con lei come pari esponente di un neo Stato Unito d’Europa. Stiamo dunque vivendo il superamento del Merkelismo per sfociare in una strategica leadership, portatrice di un rinnovato Melonismo.

La sua leadership è credibile, e denota una grande flessibilità, nelle decisioni e nelle priorità politiche, perché, la Meloni riesce a interloquire come un interlocutore strategico, portavoce di istanze complesse che riguardano non solo l’Italia in primis ma anche l’Europa, relative a situazioni economiche geopolitiche complesse non solo statisticamente ma anche politicamente.

Certamente l’Italia è un ponte naturale tra l’Africa e l’Europa, come lo è un ponte strategico tra l’Europa e gli Stati Uniti, nel primo caso si ridurrebbero le difficoltà connesse alla politica migratoria europea, nel secondo si moltiplicheranno con l’America e il suo mercato commerciale scambi di notevole importanza, sottraendo mercato ai cinesi, quindi l’Italia per conformità e per leadership è deputata ad un futuro di rilevanza all’interno dell’Europa, avendo in entrambi casi un ruolo di grande mediazione, favorito dalle politiche europee di un Melonismo, lungimirante e strutturato nel lungo periodo, per focalizzare una autonoma e strategica leadership europea, e un ruolo dominante italiano.

Da un punto di vista geopolitico, questa nuova veste italiana, certamente favorirà l’Italia e il Made in Italy, indipendentemente dai dazi di Trump, e anche dai diktat europei, ma la grande capacità di una leadership simile non possiamo ridurla o sminuirla ad semplice incremento della bilancia commerciale e del suo export, infatti dobbiamo essere comunque cauti, al fine che l’Italia nella sua ascesa con la Meloni  non marginalizzi i rapporti con l’Europa sminuendone la cooperazione o riducendone l’importanza e indebolendola a suo vantaggio nello scenario internazionale, come fu della Merkel che in tempi intergovernativi, operava in nome dell’Europa per favorire solo la bilancia commerciale tedesca.

Autore

Economista, Bio-economista, web master di eu-bioeconomia, ricercatrice Unicas, autrice e ideatrice di numerosi lavori scientifici in ambito internazionale. Esperta di marketing. Saggista, studiosa di geopolitica e di sociopolitica. È autrice dei saggi “Il paradosso della Monarchia” e di “Europa Nazione”. Ha in preparazione altri due saggi sull’identità e sulla politica europee.