Si fa presto a dire “va’ dove ti porta il cuore” – anche, ma non solo, secondo il titolo del romanzo di grandissimo successo di Susanna Tamaro. Si fa presto perché, al di là dell’uso ordinario delle parole, se seguiamo il cuore siamo destinati a combinare nel migliore dei casi casini e nel peggiore a commettere disastri. Dobbiamo seguire la testa, altroché. La testa deve guidare, il cuore deve seguire. Certo, il cuore si ribellerà – classico titolo cinematografico e letterario: “Cuori ribelli” di Ron Howard – perché è nato per ribellarsi ma proprio per questo alla fine è la testa che deve governare le cose che poi sono le passioni. Certo, non c’è testa senza cuore, altrimenti la testa non starebbe sulla terra ma tra le nuvole, ma una volta che ha toccato terra è la testa che deve dare forma alle cose e il cuore, a torto o a ragione, deve seguire. Certo, la testa – come la ragione di cui parla Pascal – deve imparare che ci sono innumerevoli cose che la sorpassano e sopravanzano e tra queste ci sono senz’altro le “ragioni del cuore” che capovolgono le relazioni pericolose – “Dangerous Liaisons”, anche qui film e libro – e della testa fanno il cuore e del cuore fanno la testa. Ma in questo caso in gioco c’è la ragione astratta – che poi significa estratta – che è fatta apposta per essere travolta dalle passioni, dai fatti e dalle volontà mentre l’altra ragione, quella che non sta senza cuore, non è oltrepassabile perché contiene tutto, passioni, fatti e volontà, e tutto abbraccia con il sillogismo che non a caso significa proprio “abbracciare”. E’ a questo secondo tipo di ragione – da cui prende nome e senso anche la testata di questo giornale – che dobbiamo affidare le nostre intenzioni, i nostri sentimenti, le nostre aspirazioni per non perdere il bene dell’intelletto che significa tentare di conservare il bene e l’intelletto ossia il cuore e la testa.
La nostra vita, non solo quella individuale, è in larga parte il conflitto inesauribile tra testa e cuore. La prima cerca di illuminare, indicare, guidare. Il secondo ci mette l’anima, il coraggio, il sangue. La prima, prima di contare qualcosa, è destinata a cadere innumerevoli volte perché si deve fare le ossa. Il secondo, mosso da una furia quasi cieca, è destinato a prenderle di santa ragione. E’ come se entrambi – testa e cuore – dovessero imparare, a spese nostre o di una città o di un popolo, a conoscersi per trovare un minimo di accordo che alla fine risulterà essere una “concordia discors” (Orazio: “possit rerum concordia discors”, il potere dell’armonia discorde delle cose). L’una non può fare a meno dell’altro: la testa senza il cuore sarebbe vuota, il cuore senza la testa sarebbe cieco. Fateci caso: l’una modera l’altro, mentre se lasciati entrambi soli si perdono nel vuoto e nella cecità. E’ esattamente a questo cuore cieco che non ci si può abbandonare, proprio come non ci si può affidare a una testa astratta ma così astratta da diventare fredda e gelida come una tomba. Allora, bisognerebbe dire “va’ dove ti porta il cuore illuminato” o “va’ dove ti porta la testa appassionata” perché, forse, il segreto per capire e per vivere decentemente è nell’amare la vita e il mondo per comprenderli.