I fratelli Torre – Carlo (1812-1889) e Federico (1815-1892) – furono due esponenti del movimento risorgimentale beneventano che contribuirono, in ruoli diversi ma convergenti, prima alla caduta dell’enclave pontificia di Benevento e poi alla istituzione della Provincia di Benevento. Il padre Giovanni fu liberale, carbonaro, esule in Francia nel 1799 per poi ritornare a Benevento con il governo di Louis De Beer. Federico scrisse per il periodico Il Contemporaneo e fece proprie le istanze del Primato di Vincenzo Gioberti, partecipò alla Prima guerra d’indipendenza contro gli austriaci e fu coinvolto nei fatti della Repubblica romana (9 febbraio – 3 luglio 1849) come ministro delle armi e dopo la fine dell’esperienza mazziniana non scampò al destino dell’esilio.
Due anni prima, Carlo Torre aveva dato alle stampe il libello Su i bisogni della Provincia Beneventana in cui, sulla scorta della scuola liberale e storica, metteva in luce le piaghe del ducato beneventano e puntava il dito contro il governo dei delegati pontifici che da quel momento in poi lo terrà sotto stretta sorveglianza. Quando anche nella sonnacchiosa Benevento arriverà la rivoluzione nazionale e il ducato cadrà come una mela marcia, il mazziniano Salvatore Rampone verrà proclamato il 3 settembre 1860 presidente del governo provvisorio. Il governo di Rampone, però, sarà realmente provvisorio e durerà lo spazio di un mattino: il 5 ottobre sarà proprio Garibaldi, con il benestare di Cavour, a investire il moderato e liberale Carlo Torre della carica di nuovo governatore. Il compito di Torre è la nascita della nuova Provincia di Benevento che otterrà con un decreto del Luogotenente per le Province napoletane, Eugenio di Savoia, e con l’aggregazione di tre circondari: Benevento, San Bartolomeo in Galdo, Cerreto Sannita.
Molte furono le proteste per la nascita della nuova Provincia e toccò a Federico Torre, diventato deputato del Regno d’Italia, difendere le ragioni storiche, geografiche, sociali della neonata Provincia di Benevento: nel 1859 era entrato nell’esercito piemontese, prese parte alla Seconda guerra d’indipendenza e curò l’incarico di reclutare i soldati nella trasformazione dell’esercito da piemontese a italiano. Federico Torre, uomo di cultura versato nelle lettere e nella matematica, venne eletto al Parlamento ininterrottamente dal 27 gennaio 1861 (501 voti su 509 votanti) sino al 1876, mentre nel 1884 venne nominato senatore del Regno. Carlo Torre fu governatore per meno di un anno ma oltre alla nascita della Provincia stese la relazione del luglio 1861 al Segretario di polizia di Napoli, Silvio Spaventa, con la quale nell’ottica della rivoluzione nazionale chiedeva un intervento dell’esercito contro il brigantaggio organizzato dai comitati borbonici. Lasciò Benevento per Lecce assumendo la carica di prefetto, per poi passare a Cagliari ed Ancona. Nel 1965 fu prefetto di Torino e senatore del Regno, per poi giungere a Milano dove concluse la sua carriera.
Salvatore Rampone (1828 – 1915), figlio del notaio Filippo e di Emilia Galasso, rappresenta l’ala mazziniana del Risorgimento di Benevento. Nel 1848, quando aveva vent’anni ed era iscritto alla Giovane Italia, prese parte alla insurrezione legata al nome del ribelle neoguelfo Salvatore Sabariani che finì nel sangue e nelle patrie galere. Salvatore Rampone fu arrestato, deportato a Roma, evase e difese la Repubblica romana. Pur essendo fervente mazziniano, nutrendo ideali repubblicani, il giovane Rampone fu trascinato nel tentativo insurrezionale di Sabariani – quasi un golpe beneventano, una cospirazione tradita dal dilettantismo – dall’entusiasmo giovanile, che certo non badava troppo alle distinzioni politiche.
Quei tragici eventi lo segnarono per sempre e rafforzarono in lui la volontà della rivoluzione democratica che giungerà dodici anni dopo. Scrive lo storico beneventano Gianni Vergineo introducendo le Memorie dello stesso Rampone: “Chi il 3 settembre, quattro giorni prima che Garibaldi giungesse a Napoli, prende l’iniziativa di destituire il Delegato apostolico e di assumere il potere in nome di Garibaldi, facendo leva sulla Compagnia beneventana, affidata al fratello Pietro, è Salvatore Rampone: è lui il capo del Governo provvisorio; lui la guida politica”. Il movimento nazionale che determinò la caduta del ducato di Benevento aveva la sua origine nella organizzazione clandestina del Regno di Napoli ossia il Comitato centrale dell’Unità Italiana e dell’Ordine e il cui rappresentante più autorevole e attivo nel Sannio e nel Principato Ultra era Giuseppe Demarco originario del comune di Paupisi. Salvatore Rampone prese parte a questa iniziativa rivoluzionaria e fece suo il programma della Società Nazionale “Italia e Vittorio Emanuele”. Il mazziniano Rampone non sottilizzò sulle fedi politiche, colse la palla al balzo e agì: è senz’altro sua l’iniziativa politica che condusse alla liberazione della città di Benevento e il trentaduenne Rampone ad assumere la carica di governatore provvisorio di Benevento e della sua ancora inesistente nuova Provincia. In Piazza Orsini fu proclamato Presidente del Governo Provvisorio composto da Giuseppe De Marco, Domenico Mutarelli, Nicola Vessichelli, Gennaro Collenea, Giovanni De Simone e Francesco Rispoli. Successivamente si consumerà lo scontro con l’ala moderata e liberale del movimento nazionale beneventano che porterà Carlo Torre, per volere di Garibaldi e di Cavour, a subentrare a Rampone nel ruolo di governatore e riferimento delle nascenti istituzioni italiane. Nel 1863 Salvatore Rampone fondò e diresse il Nuovo Sannio, un giornale politico-amministrativo che illustrava la vita civile di Benevento e della sua provincia in contrapposizione, ancora una volta, all’ala moderata. Sul finire dell’Ottocento scrisse e pubblicò le sue Memorie Politiche di Benevento.