Esce anche in Italia un saggio che ha fatto discutere in Spagna mentre da noi regna ancora il silenzio… Si tratta di “Un’occasione d’oro per Mussolini” nel quale il giornalista iberico Manuel Aguilera Povedano svela l’incredibile trattativa del 1937 tra l’Italia fascista e la Spagna repubblicana già alle prese con la sollevazione di Francisco Franco. Al centro di tutto molti soldi e… le Baleari…
La diplomazia segreta non smette di stupire anche perché si incarica ciclicamente, per ogni periodo storico, di smentire i faciloni che pensano che il colori dominanti della Storia siano, in alternanza tra loro, il nero e il bianco. E invece, la realtà ci dice che spesso a farla da padrone è il grigio. L’ennesima e ultima, in ordine di tempo, conferma arriva dalla Spagna dove è uscito da poche settimane un libro che può far venire attacchi di orticaria ai custodi – anche da quelle parti molto attivi e rabbiosi – della vulgata, così attenta a separare nettamente tutto quello che è stato (o che a loro sembra essere stato…) Fascismo e ciò che invece è stato (o sembra esser stato…) Antifascismo. A rimescolare le carte questa volta è Manuel Aguilera Povedano, 44 anni, giornalista di Maiorca col pallino della ricerca storica di cui ora esce anche in Italia uno studio sorprendente e, ad oggi, trascurato dalla stampa nazionale: «Un’occasione d’oro per Mussolini» (Logisma editore, Firenze, pp. 176, € 20,00), giunto in Spagna alla seconda edizione in meno di un mese dalla sua uscita, lo scorso giugno. Cosa ha scoperto Aguilera? Che nel 1937, dopo neanche sette mesi di guerra civile, iniziata con la sollevazione militare guidata dal generale Francisco Franco contro il governo social-comunista repubblicano, a Madrid si studiò un piano per indurre l’Italia fascista e la Germania di Hitler a smettere di sostenere i franchisti. Un piano che oggi sembra, a un tempo, folle, suicida e ingenuo ma che all’epoca, vista evidentemente la difficile situazione in cui si trovava il fronte repubblicano, doveva apparire praticabile e interessante per la controparte, cioè Mussolini.
Come ogni operazione segreta anche questa aveva un nome in codice: «Operazione Schulmeister». Un nome che è già tutto un programma perché richiama la figura di una spia dell’Ottocento: Karl Ludwig Schulmeister (1770-1853), agente doppio al servizio dell’Austria e soprattutto della Francia napoleonica (ci fu, tanto per dire, il suo zampino dietro la cattura del Duca di Enghien, poi fucilato per ordine di Napoleone). L’«Operazione Schulmeister» aveva l’obiettivo di indurre in particolare Mussolini a ritirare il proprio appoggio allo schieramento nazionalista di Franco in cambio della cessione all’Italia delle Isole Baleari. Tutto sarebbe iniziato nel gennaio 1937, a Parigi, nell’ufficio dell’ambasciatore di Spagna, il socialista Luis Araquistáin, il quale avrebbe messo nero su bianco il suo piano in una lettera indirizzata a Madrid a Francisco Largo Caballero, allora primo ministro della Repubblica. Araquistáin partiva dalla convinzione – in realtà abbastanza discutibile – che tanto Mussolini che Hitler non stavano aiutando Franco per motivi ideologici ma piuttosto per interessi economici e coloniali. Quindi, scriveva l’ambasciatore, «il non intervento in Spagna deve essere comprato». Con cosa? Araquistáin riteneva che i dittatori avrebbero rivisto la propria posizione in cambio di concessioni e vantaggi, inclusi territori spagnoli. Importanti territori come le isole Baleari.
Da Madrid non arrivò, evidentemente, nessun «Vaffa…» visto che, nel giro di qualche settimana, l’operazione ideata da Araquistáin prese il via: il 9 marzo 1937 l’ambasciatore spagnolo prese contatto non con il suo omologo italiano a Parigi, l’ambasciatore Vittorio Cerruti, ma con Dino Grandi, «pezzo da Novanta» del Regime fascista e all’epoca titolare della rappresentanza diplomatica italiana a Londra. Secondo quanto ha ricostruito Aguilera i due diplomatici organizzarono un incontro tra due agenti: non a Parigi e neanche a Londra ma in un caffè a Monaco di Baviera. Di chi partecipò all’avvio delle trattative per l’Italia non si sa nulla tranne che era calvo, alto, con una Mercedes con targa svizzera; mentre dell’agente spagnolo sappiamo qualcosa: si sarebbe trattato di un certo José Chapiro, traduttore, giornalista e laureato in filosofia, ebreo ucraino, che come nome in codice aveva proprio «Schulmeister»: evidentemente un modello cui ispirarsi.
Aguilera ha rintracciato i primi documenti che accreditano questa trattativa – e diversi altri incontri a cui l’agente Chapiro avrebbe partecipato – nel 2005 in un archivio dell’Università di Stanford, in California. Un cospicuo dossier di un centinaio di pagine che conferma oltre ogni dubbio la disponibilità dei repubblicani antifascisti spagnoli di cedere territori all’Italia fascista. Un dato importante è che i documenti custoditi a Standford non sono che una copia di quelli conservati nell’Archivio Storico Nazionale di Spagna (il corrispondente del nostro Archivio Centrale dello Stato di Roma). Documentazione vista negli anni Ottanta da uno storico, Javier Tusell, per una biografia di Araquistáin ma che non avevano suscitato alcun clamore. Non a caso, visto che già negli anni Cinquanta l’ex ministrodella Salute, l’anarchica Federica Montseny Mañé, interrogata da uno storico americano, pur riconoscendo che di questi temi si era parlato nel Consiglio dei ministri repubblicano, aveva dribblato la questione con un «è ancora troppo presto per scrivere tutta la storia».
Ma da parte italiana come si reagì alla sorprendente iniziativa spagnola? Sembra che Mussolini abbia posto tre condizioni per accettare l’offerta della Repubblica: recuperare i 100 milioni di dollari già spesi in guerra, vantaggi commerciali e un piano di occupazione delle Baleari con una colonia di 100 mila italiani, che prevedeva anche la cessione di Maiorca come base aerea. Queste richieste raffreddarono molto gli spagnoli anche se, dalla scarsa documentazione di parte italiana disponibile, sembra che da Roma si avviò comunque un piano di penetrazione commerciale accompagnato dal trasferimento di un numero imprecisato di italiani. La prova più evidente di questa impresa di «colonizzazione sotto traccia» fu l’acquisto nel maggio 1938, tramite il ministero delle Finanze, della terza tenuta più vasta di Maiorca per cinque milioni di pesete. Per aggirare una legge che impediva agli stranieri di acquistare terreni rivieraschi (i terreni acquistati corrispondevano a circa cinque km di costa) senza autorizzazione militare, l’Italia si servì di una società di facciata, la Celulosa Hispánica, e utilizzò dei prestanome di Maiorca. Un’operazione poi interrotta dallo scoppio della Seconda guerra mondiale.
Ma l’«operazione Schulmeister» prevedeva anche una trattiva con i tedeschi perché si sapeva che Berlino era interessata alla produzione agricola spagnola oltre che alle miniere di ferro. A condurre la trattiva fu sempre Chapiro che si incontrò due volte, nel marzo e nell’aprile 1937, con il direttore della Reichsbank, Hjalmar Schacht. Un terzo incontro si sarebbe svolto poi a Strasburgo a metà aprile. Berlino inviò un agente di nome Gruber che richiese al governo di Largo Caballero una dichiarazione ufficiale a conferma della serietà della proposta. Ma i colloqui si arenarono perché Schulmeister non riuscì a farsi dare sufficienti garanzie dal governo di Madrid.
Perché questi bizzarri piani fallirono? Secondo Aguilera ci furono più concause: in primis l’inasprimento della guerra che proprio mentre le trattative avanzavano visse due momenti drammatici. Prima ci fu la – non decisiva – sconfitta delle truppe italiane a Guadalajara (8-23 marzo 1937) abilmente sfruttata dalla propaganda repubblicana con conseguente irrigidimento di Mussolini; poi fu la volta del celebre bombardamento tedesco di Guernica (26 aprile) cui seguì l’inasprimento delle incursioni aeree italo-tedesche su Barcellona e Valencia. Ma forse il fatto davvero decisivo arrivò il 17 maggio 1937 quando, caduto il governo di Largo Caballero, divenne primo ministro spagnolo Juan Negrín. A questo seguì l’avvicendamento anche all’ambasciata di Parigi dove Araquistáin lasciò il posto ad Ángel Ossorio. E così, dopo qualche mese di abboccamenti e consultazioni, il piano repubblicano di rabbonire Roma e Berlino a scapito degli insorti di Franco offrendo terra spagnola finì nel nulla per poi essere coperto per decenni dal silenzio imbarazzato delle parti coinvolte. Un silenzio che Aguilera Povedano ha provato a scalfire ma, pare, con scarsi risultati finora.