Ricordiamo Maria Callas (2 dicembre 1923- 16 settembre 1977), una soprano molto nota per il suo successo artistico, che fece emergere la sua unicità in ambito musicale; ella, infatti, ha lasciato traccia, tra i contemporanei,del suo operato e della sua egregia maestria lirica diventando ,così , un modello esemplare.Una donna fragile, infelice, protesa verso la strada del successo, ma continuamente ostacolata nella sua vita privata.
Maria Callas, il cui vero nome è Sofia Cecilia Kalos, mentre il nome di battesimo è Anna Maria Cecilia Sofia Kalogeropoulou, il cui cognome fu semplificato al suo arrivo negli USA in Callas, è stata una soprano statunitense di origine greca. Dotata di una voce dal timbro forte e di volume esteso, ebbe buona formazione tecnica grazie alla sua maestra e soprano Elvira de Hildago. Con tecnica e talento musicale ben limati, interpretò bene il repertorio italiano della prima metà dell’Ottocento. Carmelo Bene disse di lei che <<Maria Callas ha, dalla sua prima apparizione, ecceduto le attese stucchevoli dei melomani imponendosi, carismatica, come un altrove non solo del melodramma , di pur gradevole routine, ma in quanto musicalità in persona. Perfetta, eppure oltre la musica […] Sarebbe un oltraggio definirla miseramente una “grande cantante”. Era, ed è, l’arte>>.
Maria Callas scriveva l’11 novembre 1948 al futuro marito Giovanni Battista Meneghini: <<Se avessi più tempo sarebbe tanto meglio per il successo della Norma. Perché non si studia mai abbastanza la Norma>>. Una settimana dopo, in seguito alle prove di uno spettacolo andato in scena a Firenze, in un’ altra epistola asseriva così: <<Dice [Tullio] Serafin che è arcicontento della mia Norma, ma purtroppo io non lo sono per niente. Sono convinta di poter fare cento volte di più ma la voce non mi accontenta e non mi rende quello che voglio!>>.
Una donna incontentabile, protesa a migliorare le proprie qualità, molto ambiziosa che, attraverso il suo carattere determinato e oscillante tra lo sconforto e la felicità assoluta, diventò una delle più famose e amate soprano. La sua voce si caratterizzava, dunque, per un timbro intenso, particolare e per l’estensione vocale. Riuscì ad interpretare in maniera elegante le donne di Vincenzo Bellini ,come la “Norma” e la “Sonnambula”, la “Medea” di Cherubini e , nel 1948, l’ “Aida” di Verdi.
Iniziò questo percorso musicale nel 1942, con Puccini e la “Tosca” in Grecia , dove ebbe un grande successo. La sua maestra di canto fu Elvira de Hildago, cantante spagnola che a 47 anni, aveva interrotto la sua carriera per iniziare ad insegnare in un conservatorio di Atene. Renzo Allegri, un critico, afferma che: <<Quando incontrai Elvira, mi raccontò che Maria le chiese di poter seguire tutte le sue lezioni: arrivava in classe alle dieci del mattino e vi restava fino a sera>>. Maria, così, attraverso un costante sacrificio e duro zelo, divenne una importante interprete lirica dell’opera greca. Con la fine della guerra tornò a New York, luogo natio dove viveva anche il padre, perché fu accusata di collaborazionismo avendo cantato anche con compagnie dirette da tedeschi e italiani. Le accuse proseguirono anche durante gli anni trascorsi a New York, tant’è che per due anni non fece neanche un concerto.
<<A salvarla fu un italiano>>,ci informa il critico Allegri, il quale prosegue dicendo che <<Nel 1947 aveva conosciuto Nicola Rossi-Lemeni che parlò di lei al tenore Giovanni Zenatello. Quest’ ultimo stava cercando un soprano adatto a interpretare il ruolo di Gioconda, nell’ omonima opera di Amilcare Ponchielli, all’Arena di Verona, volle ascoltarla e la scritturò subito. Il commento era veramente misero e Maria Callas venne in Italia viaggiando su una nave commerciale. A Napoli, dove sbarcò, le rubarono la valigia. Giunse a Verona con i soli vestiti che aveva addosso>>.
Fu grazie a ciò che, nella vita di Maria, si delineò una svolta sentimentale. A Verona, infatti, partecipò a una cena con gli addetti, dirigenti dell’ Arena , interpreti e uomini noti della città, tra cui l’industriale Giovanni Battista Meneghini. Quest’ultimo si innamorò di lei e l’assunse come sua manager. Fu un amore a prima vista.
Ancora, Allegri, ricorda che <<Maria Callas diventò l’idolo di tutti i teatri, tranne la Scala; (…),ma fu il commendator Stefanotti di Parma a risolvere il problema: parlò con Toscanini,che volle conoscere la cantante; i due si incontrarono il 28 settembre 1950, nell’ abitazione del maestro a Milano.(…), cinque giorni dopo, Ghiringhelli scritturò Maria Callas, che debuttò nel teatro milanese inaugurando la stagione con i Vespri di Verdi>>.
La soprano era abbastanza alta , ma tra il 1952 e il 1954 , aveva interpretato svariate opere e aveva perso 28 chili, arrivando a pensare da 92 a 64 chili:fu un vero e proprio tempestivo cambiamento fisico.
Nacquero, dunque, diverse dicerie , come quella che avesse ingerito la larva di una teina. Quelle agognate felicità e tranquillità che si prospettava nella vita della cantate, sia per i successi di pubblico ,che per il suo amore per Meneghini, furono solo pure utopie, in quanto nel 1958 interruppe la “Norma” dopo il primo atto e, nel 1959, abbandonò il marito per il greco Aristotele Onassis. Ma, dopo tanti anni, Onassis si innamorò della sorella di una ex amante. La Callas non si abbatté, poiché continuò ,a testa alta, la sua carriera da soprano , andando in scena fino al 1965 circa e diventando una delle protagoniste indiscusse dei palchi mondiali.
Allegri, allora, con spirito critico e analitico interpretò il suo essere e modo di agire, raccontandoci che<<Maria Callas era una bambinona che aveva sofferto molto nella sua vita , ed era di una ingenuità spaventosa. Era affamata di affetto e prendeva cannonate da ogni parte. Quando si innamora di una persona diventava ossessiva e perdeva la testa. E questo, forse, perché da bambina e da ragazza aveva sofferto tantissimo per mancanza di affetto. Sua madre stravedeva per la figlia maggiore e trascurava Maria. I suoi coetanei non la degnavano di uno sguardo perché era grassa, trasandata, bambolona. Se un uomo le si dimostrava gentile, pensava che fosse innamorato di lei e si concedeva anima e corpo>>.
Meneghini, di cui la Callas ne fu estremamente innamorata, gli si concesse, soprattutto ,per i suoi soldi , pensando più alla sua voce che a lei, in quanto donna e moglie. Onassis , invece, se ne serviva per attirare personalità di spicco sulla sua nave, considerandola una serva o schiava. Ingenua, poco scaltra fu, insomma ,preda di uomini in virtù della sua voce.
Si innamorò, infine, di Pasolini,molto gentile nei suoi confronti. Pasolini era omosessuale, ma forse, la Callas non era a conoscenza di ciò. Egli, nel 1969, dedicò alla Callas la poesia ” Un affetto e la vita”, facente parte della raccolta “Trasumanar e organizzar”. Una vita, dunque ,caratterizzata da una felicità agognata, ma mai raggiunta, anzi, sovente taciuta e soffocata nella fragilità. Così, la sua esistenza ebbe una espressione infelice ma, in volto, sempre sorridente . Forse, fu felice solo quando visse con Meneghini, dal 1947 al 1959. Amava l’arte, la lirica, i palchi, il pubblico, le opere da interpretare, ma anche la famiglia, sperando di avere qualcuno accanto a sé da amare ed essere amata. Tutto ciò non arrivò mai, ebbe solo sporadici sprazzi di felicità, leggeri e poco tangibili. Il sentimento e la famiglia non li abbe mai; il fato decise così per lei.
Nel 1977 chiuse gli occhi, portando con sé l’appellativo di “Divina” che,il successo artistico e la sua bravura, le hanno attribuito, tanto che ancora oggigiorno è citata come “la Divina”.