Ferma, ascolto il vento che attraversa gli alberi e le vette fino a imbattersi contro i miei capelli e al mio viso. Gelido, travolge ogni cosa, persino l’ultimo filo d’erba che ancora resiste all’inverno del Sannio.
Dal campanile del Santuario del Roseto i miei occhi valicano i confini fino a posarsi sulle cime del Matese. Mi perdo in un volo immaginario ,dal campanile, come se fossi un falco, cado in picchiata giù dal monte fino ai piedi di esso dove Solopaca, antico borgo fatto di filari di perle , inebria con i suoi vini pregiati le menti e gli animi del suo popolo.
Dai Ceva Grimaldi la nobiltà rese questo luogo ricco e prospero, nobili nei cuori prima che per ricchezza. Volo basso e sfioro il fiume Calore che come un’anaconda taglia in due il territorio “serpenteggiando” fra vigneti e antiche masserie, passando sotto l’antica maestosità del ponte Maria Cristina . Una volta il fiume lo si attraversava con una zattera chiamata ” scafa” che permetteva di oltrepassare la riva a persone e carri con merci e viveri.
Mi rifletto in uno specchio d’acqua mentre sorvolo il lago, metà di Solopaca e per l’altra metà di Telese, una condivisione eterna quanto queste zolle di terra. L’odore di zolfo si fa forte in prossimità delle vecchie terme telesine dove gli avi erano abituati a rilassarsi e a curarsi in quelle acque dei miracoli. Meraviglioso il volo lungo il corso d’acqua cristallina del Grassano, fra smeraldo e turchese il mondo diventa la mia oasi di pace. Ma voglio raggiungere le vette imponenti del Matese, le cime bianche di una montagna che regna sulla vallata del tempo che ha visto guerrieri, storici,letterati, soldati, guerre, vita e morte di questi popoli forti ed orgogliosi.
La vallata è una distesa di paesaggi, di campanili, di profumi, di prodotti gastronomici d’eccellenza come salumi, formaggi, miel, olio e vini, di borghi, di vicende, di racconti. Volo fra i rami di querce, ciliegi, ulivi, betulle, mi inoltro nei campi che d’estate si colorano del biondo grano, ed ecco inizia la collina,i castagneti che dopo la pianura di Amorosi, San Salvatore, si innalzano verso il castello di Faicchio, Cusano, fino a scontrarmi quasi contro le rocce dove i dinosauri furono i padroni, come testimoniato dal ritrovamento di “Ciro” piccolo dinosauro unico al mondo, Scipionyx samniticus, un eccezionale fossile riemerso dagli scavi a Pietraroja. Ancora qualche paese, poi dritto fino in cima,l’odore del sottobosco è una costante, i funghi porcini e le castagne sono i regnanti in questo massiccio dell’Appennino sannita.
Improvvisamente un lago immenso, dal colore del cielo con tanti cavalli che liberi galoppano lungo la riva. Sono a duemila metri, mi libro in volo, ammicco un sorriso con dentro gli occhi l’immagine di un paradiso che narra fiabe come solo un cantastorie potrebbe interpretare. Tutto qui riporta ai Romani, chiese, teatri, conquiste. Tutto ha il fascino del tempo che non ha scalfito la bellezza di questi territori fra Campania e Molise. Mi guardo indietro e vedo la catena del Taburno di fronte, la figura elegante della bella Dormiente, dovrò riprendere il volo e fare ritorno al campanile del vecchio e amato Santuario Diocesano Mariano del Roseto…un battito di ali e sono nuovamente lì ad invocare una preghiera alla Santa Vergine affinché doni a tutti la fortuna di ammirare la bellezza della nostra terra, dal Taburno al Matese uniti dalla ricchezza di popoli forti e leali.